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«Son of God». Gesù: è boom anche al cinema

Luca Pellegrini giovedì 20 marzo 2014
«La Bibbia» arriva su Rete4Il film Son of God è tratto dalla serie tv La Bibbia , che ora sbarcherà in Italia (su Rete4 dal 23 marzo in cinque prime serate la domenica, in vista di Pasqua) e che ha raccolto negli Stati Uniti un record davvero notevole: 100 milioni di telespettatori in totale, il miglior risultato per un canale via cavo. Negli Usa, infatti, a trasmettere The Bible, prodotta da Mark Burnett e Roma Downey, è stato History Channel. Un successo talmente imponente da portare la produzione a tentare l’esperimento anche al cinema: Son of God vede lo stesso attore della miniserie tv, il portoghese Diego Morgado, interpretare i panni di Gesù. L’esperimento è riuscito dato il successo anche nelle sale americane. La miniserie di 10 ore ha visto al lavoro sul set ben 47 esperti fra sceneggiatori, teologi, consiglieri e studiosi biblici, per garantire una massima attenzione alle ricostruzioni. La versione italiana della serie ha coinvolto 180 doppiatori. La voce narrante è stata affidata a Paolo Buglioni, quella di Dio a Massimo Lopez e quella di Gesù a Fabio Boccanera. GESÙ È boom anche al cinemaGiovanni, voce narrante, co­me se aprisse e rileggesse le pagine della Bibbia pri­ma di vergare il suo Vange­lo, ricorda bene, ripercor­rendo la storia della sal­vezza, come il Signore Dio sia sempre stato accanto al suo popolo per sostenerlo, guidarlo verso la terra pro­messa, punirne i peccati e le infedeltà, proteggerlo dai nemici, con amore vi­scerale e infinito: Adamo, Noé, Abramo, Mosé...«Dio era lì». Poi, nella pienezza dei tempi, il Verbo si fa carne, quando il Pa­dre invia il Figlio nel mondo.  Son of God è la versione cinematografica di due ore e diciotto minuti portata nelle sale ame­ricane e canadesi con grande successo a fine febbraio (nelle nostre non arriverà) realizzata utilizzando alcune scene trat­te od omesse dalla seconda parte della miniserie La Bibbia, dal 23 marzo in on­da su Rete 4. La regia di Christopher Spencer e la sce­neggiatura che lo ha visto autore insieme a Richard Bedser, Colin Swash e Nic Young, sono costrette a fare scelte di montaggio rigorose: appena evocati i Magi, pochi i minuti dedicati alla nasci­ta (Maria è Roma Downey, anche pro­duttrice), scomparsa l’infanzia e tutto ciò che precede l’inizio della missione pub­blica di Gesù. Il film si apre cosi sul vol­to sorridente dell’attore portoghese Dio­go Morgado che lo interpreta, mentre as­sapora l’aria di Galilea e ne rimira il ma­re da uno sperone di roccia. Laggiù le bar­che dei pescatori e quella di Pietro, che da lì a poco chiamerà a se. Confuso, con una rete traboccante di pesci, domanda: «Che cosa faremo ora?». La risposta, ef­ficace: «Cambieremo il mondo». Sono pochissimi gli aggiornamenti che il testo si concede rispetto a quello che tro­viamo nel Vangelo, sono numericamen­te contenute le scene che se ne allonta­nano. Non ci sono tentazioni revisioni­stiche nel film, aggiornamenti stilistici, compiacimenti sulla violenza, blasfeme trasgressioni o scandali annunciati, che piacciono tanto al marketing. Non tro­vando alcuno spunto, si è criticata la pre­stanza fisica di Gesù, il cui fascino è in­discutibile quando chiama e predica con grande dolcezza, sfoggiando sempre un cenno di sorriso, quello che solo nella Passione si trasformerà nei lineamenti contorti dell’agonia. Dall’ingresso a Gerusalemme alle appa­rizioni del Risorto, ci sono degli intestizi narrativi non evocati dalle pagine del Vangelo che diventano la parte dram­matica più interessante, quando volti, at­teggiamenti e appartenenze religiose e culturali diverse sono messi a confronto: mentre Nicodemo ascolta Gesù, interro­gandosi sul suo mistero, Giuda presta molta attenzione all’offerta di Caifa per il tradimento, due dialoghi concisi e pa­ralleli retti benissimo dagli attori. E ad­dirittura una triplice pre­ghiera divide e unisce tutti i protagonisti che da lì a poco giudicheranno, soffriranno ed entreranno a va­rio titolo nella storia: Cristo nel Getsemani invoca il Padre, Caifa (A­drian Schiller, bravissi­mo) nel tempio si rivolge a Jahv e Pilato, insieme al­la moglie Claudia Procula, ai suoi dei. E per calibrare il tradimento di Pietro con il perdono di Gesù, i due si scambiano un ultimo, sof­ferente, silenzioso sguardo mentre il loro volto è schiac­ciato nella polvere. Umanità e divinità così vicine sulla nuda terra. Il conforto e la speranza.