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Letteratura. Houellebecq scrittore cattolico? Se ne può parlare

Roberto Righetto giovedì 20 gennaio 2022

Lo scrittore Michel Houellebecq

Houellebecq scrittore cattolico? Nel momento in cui l’ultimo romanzo Anéantir (Annientare, da noi tradotto dalla Nave di Teseo e recensito da Avvenire lo scorso 7 gennaio) è un caso letterario in tutt’Europa, il quotidiano francese “La Croix” lancia la provocazione. Lo spunto è l’uscita in libreria Oltralpe, sempre da Flammarion e contemporaneamente ad Anéantir, del volume Misère de l’homme sans Dieu, a cura di Caroline Julliot e Agathe Novak-Lechevalier, che contiene vari interventi sul rapporto fra Houellebecq e il fattore religioso. Il titolo è un chiaro riferimento a uno dei Pensieri di Pascal, autore cui lo scrittore francese fa sempre più esplicito riferimento. Ecco allora che la sua denuncia della scomparsa della religione, che va di pari passo alla critica severa della liberaldemocrazia occidentale senza più valori e il cui esito inesorabile pare il nichilismo, racchiude una sorta di anelito spirituale. E la ricerca del divino si fa impellente. Per Isabelle de Gaulmyn, autrice dell’articolo su “La Croix”, se è eccessivo parlare di Houellebecq come scrittore cattolico, certamente egli va considerato «come un compagno di strada dei credenti». In Misère de l’homme sans Dieu il teologo domenicano Olivier-Thomas Venard a sua volta dichiara: «Michel Houellebecq è una delle voci cattoliche più autentiche del nostro tempo». E sottolinea i costanti riferimenti alle Scritture presenti nelle sue opere, il gusto della liturgia e persino la concezione cattolica della sessualità, che può essere divina e diabolica. E rileva come, al fondo del cinismo e del disgusto, si possano ritrovare fede, speranza e carità, «non solo come virtù ma come pulsioni teologiche». Eros e thanatos, oscenità e pudore, sessualità e amore: la mescolanza e la lotta di questi elementi portano i suoi personaggi, disperati come quelli di Huysmans, a una scelta radicale, quella fra il suicidio e la Croce. In un’intervista del 2017 che compare nel libro, l’autore dice a proposito: «Io sono cattolico nel senso che attribuisco al constatare l’orrore di un mondo senza Dio, e solo in questo senso». E si definisce «uomo del dubbio» e «ambiguo come i protagonisti dei miei romanzi», aggiungendo che «Dio non mi vuole, mi ha respinto». Rimane potente la nostalgia del cattolicesimo che lo porta a rinunciare al ruolo di intellettuale edonista intento soltanto a evidenziare il collasso della civiltà occidentale. Anche in un colloquio con il settimanale tedesco “Der Spiegel” di recente ha parlato di «un curioso ritorno del cattolicesimo», specificando che «nessuno avrebbe pensato che fosse possibile. I cattolici in Francia sono diventati consapevoli della propria forza. È come una corrente sotterranea che improvvisamente viene alla luce. Per me, è uno dei momenti più interessanti della storia recente». E se nel penultimo romanzo, Serotonina, alla fine il protagonista dichiara di aver dunque compreso «il punto di vista di Cristo, il suo ripetuto irritarsi di fronte all’insensibilità dei cuori», in Annientare il cinismo si tramuta in tenerezza e la sessualità esasperata in amore autentico. «Se tu rifiuti il dono di Dio, Lui non può fare niente per te», scrive Houellebecq in un passo facendo capire come i suoi personaggi possono uscire dalla disperazione solo attraverso una qualche forma di spiritualità, che ognuno cerca a suo modo. Così, dopo 600 pagine di intrigo politico in uno scenario dove l’etica è abolita, trionfa il profitto, regna la società dell’apparenza e le relazioni sono svuotate di senso, nelle ultime 150 pagine il romanzo diviene meditazione metafisica. Col protagonista, Paul Raison, che di fronte alla possibilità della morte a causa di un tumore riscopre l’amore per la moglie Prudence e l’affetto per la sorella, «cattolica radiosa». Il filosofo Thierry Hoquet a sua volta rimarca come la nostalgia del sacro in Houellebecq non preveda uno sbocco personale nella fede, ma riguardi i benefici sociali che porta la religione alla società. Sempre in Serotinina, lo scrittore sottolinea nelle pagine finali come sia ancora necessario, quasi un’ultima chance per la salvezza dell’umanità, il «dare la vita per i miserabili» compiuto da Gesù. Un itinerario inquieto quello di Houellebecq dunque, che in un’intervista di ben tre pagine rilasciata a “Le Monde” in concomitanza con il lancio di Anéantir svela di credere nella «letteratura dei buoni sentimenti» e dichiara: «Lungo tutto il XX secolo, la letteratura è stata attraversata dal fascino per la trasgressione e per il Male. Ma non c’è bisogno di celebrare il Male per essere buoni scrittori! Nei miei libri si capisce presto chi sono i cattivi e chi sono i buoni. E se ci sono così pochi cattivi in Anéantir, ne sono felice». Forse è per questa sua concezione della narrativa che alcuni critici hanno stroncato il suo ultimo romanzo, censurando fra l’altro le sue posizioni non politicamente corrette, come il no chiarissimo all’eutanasia e alla pratica dell’utero in affitto, oltre che le pulsioni religiose così evidenti.