Agorà

La storia. Giuseppe Drali e l'arte di fare le biciclette come una volta

Pier Augusto Stagi mercoledì 21 novembre 2018

Il "maestro" Giuseppe Drali, 90 anni, davanti alla sua officina a Milano

Va ancora in bicicletta, con le sue, alla faccia dei novant’anni. «Vado pianino, ma faccio ancora qualche giretto: da casa alla bottega», dice lui, il Drali, che di nome fa Giuseppe uno degli ultimi veri meccanici che esistono ancora oggi a Milano, in una città che è cambiata radicalmente, ma non ha cambiato lui, che sorride alla vita come un giuinott di vent’anni. «Giuinott, lu ’lme capiss, vèra? – ci dice nella lingua di Carlo Porta – . Sorrido alla vita perché la vita ancora mi appartiene. E poi cosa voglio di più? Sto bene e ho tanta gente che mi vuole bene. Da quasi due anni poi ho incontrato quattro amici in più che hanno deciso di darmi una mano, e un ragazzo di bottega come Alessandro, che è prezioso come pochi».

Quattro amici, dicevamo. Quattro imprenditori con una passione vera per la bicicletta. Il più malato è un medico. «È grazie al suo intuito, alla sua sensibilità se oggi siamo tutti qui – racconta Gianluca Pozzi, amministratore delegato della nuova Cicli Drali – . Quando ha saputo che Beppino voleva chiudere bottega, abbiamo pensato di metterci in gioco e fare tutto il necessario per non interrompere questa storia. Il Drali è un patrimonio del ciclismo, così io, Angelo Mantovani, Robert Carrara e Andrea Camerana ci siamo messi assieme e in gioco dando vita a una gran bella squadra con un unico capitano: il Drali. L’obiettivo? Non gettare alle ortiche la storia di un uomo che ha percorso una gran bella fetta di storia della bicicletta».

Ha l’età di Topolino, il Drali. Al traguardo dei 90 c’è arrivato domenica 11 novembre, e li ha festeggiati con alcuni parenti e Laura « la m’è neùda», traduce: «la mia nipote». Il Drali, con l’articolo rigorosamente davanti, è un telaista provetto e ancora oggi modella creature con l’abilità degli artigiani e l’estro degli artisti. «Sono un piccolo sarto, che ha fatto nella vita quello che ha sempre desiderato fare, ma non sono né Ernesto Colnago né Ugo De Rosa: loro sono davvero giganti», ci tiene a precisare.

Ma il Drali con le mani ci sa ancora fare e conosce tutti i segreti della bicicletta. «Però l’Ernesto e l’Ugo sono stati bravissimi a valorizzare come pochi il loro talento, il loro estro. Ma sa anche chi è stato davvero bravo? Alberto Masi, il figlio di Faliero, il grande telaista di Fausto Coppi che io ho conosciuto: sia il Faliero che il Coppi. Oggi Alberto lavora ancora, e lo fa molto bene. Là, nella sua bottega nelle viscere del Vigorelli. Anche lui porta dietro una gran bella fetta di storia, ed è bravo a non averla dispersa».

È buono il Drali. Un omino che si sposta nel suo rinnovato negozio con la sicurezza di sempre. Ha una venerazione per Fausto Coppi che ancora oggi giganteggia con un poster davanti al bancone. Da oltre cinquant’anni lavora con la sua immancabile tuta blu da meccanico e il cappellino da ciclista con tanto di aletta d’ordinanza tirata all’insù. «Per una vita ho lavorato in via Agilulfo – racconta – , tra via Chiesa Rossa e via Stadera. Da un anno e mezzo sono qui in via Palmieri, sempre nello stesso quartiere... El varda che cromadüra ammò, giuinott!, guardi che cromatura, mi indica orgoglioso il Beppino.

La sua “Pokerissima” è splendida e sono in tanti a volerla. Sarà per questo ritorno al passato. Sarà per questa voglia di “vintage” e mania da “eroica”, ma le biciclette in acciaio conservano ancora oggi un fascino unico e tutto particolare. «È stato Carlo, mio padre, ad aprire l’officina nel lontano 1925. In quel periodo eravamo concessionari della Bianchi. Io ho appreso il mestiere dai grandi meccanici e telaisti di quel periodo come Pinella e Faliero Masi».

Girardengo, Binda, Bartali, Coppi «come ho detto», Maspes li ha conosciuti tutti e indirettamente o direttamente, ha fatto qualcosa per ognuno di loro. «Non esageriamo, ogni tanto passavano dentro. Papà era molto conosciuto e apprezzato, io mi sono sempre dato da fare. Se avevano qualche problema, noi c’eravamo». Chi non c’è più è la sua Marisa, l’amore della sua vita. «Siamo stati fianco a fianco per sessantadue anni più sette di fidanzamento. Quando è mancata mi sono sentito mancare anch’io... Poi questi quattro “ragazzacci” mi hanno convinto a non mollare, e sono felice di farlo».

Nel quartiere Stadera non c’è anima che non lo conosca. «Anche i fiulet mi vengono a salutare, anche perché i miei amici sono sempre di meno». Ma ci sono. C’è il Vismara, l’Aldo, il Gianni, il Franco e poi lei, l’Eugenia, che di anni ne ha 93 e non fa mistero di averli: anzi. Tutti i giorni, più volte al giorno, passano per un saluto, per un po’ di “veleno” (un amarino), un biscottino o la focaccia.

«Il nostro negozio è davvero un porto di mare, d’amare. E qui si respira davvero l’amore per la bicicletta e per la storia che l’accompagna: siamo un po’ officina e un po’ negozio – precisa Andrea Camerana (nipote di Giorgio Armani, ndr), socio di riferimento e anche lui grande appassionato e ciclista praticante – . Abbiamo unito la storia e la tradizione con la tecnologia e la ricerca più avanzata. Abbiamo già fatto tante cose, ma la maggior parte deve essere ancora fatta: ma non abbiamo fretta. L’importante è fare le cose per bene. E con amore». Come ha sempre fatto il Drali, che non sarà Colnago e De Rosa, ma come loro ha contribuito a scrivere un po’ di storia della bicicletta. E che bicicletta.