Musica. Gualazzi al “Bar” delle grandi speranze
Raphael Gualazzi, 40 anni, al “Mare Culturale” di Milano per lo showcase del suo cd “Bar del sole”
«Il talento è timido», disse la grande Franca Valeri. E di talento in Raphael Gualazzi, ce n’è – “timidamente” – parecchio, e si sente pure. Specie quando le sue dita volano leggere, come le parole, sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Come al suo illustre concittadino, il narrator politico Paolo Volponi (1924-1994), è stato l’impegno civile a portarlo su La strada per Roma (capolavoro volponiano), così per Raphael, classe 1981, la via della musica l’ha condotto dalla natia Urbino, in tutti i palchi del mondo. Dal sipario ducale montefeltrino è andato ad alzare quello del Teatro Ariston, e il suo successo “nazionalpopolare” è frutto di un lavoro decennale cominciato al Festival del 2011, quando vinse Sanremo Giovani con Follia d’amore, brano con cui si piazzò al secondo posto all’Euro Song Contest.
Momenti d’oro di un jazzista contaminato e intelligentemente “contagioso” come la hit, lastricata di platino, de L’estate di John Wayne. Sei estati dopo, con in mezzo il disco di inediti Ho un piano (2020) ecco quello raffinato di cover Bar del sole. Titolo che rimanda al Caffè omonimo («è lì che ho fatto i miei primi concerti») della sua Urbino, che, nostalgica, rivive sospesa tra le nuvole come le incisioni dell’amico artista appena perduto, «il grande Mario Logli, l’umiltà fatta persona, un esempio di eterna giovinezza». Un disco composto da 10 brani, accuratamente selezionati sotto la direzione artistica dell’ex Pfm Vittorio Cosma, dedicati ad altrettanti piccoli grandi maestri del nostro cantar leggero. Un personale decalogo musicale che domani sera Gualazzi presenterà nella data romana del suo tour estivo (in trio con Gianluca Nanni alla batteria e Anders Ulrich al contrabbasso) alla Casa del Jazz.
Un disco etichetta Sugar: come non ricordare il suo editore e pigmalione Piero Sugar che è appena volato nel mondo dei più...
Una perdita pesante quella di Piero, un uomo di grande spessore che purtroppo ho visto poche volte, anche perché artisticamente mi sono sempre relazionato con sua moglie Caterina Caselli, autentica forza della natura. Piero è una figura autorevole che associo all’ex rettore di Urbino Carlo Bo, quegli uomini di una volta che parlano poco ma quando aprono bocca ti stendono per la loro capacità di comprendere a pieno l’universo che ci circonda. Mi piace ricordare quando nel 2010 Piero mi venne ad ascoltare a Parigi nel concerto che tenni al Louvre: ha creduto in me sin dai primi provini e questo lo considero un onore.
Una spinta in più per andare avanti Senza paura, come il brano di Vinicius de Moraes, uno dei dieci di Bar del sole – eseguito con l’attrice Margherita Vicario – che è un po’ un inno di speranza nel futuro.
Io lo canto proprio come un invito ad essere coraggiosi, ad affrontare con uno spirito un po’ “carioca” questa società che spesso ci fa paura e ci mette spalle al muro. Quindi, apprezzare la bellezza del momento, essere felici della propria condizione e affrontare il passaggio del tempo con lo spirito di un Mario Logli che, a 80 anni, giocava a tennis tutti i giorni o come il contrabbassista suo coetaneo, Bruno Signorini, che se lo chiamo a fare una jam session rimane a suonare con noi per tutta la notte, e sempre con il sorriso...
Essere sempre sul pezzo e non diventare Pigrose non per cantarlo, assieme ai Funk Off e omaggiare Ivan Graziani.
Mio padre Velio negli anni ’60 suonava la batteria nella band di Ivan Graziani che è sempre stato l’amico di famiglia. Io mi sono formato ascoltando Ray Charles, ma oggi riconosco che, in maniera indiretta, il cantautorato di Ivan, così fedele alla sua idea di musica pura unita alla coerenza dei testi, mi ha in qualche maniera influenzato. E poi ho ritrovato suo figlio Filippo, con il quale giocavamo da bambini e adesso ho scoperto il suo grande talento artistico: con la chitarra fa ciò che vuole, e forse questa mia versione di Pigro non rende pienamente giustizia al suo virtuosismo, che ha ereditato da Ivan.
