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Il compleanno. Gli 80 anni di Johnny Dorelli, il Frank Sinatra d'Italia

Andrea Pedrinelli sabato 18 febbraio 2017
Gli 80 anni di Johnny Dorelli

Gli 80 anni di Johnny Dorelli

Agli italiani piacciono le classifiche: e Sanremo come sempre l’ha confermato. Nella sera delle cover è stata rimessa in gara pure L’immensità, lanciata nel ’67 da Don Backy e Johnny Dorelli. Dorelli: un signore che lunedì 20 febbraio compie 80 anni, un artista da qualche tempo uscito di scena con discrezione, ma ancor oggi l’unico nome da farsi in risposta al quesito «Chi è il più grande entertainer dello spettacolo italiano?». Perché il primo in questa classifica resta lui, Dorelli: che sin dall’esordio italiano (avvenuto sempre a Sanremo, quando vinse con Modugno fra Volare e Piove) è stato l’unico interprete nostrano mai paragonato a Sinatra. E pensare che Dorelli viene da un talent, faccenda comprovata anche quando, avendolo interrogato su talent e reality di oggi, ci regalò un sornione «Se la tv si sintonizza su di loro mi addormento subito»; ma pure cosa che nell’America anni ’40 funzionava in modo diverso. Negli Usa (dove aveva seguito il padre, tenore) un imberbe Dorelli studiò piano e canto alla High School of Art di New York, quella di Saranno famosi: per venire poi lanciato in tv dalla CBS in un talent vinto per diciotto settimane. Indi il ritorno in Italia, artista tecnicamente preparato e poliedrico: a lanciare Lettera a Pinocchio («È proprio brutta, sa? Però vorrei averla scritta io…»), Love in Portofino, Parla più piano. E dopo gli anni 60 la sua voce morbida e poderosa, le sue interpretazioni eleganti e di carattere riemersero intatte nella raffinatezza del capolavoro dell’89 Mi son svegliato e c’eri tu, fra Paoli, Bernstein, Cocciante, Gershwin, Stevie Wonder. Nel frattempo però Dorelli era divenuto numero uno anche in tv, cinema e teatro, perché il neo-ottantenne possiede pure cultura, humour, tempi comici e capacità attorali tali da poter mettere in scena ironica bonomia, poi fredda efferatezza e infine straziato smarrimento. Come ne La coscienza di Zeno di Bolchi, e sempre con stile. Al cinema Dorelli ha interpretato pure State buoni se potete di Magni (era san Filippo Neri) o Ma quando arrivano le ragazze? di Avati; a teatro ha dilagato fra I ragazzi irresistibili e i musical di Bacharach sino ad Aggiungi un posto a tavola, rendendo l’Italia protagonista nel West End londinese. Poi, 2007, il ritorno a Sanremo. Nell’era dei Bublé e a surclassare una generazione da zero assoluto in molti sensi, ricordando che si può essere padroni del palco e del pubblico con garbo e tecnica, non per forza fra grida, provocazioni e mezze melodie. Dopo quel Sanremo Dorelli lo incise pure, Sinatra: in una trilogia da mettere nei programmi delle scuole di canto. Lo definiscono orso. Vero? «È più giusto rompitasche. Non accetto compromessi e non amo apparire tanto per fare: sono cresciuto nella cultura del rispetto sul lavoro». Buon compleanno, Johnny Dorelli. Sappiamo che lei è per l’elogio dell’indolenza, ma quanto manca all’Italia del 2017 la sua poliedricità misurata ed educata: altri Sinatra, da queste parti, non se ne sono visti. © RIPRODUZIONE RISERVATA