Non ci sono più le mezze stagioni. E non ci sono più nemmeno le tappe di trasferimento di una volta. Ma non è un male, visti i risultati. Ormai il gruppo pigia sull’acceleratore già dai primi chilometri e, perfino, nell’ultima settimana, quando fra acciacchi e chilometri accumulati il buon senso dovrebbe consigliare una salutare passeggiata fino allo sprint finale. Non ci sono più tappe sonnolente e non c’è più niente di scontato, nemmeno quando una fuga di 22 corridori raggiunge un vantaggio rassicurante in una frazione destinata ai cacciatori di giornata. E non se ne restano più tranquilli, a risparmiare energie per le montagne, nemmeno i corridori di classifica. Basta una breve salita, per quanto arcigna, a far esplodere il gruppo e a lasciare Mauro Santambrogio sotto le macerie. Il corridore lombardo ha scavalcato indenne le Alpi – è stato addirittura protagonista – ma non ha resistito a uno strappo, anche se duro, a quasi venti chilometri dal traguardo. Ad accendere la miccia è il solito colombiano Carlos Alberto Betancur, che ha la maglia bianca e vuole anche una tappa. Gli altri big sembra che non aspettino altro che un pretesto per iniziare il quarantotto. Scatta Michele Scarponi in salita, replica Vincenzo Nibali in discesa. E tutti gli altri a pedalare affannosamente per non perdere il treno. Tutti tranne Santambrogio, appunto, che si ritrova solo a vedere le schiene degli avversari allontanarsi. Finalmente la dimostrazione che per cucinare una bella corsa gli ingredienti principali sono la voglia e la fantasia dei corridori, sostenute dalla forza, ovviamente. Il tracciato è importante ma non così determinante come ci hanno sempre fatto credere. Possono fare più male queste tappe “nervose” piuttosto che alcune frazioni alpine. In sella ci sono professionisti consumati che sembra abbiano ritrovato lo spirito di quando erano ragazzi: corrono come diciassettenni, seguendo l’istinto per raggiungere quel risultato che la ragione non potrebbe raggiungere. Tifosi e audience ringraziano. Al Giro d’Italia il ciclismo sta riscoprendo il suo aspetto spettacolare. Supportato da un grande racconto televisivo potrebbe tornare ad essere un grande romanzo popolare. Ma occorrono fantasia e passione anche al microfono e in sala di regia.Si potrebbe approfondire, per esempio, cosa sta succedendo in casa Lampre, con Scarponi che si ritrova un rivale accanto, anzi, alle spalle, visto che lo tallona in classifica: l’ex gregario polacco Niemiec sembra si sia messo in proprio, sulle Alpi ha lasciato solo il capitano arrivandogli entrambe le volte davanti, uno sgarbo incomprensibile anche se fatto con il via libera della squadra. Si potrebbe anche approfondire qualche aspetto tecnico e tattico per aiutare i telespettatori a leggere la corsa. E il “Processo alla tappa” dovrebbe diventare davvero tale, non uno sdolcinato talk show. La conduttrice è brava e ha grandi doti umane per raccontare il ciclismo e anche passione e competenza, ma per indossare la toga in quel tribunale bisogna avere anche un pizzico di sano cinismo, fare qualche domanda sgradita o mostrare qualche immagine “scomoda”, altrimenti non si potrà mai andare al fondo delle questioni. Non occorre cattiveria, ma un po’ di pragmatismo, il “volemose tutti bene” è bello e va bene, ma non in un Processo. Del resto in gruppo non ci sono rapporti tesi, i corridori si rispettano, sono abituati a scherzare fra loro, prima della partenza e in corsa, ma quando la gara si accende si lascia spazio alla competitività. Dopo l’arrivo a Ivrea, conquistato dallo spagnolo Intxausti – già maglia rosa a Pescara – sull’estone Kangert, il gregario di Nibali in libera uscita con il compito di vincere la tappa, non ci si può azzardare a fare previsioni sulla prossima frazione. Una grande incognita si apre su quello che dovrebbe essere il penultimo appuntamento per i velocisti, almeno sulla carta. Da Caravaggio a Vicenza la strada è piatta come un biliardo, ma prima del traguardo c’è una salita e qualche strappo che fino a ieri poteva solo innervosire i velocisti, non certo farli fuori. In questo clima elettrico, invece, gli sprinter dovranno guadagnarsi la pagnotta. Cavendish si affida alla cabala: dopo aver vinto di venerdì 17 vuole ripersi nella diciassettesima tappa. I tifosi sperano in un rigurgito di orgoglio degli sprinter nostrani, almeno per spezzare la monotonia del podio. Più probabile l’arrivo di un gruppo ristretto