Rugby. Gli azzurri contro i maestri "All Blacks"
La “haka” degli All Blacks, la danza che i giocatori della Nuova Zelanda eseguono prima di ogni partita
Si è quasi scherzato con Namibia e Uruguay, l’Italia ha vinto come da programma, ma domani sera la strada si complica perché ci sono gli All Blacks e poi, il 6 ottobre, la partita da dentro o fuori contro la Francia. I quarti di finale sono il grande sogno, il capitano Michele Lamaro ci crede e a Lione contro la Nuova Zelanda potrebbe accadere qualcosa di grande: « Il clima in squadra è magnifico, le due partite passate non sono state facili per la pressione mentale. Arriva il momento più bello, dopo le prime due portate questo è il dessert: vogliamo la ciliegina ». Kieran Krowley, ct degli azzurri ma neozelandese, conosce bene gli avversari, gli All Blacks sembrano appannati rispetto al passato avendo perso in questi ultimi mesi con Irlanda, Sud Africa e Francia: «Sono sempre fortissimi, devo ancora vedere All Blacks non bravi. Oggi rispetto al passato all’alto livello c’è più incertezza, tutti hanno il miglior metodo di allenamento e nutrizione possibile, la miglior sagacia tattica, tutto è più equilibrato e difficile anche per loro, forse sono meno predominanti». Diciassette gli incontri nella storia, sei nelle varie Coppe del Mondo e zero successi italiani, questa volta la pressione sarà tutta sulle spalle della Nuova Zelanda, in patria è considerata una partita vitale.
L’Italia non sarà mai come gli All Blacks, anche se negli ultimi vent’anni sono diversi gli allenatori e i giocatori originari della Nuova Zelanda che hanno vestito la maglia azzurra influenzando anche in qualche modo il nostro rugby. Sono stati tre gli head coach sulla panchina italiana, il primo fu Brad Johnstone dal 2000 al 2002, i primi anni del 6 Nazioni, poi ci fu Sir John James Patrick Kirwan, membro dell’Ordine dell’Impero Britannico, un mito All Blacks in patria soprannominato l’angelo biondo, ha guidato l’Italia fino al 2005. Kirwan giocò e segnò una meta contro l’Italia nel primo match della prima coppa del mondo, in Nuova Zelanda e dove sennò, nel 1987. Celebre la sua frase da ct per far fare all’Italia il definitivo salto di qualità: « L’Italia deve giocare come quando gli italiani guidano: da pazzi, da folli, a tutta velocità ». Ora è il turno, con il contratto ormai in scadenza, di Kieran Krowley originario di Taranaki, Isola del Nord e campione del mondo insieme a Kirwan nel 1987. Ha il pregio di aver plasmato e dato gioco e carattere questo nuovo e giovanissimo gruppo di giocatori azbi zurri compiendo il cambio generazionale. Nei 33 selezionati per questa World Cup tra gli azzurri ci sono Hame Faiva, originario di Hauckland, 8 presenze già collezionate con diverse negli All Blacks under 20 e Toa Halafihi, 11 presenze, entrambe nelle riserve pronte ad entrare.
Dal passato come primo giocatore da menzionare è Dean Budd per ben tre volte capitano in 29 presenze, poi ci sono stati Aaron Persico (56 presenze), famiglia originaria di Massa Lubrense, primo neozelandese in azzurro per legame di parentela, ha sfidato gli All Blacks nel mondiale 2003. Criteri di residenza è invece la motivazione per essere “italiano” per Matt Phillips, 14 presenze, lui nella sfida agli All Blacks nel 2003 ha pure segnato una meta italiana. Cinque scudetti con Treviso e Padova e 12 presenze per Scott Palmer tra il 2002 e il 2004, ancora l’apertura Rima Wakarua, da Auckland con padre maori e madre scozzese è il miglior marcatore azzurro di stampo neozelandese: 99 punti in 11 presenze. Amatissimo con i suoi basettoni e i capelli tipo dread-rasta il mediano di mischia Paul Griffen, 42 presenze tra il 2004 e il 2009, vive e lavora ancora a Calvisano. Nella lista il velocissimo Kaine Robertson, ruolo ala o estremo, un po’ come fosse l’Ange Capuozzo di oggi, con 47 presenze e 14 mete dal 2004 al 2010. 47 presenze le ha collezionate anche Josh Sole, madre italiana e padre neozelandese, mentre ha solo 11 partite ufficiali Kelly Haimona tra il 2014 e 2016. Negli anni seguenti è il turno di Jayden Hayward 27 caps. Li avessimo avuti tutti insieme forse gli azzurri avremmo potuto chiamarli quasi All Blacks.