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Calcio. Claudio Gentile: «Io, l'unico Ct cacciato per aver vinto troppo»

Massimiliano Castellani giovedì 22 giugno 2023

Claudio Gentile, ex ct dell'Under 21 campione d'Europa nel 2004 e bronzo alle Olimpiadi di Atene

Ci sono pochi calciatori, pardon campioni, che hanno la schiettezza e la trasparenza di Claudio Gentile. Il campione del mondo dell’82, il cuore Juventus (dal 1973 all’84) il prossimo settembre taglia il traguardo dei 70 anni. E 70 anni erano passati anche da quando la Nazionale olimpica vinse l’ultima medaglia del calcio azzurro, il bronzo ai Giochi di Atene 2006. Una medaglia al petto che si andava ad aggiungere a quella d’oro di campione d’Europa con l’Under 21. Anche quello, fu l’ultimo successo continentale per gli azzurrini che ora con la selezione di Paolo Nicolato sono chiamati a tentare di riportare quel trofeo che, nella bacheca di Coverciano, manca da 19 lunghissimi anni.

Ne sono passati altrettanti da quando Gentile non allena più.

La mia vita è fatta di primati sempre un po’ particolari. Nessuno ad esempio ha mai scritto che in quella Nazionale campione del mondo dell’82 ero l’unico “meridionale titolare”. Così come penso di essere stato l’unico selezionatore al mondo mandato via per aver ottenuto dei risultati, per giunta storici e da allora mai più raggiunti. Troppo no?

Due anni dopo quell’Italia-Serbia 3-0, finale degli Europei Under 21 del 2004, infatti la Nazionale di Marcello Lippi a Berlino contro la Francia vinse l’ultimo Mondiale della storia azzurra.

E a quella Nazionale di Lippi la mia Under 21 diede ben sei giocatori. Parliamo di De Rossi, Gilardino, Amelia, Iaquinta, Zaccardo e Barzagli. Con questi ragazzi avevamo costruito una squadra capace, sia in qualificazione che nella fase finale, di mostrare il miglior attacco e la migliore difesa. Ma evidentemente non era sufficiente e per qualcuno al quale non stavo simpatico sarà stato un motivo in più per dirmi arrivederci e grazie.

Ma scusi Gentile, ma possibile che poi dalla Federcalcio non l’hanno più cercata?

Nessuno mi ha cercato e io non sono andato a bussare alla porta di nessuno. I club, quellì si tanti mi hanno contattato, dall’Argentina, dalla Grecia, dal Portogallo, dall’Africa… Ma ho sempre declinato l’offerta per un motivo semplice, perché, mi chiedevo e mi chiedo ancora adesso, non posso allenare nel mio Paese?

Forse perché non ha un procuratore?

Mai avuto un procuratore neppure quando ero calciatore. Molti di loro poi ritengo che non siano persone che lavorano per il bene del calcio. Mi ricordo ancora quando ero ct dell’Under 21, quanti di questi signori provavano a sponsorizzarmi il loro pupillo… Ma con me sbattevano male, io ho sempre chiamato solo ed esclusivamente i più meritevoli. E infatti i risultati mi hanno dato ragione. Poi, che io sia uno scomodo e che evidentemente non sto simpatico a chi gestisce il “potere”, questo è un altro discorso. Ma sono fiero di provenire dalla migliore scuola calcistica degli anni -70-‘80.

E sarebbe a dire?

La scuola del n. 1 al mondo degli allenatori, Giovanni Trapattoni. Con il Trap tanto dialogo proficuo e poi mi ha insegnato a giocare da terzino destro e sinistro. Un anno alla Juve mi ha fatto fare anche lo stopper. Finito l’allenamento, lui lanciava e io dovevo stoppare il pallone e crossare, una volta di destro, una volta col mancino… Il periodo che ho trascorso con il Trap come vice della Nazionale ho imparato tutto quello che c’era da imparare, e specie sul piano motivazionale mi è servito tantissimo.

Cassano, che non convocò a quell'Europeo del 2004 le ha mai chiesto scusa per avergli datto dello "strappatore" di maglie?
No, e ormai non mi interessano neanche più le sue scuse. Tengo a precisare che non lo convocai perché sul piano professionale e comportamentale non lo ritenevo all’altezza degli altri. Ricordo che la stampa allora mi inondò di critiche, ma alla fine abbiamo vinto l’Europeo anche senza Cassano. Quanto a quelle frasi, forse gli avranno riportato della classifica uscita dopo il Mundial dell’82 in cui il mio nome figurava tra i primi “4-5 killer” difensivi del mondo…

Questa ci era sfuggita…

Anche a me continua a sfuggire il senso di una simile graduatoria: l’unica espulsione rimediata in carriera fu per un fallo di mano da ultimo uomo. Io mi ricordo solo di aver marcato con la massima lealtà tutti i più forti attaccanti del mondo e senza farli mai segnare. Maradona, povero, non può più testimoniare, ma Zico, Kempes e tutti quelli che hanno giocato contro di me penso che confermeranno…

Una conferma dal calcio italiano arriva da Gilardino, il bomber della sua Under 21 è già un allenatore vincente: al primo colpo promozione in Serie A con il Genoa.

Sono molto contento per Gilardino perché oltre ad essere stato un grande goleador era uno dei ragazzi più attenti in allenamento e poi in partita sapeva mettere sempre in pratica quello che gli insegnavi. Farà sicuramente una bella carriera da allenatore e mi aspetto molto anche da De Rossi e Barzagli.

Ha citato Barzagli, oggi la grande scuola difensiva italiana, di cui Gentile è stato un capostipite sembra in crisi.

Troppi difensori stranieri tolgono spazio e possibilità ai difensori nati e cresciuti in Italia. Al tempo stesso dobbiamo rispettare le scelte meramente economiche che fanno le società italiane che investono su ragazzi che arrivano da altri campionati e che gli portano dei risultati, sia in campo che sul piano finanziario. Il calcio moderno è questo, prendere o lasciare

Il suo amico e compagno alla Juve e in Nazionale, Marco Tardelli, per il momento ha lasciato il calcio per fare il conduttore televisivo de L’Avversario (su Rai 3).

Mi fa molto ridere vedere Marco in quel ruolo, ma è azzeccatissimo. Tardelli era uno capace di fare tutto bene in campo e lo stesso vale se ora lo mettono davanti a una telecamera: il risultato, anche lui come me, alla fine lo porta sempre a casa.

Ma scusi, se Gianni Rivera ha detto che vuole allenare, anche Gentile non può ricominciare dalla prossima stagione?

Beh, per uno come Rivera, che non ha mai allenato, debuttare in panchina a 80 anni sarebbe un record mondiale sorride divertito - . Io non faccio distinzioni di categoria, ma per allenare un club pongo solo due condizioni: lavorare con gente seria e che creda ciecamente come me nella meritocrazia.