Agorà

Musica. Haydn, risuonano in eterno "Le ultime sette parole di Cristo sulla Croce"

Sandro Cappelletto sabato 17 giugno 2023

Il maestro Kent Nagano dirige l’orchestra Haydn, il 19 giugno alla Cattedrale di Bolzano, il 20 nella Cattedrale di Trento

Lunedì 19 e martedì 20 giugno, nelle Cattedrali di Bolzano e Trento, l’Orchestra Haydn eseguirà Le ultime sette parole di Cristo sulla Croce di Franz Joseph Haydn. La direzione è affidata a Kent Nagano, i Vescovi di Bolzano, Ivo Muser, e di Trento, Lauro Tisi, si alterneranno nel commentare ciascuna di queste “parole” che secondo la narrazione dei Vangeli Gesù pronunciò durante l’agonia sulla croce. Già dal tardo Medioevo i compositori si sono ispirati a questi passi evangelici: tra tutte, la musica composta da Haydn ha una vicenda, e una peculiare potenza, che merita di venire ricordata.

Per farlo, bisogna scivolare indietro nel tempo e immaginare. Siamo in Spagna, nel sud dell’Andalusia, a Cadice, una città affacciata sulla costa atlantica, oltre lo stretto di Gibilterra, una città di case bianche, calcinate, lungo la Costa de la Luz, della luce.

La prima immagine è un esterno giorno, inondato di luce, con il sole allo Zenit. La seconda immagine, nella stessa città, alla stessa ora, è opposta: siamo in un interno, l’Oratorio de la Santa Cueva, la Santa Cripta. Tutte le finestre della Chiesa sono state oscurate da drappi neri, per impedire che filtri la luce del sole, tutte le candele sono state spente. Solo una lampada ad olio è rimasta accesa. Luce fuori, tenebre all’interno. Sono le ore 12 di venerdì 6 aprile 1787. È in quel giorno e in quel luogo che nasce una musica composta espressamente per venire eseguita durante la celebrazione liturgica del venerdì santo.

Il titolo indicato da Haydn, che era austriaco, è scritto in lingua italiana: Musica instrumentale sopra le 7 ultime parole del nostro Redentore in croce. Musica instrumentale: cioè affidata soltanto a degli strumenti, senza voci di un solista, senza coro. È una dichiarazione di fiducia totale nella possibilità di un’orchestra di esprimere il dolore, la solitudine, il dubbio, l’accettazione della propria sorte, l’abbandono alla volontà del Padre, l’insieme contrastante delle passioni indicate dalla successione delle sette “parole”: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno - Oggi sarai con me in Paradiso - Donna, ecco tuo figlio - Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato - Ho sete - Tutto è compiuto - Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Rompendo con la forma consolidata e con le attese del pubblico del proprio tempo, Haydn scrive sette Adagi. In quel contesto, la musica non può variare esprimere allegria, vivacità, frenesia; dovrà mantenere un carattere meditativo, intimo.

Ogni Adagio precederà e seguirà la riflessione, affidata in quell’occasione al Vescovo di Cadice, su ognuna delle sette parole. È una sfida ardua, di cui il compositore ha piena consapevolezza: «Ogni testo è espresso dai soli mezzi della musica strumentale in maniera tale che solleciterà l'impressione più profonda nell'animo dell'ascoltatore più distratto». Infine, dopo i sette Adagi, il Terremoto: per la prima volta l’orchestra è chiamata a suonare “presto e con tutta la forza”, creando un effetto potentissimo, come si conviene se bisogna esprimere in musica queste parole di Matteo: «Ed ecco, il velo del tempio si scisse in due parti dall'alto al basso, la terra fu scossa e le rocce si spaccarono… Il centurione e coloro che facevano la guardia a Gesù, veduto il terremoto e quello che avveniva, ebbero gran paura e dissero: Veramente costui era Figlio di Dio».

Riproponendo l’alternanza originale tra musica e parole, i Vescovi di Bolzano e Trento hanno preparato per questa occasione delle meditazioni. Ne anticipiamo alcune.

Così Ivo Muser rifletterà sulla frase «Ho sete»: «Dammi da bere, hai detto, Gesù, a quella donna, la samaritana al pozzo di Giacobbe, la cui vita era così fragile e disordinata. In questa donna c’era un indomabile desiderio di vita, ma anche molte relazioni fallite, ferite esistenziali, delusioni e bugie. Ora dici: “Ho sete”, inchiodato alla croce. La lingua si attacca al palato, la gola è arida, consumata dalla sete, intrisa di aceto e bile, intorpidita da menzogne e da una falsa giustizia. Bevi anche dalla mia fragile coppa, quella della mia vita: con le tante crepe, le delusioni, le bugie, le ferite. La mia fragile storia diventa la tua storia; la storia dei tanti assetati che muoiono di stenti diventa la tua storia di sofferenza e di redenzione».

Il tema della “sete” ritorna nelle parole che pronuncerà Lauro Tisi: «A chi gli toglie la vita, Gesù si dona come pane di vita. E così facendo mostra Dio come amore gratuito. Questa è la vera gloria di Dio: chinarsi per lavare i piedi e porgere, a chi offre il boccone amaro della morte, il boccone dolce della vita. Sta qui la forza della rivoluzione cristiana, chiamata a cancellare un’immagine distorta di Dio che spesso è anche all’origine di un’immagine distorta di sé. Le ultime parole di Cristo in croce ci consegnano un uomo assetato. Quella sete non rivela indigenza ma pienezza di vita. Ci mostra come l’amore sia sete di continua ripartenza, perenne rilancio. Chi ama è creativo. Chi invece è richiuso su sé stesso frequenta la morte del desiderio, la stanchezza del vivere, il trionfo del già visto e della ripetitività».

Nelle due serate, Le sette ultime parole di Haydn saranno precedute dall’esecuzione di un breve, raccolto lavoro di Luigi Dallapiccola: Piccola musica notturna. È un segnale positivo, poter di nuovo raccontare la progettualità di un’orchestra, la Haydn, che aveva suscitato perplessità in occasione del concerto, non esemplare, tenuto lo scorso Natale al Senato della Repubblica.