Tv2000. Umberto Guidoni: ora c'è più Spazio in tv
Il cosmonauta Umberto Guidoni sarà protagonista della nuova serie di Tv2000 “C’è spazio”
«C’è spazio 4.0. Già, perché per il quarto anno Tv2000 torna in diretta a parlarci di scienza con 7 appuntamenti in prima serata. La stagione si apre giovedì 5 aprile, con Intelligenza Artificiale e Robotica, e chiuderà a maggio con i Viaggi nel tempo, passando per il futuro dell’evoluzione dell’uomo o la fisica delle particelle. Dopo aver percorso le strade del cielo, alla scoperta delle forze che muovono l’Universo e degli oggetti che lo abitano, la quarta serie, affidata ancora una volta alla conduttrice Letizia Davoli, pur continuando ad esplorare gli orizzonti illimitati fuori dal nostro pianeta, rifletterà sulle frontiere di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico, con le giustificabili paure ed aspettative che suscitano in noi, e gli inevitabili cambiamenti che potrebbero generare. Accanto ai nomi, fiore all’occhiello della ricerca italiana e internazionale, presenza costante in studio sarà quella – alquanto prestigiosa – dell’astronauta Umberto Guidoni, per ricordarci che il tema spaziale rimane centrale: un punto di vista importante il suo, da uomo che ha toccato i cieli, pur mantenendo i piedi ben piantati a terra.
Secondo lei, “c’è spazio” in quest’epoca per parlare di quel che è altro o fuori da noi? E in che termini?
«“C’è spazio” per una riflessione utile, alla condizione di non cadere in un programma scientifico destinato ad un ristretto pubblico di esperti. Al contrario, l’obiettivo è approfittare degli addetti ai lavori per trattare, in modo rigoroso e al tempo stesso semplice e divertente, temi piuttosto specialistici, ma dalle ricadute importanti sul quotidiano».
Con i suoi occhi ha visto dall’esterno la Terra: qual è l’immagine predominante, visto che una risposta scientifica non c’è? Quella di un mondo solo e unico o di infiniti mondi?
«Ha ragione, la scienza non è in grado di fornire una risposta. Tuttavia, la possibilità stessa di formulare la domanda mostra quanto abbiamo imparato dell’Universo: ha avuto inizio quasi 14 miliardi di anni fa con il Big Bang e da allora si va espandendo sempre più velocemente. Ancora non sappiamo quale destino finale avrà e neppure se sia davvero unico. L’idea che coesistano infiniti universi – il “multiverso” – è derivata dalla cosiddetta teoria delle stringhe, in assoluto tra le linee di ricerca più innovative e complesse nel campo delle particelle elementari: è suggestivo che l’indagine sull’infinitamente piccolo conduca alle ipotesi più verosimili sull’infinitamente grande».
Micro e Macrocosmo si saldano in una circolarità ideale, ma non solo. Quale messaggio vorrebbe fosse colto dalla sua esperienza? Di ritorno, ha vissuto la consapevolezza di un’umanità smarrita o – a tratti – persa, con un’ottica deformata?
«Il messaggio è: siamo molto fortunati a vivere su questo magnifico pianeta e abbiamo il dovere di curarcene, perché – al momento – è l’unico che abbiamo. Certo un viaggio fuori dalla Terra cambia profondamente prospettive e dimensioni. Nel cuore rimane la bellezza di una gemma azzurra immersa in un oceano nero e nella mente la consapevolezza di quanto la Terra sia preziosa e unica per tutte le forme di vita che ospita».
Un ecosistema delicato attorno al quale si alimentano – spesso, con cinismo – grossi interessi. Ad oggi – in termini ideali, economici, umani – cosa rappresenta la conquista dello spazio? E cosa si intende per “conquista”?
«In effetti, non amo il termine “conquista”: preferisco parlare di “esplorazione”, che è stata una delle leve propulsive dell’umanità. Per la crescita e l’evoluzione della civiltà, la curiosità di conoscere “oltre” le montagne e al di là degli oceani ci ha spinto ad ogni angolo della Terra. Ora la sfida è varcare i confini del pianeta di origine, alla volta di quei puntini luminosi che da sempre affascinano l’uomo. L’esplorazione dello spazio non è solo un’aspirazione ideale: richiede tecnologie avanzate, grandi risorse economiche e il coraggio di uomini in carne ed ossa. Per oltre 50 anni, uniche protagoniste delle imprese spaziali sono state le agenzie nazionali: con l’ingresso dei privati e l’impulso ad innovare, lo scenario si sta modificando. Le prossime generazioni vivranno e lavoreranno in orbita, intorno alla Terra o sulla superficie della Luna o Marte… chissà!».