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Londra. L'ultima magia di Harry Potter: una mostra alla British Library

Riccardo Michelucci sabato 13 gennaio 2018

La rivincita di Harry Potter sulla cultura “alta” passa attraverso una mostra epocale, che si tiene curiosamente a poche centinaia di metri dal binario 9 ¾ della stazione londinese di King’s Cross, vero luogo di culto per gli appassionati della saga ideata da J.K. Rowling. Attraversato un gigantesco crocevia di traffico si raggiunge la vicina Euston road dove sorge la British Library, uno dei templi della cultura mondiale. Sembra trascorso un secolo da quando il grande critico letterario statunitense Harold Bloom, in un articolo uscito sul Wall Street Journal, stroncò la storia del maghetto di Hogwarts definendola «banale» e «piena di cliché». Oggi la biblioteca nazionale del Regno Unito, che custodisce circa 200 milioni di documenti, tra cui le preziose bibbie di Gutenberg, la Magna Charta e l’unica copia esistente del poema epico Beowulf, celebra nelle sue sale al piano terra il ventennale dell’uscita del primo episodio della serie con la mostra Harry Potter. A History of Magic. Visitarla non è facile perché i biglietti – tutti rigorosamente a orario – sono stati in gran parte esauriti in prevendita, anche se con ogni probabilità sarà prolungata anche oltre la scadenza prevista per il prossimo 28 febbraio. Curata dall’esperto di manoscritti medievali Julian Harrison, la mostra affianca sapientemente le curiosità fornite dall’editore Bloomsbury alle testimonianze dell’antica tradizione storica e folkloristica cui la saga è ispirata.

La stessa Rowling ha aperto per la prima volta i suoi archivi mettendo a disposizione appunti, manoscritti annotati, correzioni, bozzetti e pagine inedite dei suoi sette romanzi. Tra i pezzi esposti figurano anche le opere originali realizzate dal disegnatore Jim Kay per le edizioni illustrate di Harry Potter, insieme a contributi multimediali che spiegano il suo lavoro. Ma la parte più affascinante della mostra è sicuramente quella che approfondisce le materie insegnate nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Ciascuna sala è dedicata a una di esse: incantesimi, pozioni, storia della magia, astronomia, divinazione, erbologia e difesa contro le arti oscure. Attraverso un dialogo costante tra realtà e magia, una selezione di libri rari, antichi manoscritti e oggetti della collezione della British Library, del British Museum e del museo della scienza, oltre a prestiti provenienti da istituzioni nazionali e internazionali racconta l’universo di fonti del più grande fenomeno letterario degli ultimi decenni.

Tra bacchette magiche e sfere di cristallo, sirene e bestiari, pozioni e ossa di drago, spuntano liste di erbe medicinali e prontuari compilati da grandi botanici del XVI e XVII secolo come Gherardo Cibo e Nicholas Culpeper, un calderone rinvenuto quattro secoli fa su una spiaggia della Cornovaglia e un mappamondo stellare risalente al 1693, mostrato con una tecnologia di realtà aumentata, in collaborazione con Google Arts, che consente ai visitatori di esplorare virtualmente le costellazioni del cielo notturno, alcune delle quali portano i nomi dei personaggi delle storie di Harry Potter, come Remus Lupin, Sirius Black, Bellatrix Le Strange e Draco Malfoy. Nella sala dedicata all’alchimia spicca il Ripley Scroll, una pergamena medievale lunga sei metri che spiega come realizzare la pietra filosofale, da secoli uno dei grandi misteri dell’alchimia, un amuleto ritenuto capace di trasformare i metalli in oro e di fornire l’elisir dell’immortalità. Accanto all’antico manoscritto giace la pietra tombale dell’unico personaggio realmente esistito che compare nella saga di Harry Potter: l’alchimista francese del XIV secolo Nicolas Flamel, da sempre collegato alla leggenda della pietra filosofale e già citato da Victor Hugo in Notre Dame de Paris e da Umberto Eco in Il Pendolo di Foucault.

Ma tra i tanti oggetti magici, misteriosi o semplicemente singolari esposti nella mostra londinese, il più stupefacente non proviene da un’antica collezione museale ma dalla camera di una bambina. È un bigliettino stropicciato e scritto a matita da Alice, la figlia di otto anni di Nigel Newton, direttore della casa editrice Bloomsbury, che oltre due decenni fa fu incaricata dal padre di leggere il capitolo iniziale del primo romanzo. «Le emozioni di questo libro – scrisse la bimba – mi hanno fatto sentire calda dentro. Credo che possa essere il miglior libro che un bambino di 8 o 9 anni possa leggere». Il suo giudizio spassionato convinse Newton a dare fiducia a quella giovane scrittrice sconosciuta che era già stata respinta da otto editori. Una fiducia inizialmente assai prudente, visto che la prima tiratura di Harry Potter e la pietra filosofale fu di appena cinquecento esemplari. Il resto è storia: l’incredibile successo letterario della saga del maghetto di Hogwarts (sette romanzi tradotti in 68 lingue, quasi 500 milioni di copie vendute, una serie di otto film al cinema) avrebbe segnato un’epoca, imponendosi in pochi anni come uno dei fenomeni culturali e di costume più importanti dei nostri tempi. Più che una legittimazione culturale dell’opera di J.K. Rowling, la mostra in corso alla British Library – che in ottobre si sposterà alla Historical Society di New York – rappresenta un’operazione di fondamentale importanza per un ente il cui finanziamento pubblico è legato al numero dei suoi visitatori e al successo delle sue iniziative.