Ti guardi in giro, nel senso di attorno, e non vedi italiani, anche perché siamo in Irlanda, a Belfast per la precisione, dove venerdì partirà il Giro d’Italia, edizione numero 97. Un Giro forestiero che rischia di essere terreno di conquista dei corridori stranieri. Lo spagnolo - meglio il catalano -
Joaquin Rodriguez, l’australiano
Cadel Evans, i colombiani
Nairo Quintana e
Rigoberto Uran, poi l’irlandese
Daniel Martin e via elencando, sono i nomi più accreditati. Le nostre esigue speranze sono riposte in
Michele Scarponi,
Ivan Basso,
Domenico Pozzovivo, i giovani
Fabio Aru e compagnia pedalante. Per loro sarà impresa titanica sovvertire il pronostico che li vede già irrimediabilmente battuti. Allora non resta che aggrapparsi alla statistica: dieci volte il Giro d’Italia è partito fuori dai confini nazionali e ben sei maglie rosa, alla fine, sono finite sulle spalle dei corridori italiani. Il primo via dall’estero viene dato da San Marino, nel 1965: vittoria di Adorni. La novità piace e l’anno seguente la partenza avviene da Montecarlo, ma è nel 1973 il primo vero trasferimento: si parte dal Belgio, poi ci sono le partenze da Città del Vaticano (’74), Atene (’96), fino a Nizza per la corsa che celebra Pantani. Nel 2002 il via viene dato dall’Olanda) e 4 anni dopo dal Belgio, per la prima maglia rosa conquistata da Basso che concede il bis nel 2010 quando si parte da Amsterdam. Infine, la Danimarca, nel 2012. Partiamo da una Belfast in festa e a tinte rosa. E se parliamo di impresa titanica lo facciamo perché qui il Titanic è stato varato e da queste latitudini è partito per un viaggio senza ritorno prima di entrare nell’immaginario collettivo. È chiaro che si spera che il transatlantico rosa non faccia acqua e abbia ben altre fortune. Le prime
tre tappe si disputeranno in questo paradiso naturale, terreno ideale per chi ha voglia di vivere la natura in bicicletta a pieni polmoni. Passando alla corsa è vero, quest’anno manca un vero favorito. Nibali, Froome e Contador hanno preferito puntare tutto sul Tour. Ma in ogni caso, come abbiamo già detto, ci sono Uran e Evans, secondo e terzo al Giro 2013, e pure Quintana e Rodriguez, secondo e terzo al Tour dello scorso anno. Sono loro a comporre la prima fila dei pretendenti alla maglia rosa finale. Ultima chiamata invece per Basso e Scarponi, i nostri “vecchietti”: il varesino la corsa rosa l’ha vinta nel 2006 e nel 2010 e il marchigiano l’ha conquistata a tavolino, dopo la squalifica di Contador, nel 2011. Al via ci sarà anche il vincitore del 2004, Cunego, e con lui anche Pozzovivo, scalatore eccellente, arrivato a sfiorare la Liegi, ma a cui manca sempre qualcosa per fare il definitivo salto di qualità. Per entrambi un podio sarebbe già da considerare una vittoria. Gli outsider? Presto detto: il francese
Pierre Rolland, l’irlandese
Nicolas Roche e il polacco
Rafa Majka. Tutto da decifrare
Ryader Hesjedal, vincitore del Giro due anni fa e il compagno di squadra
Daniel Martin, il nipote d’arte (di Stephen Roche). Ma interessante può essere anche l’olandesino
Wilco Kelderman. Ci sarà anche spazio per i velocisti. Sulla carta, in assenza di Mark Cavendish e André Greipel, tutti contro il tedesco
Marcel Kittel, astro nascente del velocismo mondiale. Se Kittel sarà quello visto al Tour lo scorso anno, mettetevi in cuore in pace: non ce ne sarà per nessuno. Diversamente noi potremo divertirci con
Elia Viviani, il veronese che in questo inizio di stagione e soprattutto al recente Giro di Turchia, ha mostrato con due belle vittorie segnali importanti di risveglio. Occhio al britannico
Swift e al nostro
Petacchi: non sono qui per fare del turismo. Ci sono 3.450 chilometri da percorrere in tre settimane, da Belfast a Trieste. Un Giro apparentemente più “umano”, con tre giorni di riposo e una prima settimana, non proibitiva. Il primo vero esame è atteso all’ottava frazione, che comprende il Carpegna (la montagna di Marco Pantani, del quale ricorre quest’anno il decennale della morte) e l’arrivo ai 1.235 metri di Montecopiolo. Poi la crono individuale ad alta gradazione alcolica da Barbaresco a Barolo, a fare da preludio alle grandi montagne: Oropa, Plan di Montecampione, Gavia, Stelvio e Val Martello. La cronoscalata da Bassano a Cima del Grappa, e poi lo Zoncolan, prima della passerella finale in piazza dell’Unità d’Italia a Trieste. Mai scenario poteva essere più azzeccato per festeggiare un “Giro straniero” che si spera possa tornare agli italiani.