Talento “marchigiano”, come quello di Jimmy Fontana, alias Enrico Sbriccoli da Camerino, e la sua immensa canzone, Il mondo.
Capolavoro assoluto, equiparabile a Volaredi Modugno o Con te partirò di Bocelli: sono temi musicali e melodie talmente emozionali e stupende che arrivano al cuore della gente e non l’abbandonano più. Il mondo è una trovata geniale, nessuno prima di Jimmy Fontana aveva scritto un “inno” così universale. Quando l’ascoltavo, immaginavo di viaggiare su un treno e di osservare le città e le singole case chiedendomi: chissà chi ci vive là dentro? Magari una famiglia felice o ci sarà un uomo solo innamorato che soffre o una mamma che cucina la cena per i figli... Mentre la canto, rivedo tutta questa umanità che mi passa davanti e scorre via, come la mia immaginazione.
In Bar del sole spazio alla “triade assoluta” del pop italiano: Lucio Battisti ( Amore caro, amore bello e Arrivederci a questa sera), Lucio Dalla ( Cosa sarà) e Franco Battiato ( Cerco un centro di gravità permanente).
Tre maestri inarrivabili, purtroppo mai conosciuti. Lucio Dalla l’ho appena sfiorato quando veniva ad Urbino ad insegnare all’Università. La canzone di Battiato è un altro invito, come Senza paura, a cercare tutti quel «centro di gravità permanente» che ci faccia stare bene e che sia la “Cura”, altro titolo suo, contro i tanti effetti collaterali che ha lasciato la pandemia. Cosa sarà la canto con quel genio attoriale di Filippo Timi, per il quale tempo fa curai la direzione artistica musicale di un suo spettacolo in cui c’era una canzone di Dalla, la sua carta d’identità 4 marzo ’43 che Filippo eseguiva con Simona Molinari.
Uno dei ripescaggi più originali del disco è sicuramente Bimba se sapessi di Sergio Caputo.
Ho cercato di riportare alla luce la vera matrice swing, che ha visto in Sergio Caputo un degno prosecutore di quella tradizione che da noi ha avuto degli interpreti eccezionali come Natalino Otto, Lelio Luttazzi e l’immenso Fred Buscaglione che non dimentico mai: nei miei live eseguo brani come la sua ballad Un piccolo bacio. Su Youtube c’è un video, Buonasera Fredche credo fa capire quanto mi stia a cuore la musica di Buscaglione.
Con Arriva la bomba portata al successo da Johnny Dorelli (incisa con il Trio Bobo) e Se perdo anche tedi Gianni Morandi, rende il dovuto omaggio a due veterani delle scene, non solo musicali.
Dorelli e Morandi appartengono a quella generazione di enfant prodige che sapevano fare tutto, cantare, suonare, recitare, e spesso meglio degli altri. Il loro talento è il frutto anche di tanta preparazione e di una professionalità che per quanto riguarda Morandi, che conosco meglio, lo ha reso un modello anche per i giovani, come si è visto dal successo e dal calore che ha suscitato anche nei ragazzi in gara all’ultimo Sanremo. Gianni è il nostro Tom Jones, un evergreen che non tramonterà mai.
A proposito di Sanremo, dopo la vittoria del 2011 ci ha riprovato nel 2013, 5° classificato con Sai ci basta un sogno e poi nel 2014 la performance spiazzante, feat Bloody Beetrots, con il brano Liberi o no ancora 2° dietro ad Arisa ( Controvento). Il non c’è due senza tre l’ha già sperimentato, esperienza sanremese chiusa e archiviata?
No, il Festival di Sanremo è un’opportunità sempre valida e formativa, che ti arricchisce e ti mette in contatto con mondi che non incontreresti se non hai la voglia di metterti in gioco. Quell’ultimo Sanremo mi è servito a rompere il ghiaccio e penso che, oltre alla collaborazione con Bloody Beetrors, eseguire Volarecon Tommy Lee al pianoforte sia stata l’esperienza più trasversale vissuta finora... Ma il mio viaggio intorno alla musica è solo all’inizio. Quindi avanti, e senza paura...