Agorà

Storia. Alla fine gli antipapi erano migliori di come sono stati dipinti

Antonio Musarra mercoledì 30 ottobre 2024

“Gregorio VIII si sottomette a papa Callisto II” dalle “Cronache di Norimberga” di Hartmann Schedel (1493)

Narrano le cronache che papa Gregorio VIII – al secolo, Maurice Bourdin – venisse condotto per le strade di Roma a dorso d’asino (o, forse, di cammello), il volto rivolto verso le terga dell’animale, in uno spettacolo di pubblica umiliazione. Siamo nel 1121. La lotta tra Impero e Papato è in una fase di recrudescenza. Si trattò di una parodia crudele e simbolica: l’uomo, che fino a poco tempo prima aveva goduto del sostegno dell’imperatore Enrico V, veniva additato, ora, come un impostore. Eletto nel marzo del 1118, nell’ambito di quella “Chiesa imperiale” contrastata da tempo dalla corrente romana, Maurice aveva tentato in tutti i modi d’affermare la propria legittimità. La scelta di farlo cavalcare al contrario, rivestito d’una pelle di pecora a simulare il pallio vescovile, non era casuale: mostrava il totale rovesciamento della propria pretesa al soglio di Pietro. Privato del sostegno enriciano, abbandonato dai suoi stessi alleati, il “papa imperiale” era stato arrestato dalle forze di Callisto II, eletto l’anno successivo dalla fazione avversa, per poi essere tradotto a Roma. A seguito dell’umiliazione, fu rinchiuso nel monastero di Cava de’ Tirreni, prima di venire trasferito presso la rocca di Fumone, dove avrebbe trascorso il resto dei propri giorni, dimenticato dal mondo.

Certo, in quel frangente nessuno pensava a Maurice-Gregorio come a un “antipapa”. Il termine si sarebbe affermato posteriormente, recando con sé un giudizio morale che poco ha a che vedere con le contingenze storiche e le complesse dinamiche di potere del tempo. Siamo di fronte, anzi, al risultato d’una costruzione ideologica, mirante a consolidare una narrazione vincente, penalizzando inevitabilmente la visione dei vinti. Un’etichetta, destinata a caricarsi di connotazioni negative. È davvero corretto utilizzare questo termine per figure che, in alcuni casi, godevano di un vasto consenso? E, soprattutto, come cambia la nostra comprensione della storia della Chiesa se rivalutassimo il ruolo degli antipapi in chiave (è il caso di dirlo) meno “manichea”?

Nel suo Antipapi, recentemente edito per Laterza (pagine 248, euro 19,00), Mario Prignano – giornalista di vaglia, storico scrupoloso e fine saggista – invita a rivedere criticamente il ruolo di questi “papi” sui generis: figure bollate per secoli come usurpatrici del trono di Pietro; in realtà, protagoniste della costruzione stessa del papato romano per come lo conosciamo oggi. Il libro – dal sottotitolo significativo: Una storia della Chiesa – si muove lungo un arco cronologico vastissimo, dal III al XV secolo. Un rischio che l’autore affronta con successo, mantenendo saldo il filo conduttore della narrazione: la tensione costante tra potere politico e spirituale. Prignano mette in luce come i “destini” dei cosiddetti “antipapi” siano stati, talvolta, il frutto di molteplici contingenze. Non si limita a una serie di biografie ma analizza il contesto storico e politico che li ha generati, sottolineando come le loro sconfitte abbiano influito sulla definizione stessa del papato romano. La storia – ricorda – è spesso scritta dai vincitori; i papi legittimi hanno cercato, sovente, di delegittimare i loro avversari, dipingendoli come eretici o figure malvagie. Il concetto stesso di legittimità è sottoposto a una rilettura critica. Inutile dire come la realtà fosse molto più complessa. Gli esempi sono molti. A partire da Ippolito di Roma: il primo a essere annoverato nella categoria. Nel 218, questi si oppose all’elezione di Callisto I, accusandolo di lassismo nei confronti di peccatori ed eretici. Le fonti non dicono nulla circa la sua elezione. Certo, egli si erse a leader della fazione rigorista, contrastando l’idea di Chiesa “inclusiva”, fatta di santi e di peccatori (se volessimo utilizzare una categoria agostianiana, diremmo “permixta”), incarnata dal papa legittimo. Qualche anno più tardi, Ippolito fu spedito dall’imperatore Massimino il Trace in Sardegna, condannato ad metalla: ai lavori forzati. Assieme a lui v’era Ponziano, seguace e successore di Callisto, il quale, tuttavia, abdicherà poco dopo (fu il primo papa della storia a farlo). L’occasione spinse il nostro a riconciliarsi con la Chiesa di Roma, morendo martire in catene. Il gesto gli avrebbe guadagnato gli altari. Le sue spoglie furono sepolte lungo la via Tiburtina (la parrocchia romana di Sant’Ippolito, sita di viale delle Provincie, a poche decine di metri dall’ingresso delle omonime catacombe, ne rammenta, oggi, la figura). Ebbene: “antipapa”, santo e martire? Si capisce come il primo appellativo sia del tutto limitativo.

Vicende di questo genere costellano la storia della Chiesa. Almeno sino al XV secolo. E dopo? Parlare di “antipapi” diventa più difficile. Con il consolidamento del papato romano, le dispute interne si attenuarono. La Riforma protestante trasformò la natura stessa delle sfide in atto. Le critiche provenivano dall’esterno: da movimenti che non pretendevano di eleggere un nuovo papa; che criticavano – ferocemente – l’autorità papale in sé. La centralizzazione del potere pontificio e la riduzione delle tensioni tra Chiesa e Impero fecero sì che il fenomeno si esaurisse gradualmente, lasciando spazio a nuove modalità di contestazione. Oggi, è difficile parlare di veri e propri “antipapi”. Tuttavia, figure autoproclamatesi pontefici esistono ancora, anche se senza alcuna legittimità ecclesiastica. Esempi recenti sono quelli di Clemente Domínguez y Gómez, autoproclamatosi papa nel 1978 col nome di Gregorio XVII, o di David Bawden, “papa Michael” dal 1990. Per non parlare dei vari Pietro II (o Pietro Romano), ispirati dalla celebre profezia di Malachia.

Siamo di fronte, insomma, a una vicenda di tutto interesse, condensata in un libro colto, informato e di piacevolissima lettura: uno strumento di riflessione per chiunque voglia capire come il papato si sia affermato, sia cresciuto, sia mutato attraverso i secoli sino a giungere ai nostri giorni. Un’opera che merita attenzione da parte di tutti coloro che vogliano comprendere qualcosa di più sulla millenaria storia della Chiesa. Alle soglie del Giubileo.