Agorà

Anniversari. Le favole al telefono rosso del compagno Gianni Rodari

Simone Paliaga martedì 29 settembre 2020

Un disegno di Mauro Maulini tratto dal catalogo della mostra "Teatrino per Rodari" edito da Interlinea Edizioni Novara, mostra il Ragioniere pesce del Cusio della fiaba di Gianni Rodari

Quale autore italiano vanta tirature di 400 mila copie per le traduzioni dei suoi libri nell’Unione Sovietica del lontano 1955, e in piena Guerra Fredda perlopiù? Si correrebbe invano a spulciare tra i nomi di politici e uomini di lettere engagé più noti per scoprirlo. Sembrerà strano ma il traguardo raggiunto spetta a uno scrittore assente dal consueto canone del Novecento anche se Tullio De Mauro, nel 1974, non aveva esitato a definirlo un classico. Per di più il suo nome non campeggia sui piatti di copertina di testi ritenuti alti ma su libri di letteratura per l’infanzia. I loro titoli suonano certo familiari come Favole al telefono, Il libro dei perché, Filastrocche in cielo e in terra o Le avventure di Cipollino così come il nome del loro autore.

Si tratta di Džanni, almeno così suonava per l’orecchio di Oltrecortina l’italiano Gianni, Rodari, di cui il prossimo 23 ottobre cade il centenario della nascita e lo scorso 14 aprile è passato, pressoché inosservato, il quarantennale della scomparsa. A ricostruirne ora alcuni aspetti poco noti del suo cammino arriva in soccorso Cipollino nel paese dei soviet. La fortuna di Gianni Rodari in URSS (e in Russia) di Anna Roberti (pagine 240, euro 18,50) che nei prossimi giorni arriverà nelle librerie per l’editore Lindau.

La fortuna che arride a Rodari Oltrecortina potrebbe sorprendere ma non è casuale. Benché avesse in passato militato nell’Azione Cattolica, già nel 1938 lo scrittore di Omegna si avvicina all’ideologia comunista dopo la lettura delle vite di Lenin e Stalin, dell’autobiografia di Trockij e della sua Storia della Rivoluzione russa. Anche se ragioni economiche lo portano nel 1941 a lavorare alla Casa del Fascio e nel 1943 in servizio sotto la Repubblica sociale Italiana all’ospedale di Baggio la sua traiettoria non si flette. Non andrà fiero di questa incoerenza. «Era una vigliaccheria – confesserà più tardi all’amico Argilli –, ma non avevo vie d’uscita: un operaio avrebbe reagito in altro modo, io ero un intellettuale piccolo borghese di provincia e avevo i difetti di questa categoria». Malgrado questa tarda vena autocritica già nel 1944 si unisce ai reparti partigiani e nel Dopoguerra comincia a collaborare al settimanale legato al Partito comunista italiano “Vie Nuove” componendo filastrocche e racconti tra cui Il gioco delle casse, un gioco di ruolo ante litteram dove i bambini sono invitati a prepararsi alla rivoluzione, interpretando di volta in volta lo zar, Lenin, Stalin.

La sua notorietà tra gli iscritti del partito diventa tale che nel 1950 Giancarlo Pajetta gli propone non solo di lavorare per “L’Unità” ma anche di fondare, con Dina Rinaldi, il settimanale illustrato per ragazzi “Il Pioniere”. Il periodico nasceva con l’idea di contrapporsi ai più diffusi “Corriere dei Piccoli”, d’ispirazione laica e liberale, “Il Vittorioso” e “Il Giornalino” di ispirazione cattolica. Il clima di scontro politico era alto in quegli anni e i romanzi di Guareschi con Peppone e don Camillo, quantunque oggi facciano sorridere, permettono d’imma- ginarsi l’Italia d’allora. Le tensioni erani così accese che Rodari, come tutti i collaboratori del settimanale e i dirigenti dell’Associazione Pionieri, incorse nella scomunica del Sant’Uffizio del primo luglio 1949. Erano così quegli anni di intense contrapposizioni e tale era l’impegno di Rodari che ancora nel 1974 continuerà a riconoscere come «mio committente il movimento operaio e democratico più che il mio editore».

Questo è il clima che avvolge i viaggi in Unione Sovietica dello scrittore di Omegna e primo e unico italiano a vedersi insignito del Premio Andersen, il Nobel della letteratura per l’infanzia. Dopo il primo viaggio del 1951 compiuto insieme a una delegazione del Pci che lo porterà da Mosca a Leningrado fino ad Alma Ata, Rodari partecipa al convegno “Scuola e pedagogia nell’URSS” tenutosi a Siena poche settimane dopo il suo rientro nel Belpaese. Nel corso della sua conferenza «parla con entusiasmo – riporta Anna Roberti – della quantità di libri per l’infanzia pubblicati in Urss, dell’enorme tiratura di settimanali e mensili per ragazzi e ragazze, dei teatri per bambini, dell’affluenza dei piccoli nella grande biblioteca centrale di Mosca intitolata a Lenin, degli incontri che vi si svolgono con gli scrittori per l’infanzia» ignaro che da lì a breve quella biblioteca straborderà di cedole di prestito dei suoi lavori per ragazzi. Infatti nel giro si pochi mesi assiste alla prima traduzione delle filastrocche di Rodari sulla “Literaturnaja Gazeta” a opera del poeta Samuil Maršak.

Sarà solo l’inizio della sua fortuna. Seguiranno altri viaggi, fino all’ultimo del 1979 pochi mesi prima del decesso, e altre traduzioni. E proseguirà anche la fortuna del suo successo. Più riconosciuta in Unione Sovietica che nel Belpaese, perché il disfacimento dell’Urss non comporterà l’eclissi della sua fortuna se ancora nel 2017 nasce in Russia una band musicale chiamata Džanni Rodari o nel 2019 a Mosca, nel cartellone del XVI “Festival internazionale del teatro amatoriale I giovani ai giovani” figura uno spettacolo del regista Aleksandr Tattari liberamente tratto da Le avventure di Cipollino di Gianni Rodari ma poi non andato in scena perché accusato di propaganda antigovernativa.