Intervista. Gassmann in cattedra: «Io sto con i giovani»
L'attore Alessandro Gassmann, 56 anni, protagonista della serie tv di Rai 1 "Un professore" (co-produzione Rai Fiction-Banijay Studios Italy) che si conclude questa sera
Quasi all’inizio del cammin della loro vita, la classe di un liceo scientifico romano, che guarda al Colosseo, si ritrovò Dante in cattedra. Dante Balestra è Un professore, l’intrepido docente di filosofia, interpretato da autentico “mattatore” – tale padre, Vittorio, tale figlio – , da Alessandro Gassmann. Questa sera, sesta e ultima puntata su Rai 1, con il 12° episodio che chiude una serie da record: ascolti medi che hanno sfiorato i 5 milioni di telespettatori, 4,8 milioni per la precisione, con il 22,4% di share. Gran merito del successo di Un professore (prodotto da Rai Fiction con Banijay Studios Italy) è da ascrivere al suo protagonista, già eroe del piccolo schermo nei panni dell’ispettore Lojacono, ne I bastardi di Pizzofalcone, sempre targato Rai 1. Prossimamente lo vedremo in un action movie (su Netflix) dal titolo provvisorio Il mio nome è vendetta, diretto da Cosimo Gomez «una sorta di Revengedove esprimo una fisicità parecchio energica che potrebbe suscitare un altro tipo di rispetto nei miei confronti» – sorride divertito – . Infine sarà un frate ne Il pataffio «film di ambientazione medioevale, diretto da Francesco Lagi, tratto da un romanzo buffo di Luigi Malerba che a suo tempo ispirò L’armata Brancaleonedi Mario Monicelli (con Brancaleone da Norcia interpretato da Vittorio Gassman).
Ma ora Gassmann-Balestra è la pietra filosofale della meglio gioventù “millennial”, assieme alla quale si gode il meritato trionfo.
Sono contento del grande successo diUn professore, e dell’incredibile interazione che si è creata sui social durante tutte le puntate. Mi pare proprio che i “pischelli” stiano gradendo. Ma il merito va diviso equamente con tutto il cast composto da giovani attori bravissimi, molti dei quali alla loro prima esperienza, la regia perfetta di Alessandro D’Alatri e la straordinaria scrittura di Alessandro Petraglia che ha intercettato le urgenze e i codici dei “millennials”. (Dice entusiasta di rientro a Roma dal Teatro Morlacchi di Perugia dove ha ripreso la piece Fronte del porto di cui è regista).
Ma quanto c’è di lei nel professor Dante?
Non ho la sua pazienza, e tanto meno la sua preparazione culturale. I miei tra- scorsi scolastici sono stati costellati da risultati deludenti. Ero un liceale etichettabile alla voce “capra. E poi non mi sono laureato... Ho fatto anche uno spettacolo su Kant, ma certo non saprei tenere una lezione sulla Critica della ragion pura. La grande soddisfazione però, è stata scoprire che parlare di Platone e Schopenhauer in prima serata è servito a battere i comici di Canale 5. E questa la considero la mia, la nostra, piccola rivoluzione culturale. Anzi filosofica. appassionato. Conservo lo stesso entusiasmo di quel primo giorno di set con mio padre e sento che ho ancora tanto da fare e da dire. Lo devo a me stesso, e anche per lasciare a mio figlio Leo, qualcosa di buono, una speranza per il futuro.
Simone, suo figlio nella fiction, potrebbe essere il fratello minore di Leo Gassmann, classe 1998, cantante e vincitore del Sanremo giovani 2020.
Infatti Leo, anche se non è anagraficamente un millennial, è stata una grande fonte di ispirazione. Il nostro è un rapporto molto maschile, fatto di grande contatto fisico, di abbracci e strette forti come quando era bambino e giocavamo alla lotta. Poi, nel 2016 ha compiuto 18 anni e gli ho detto: vai, sei libero... Tra noi prevale la comprensione.
Quindi, fuori dalla fiction, non salirebbe mai in cattedra?
Non sarei indicato, perché tenderei a punire troppo i cattivi studenti e a proteggere fino all’estremo i più deboli. Non sarei adatto neppure a fare politica, per una totale incapacità di scendere a compromessi. In compenso, un giorno mi piacerebbe insegnare il mio mestiere di attore e regista.
Seguirà la scia paterna, è quello che faceva nel suo “Laboratorio”,Vittorio Gassman: quali insegnamenti gli ha lasciato in eredità?
Papà non era tipo da lezioni filosofiche. Il suo metodo educativo è stato paramilitare. Ma quando ha capito che il pessimo studente stava lasciando il posto a un giovane attore in cerca d’autore, è stato il primo a riconoscere il mio talento embrionale, e a quel punto è scoppiato un amore fantastico... Papà aveva una particolare attenzione per gli ultimi, e da lui credo di avere ereditato la generosità, la voglia di non accontentarsi mai e la consapevolezza che si può fare sempre di più, e meglio.
Per arrivare fino alla vetta, la scalata è cominciata quarant’anni fa: è del 1982 il suo esordio al cinema in Di padre in figlio, accanto a papà Vittorio.
Meglio non pensarci – sorride – . C’è di buono che allora ero minorenne, avevo 17 anni. Comunque sono stati quarant’anni belli, intensi, di lavoro vero, vario, e sempre il rispetto e l’amore reciproco. Su molte cose siamo diversi, abbiamo gusti differenti, ma ci sono ideali come l’impegno sociale, l’altruismo e la generosità che ci accomunano. Leo, per esempio tutti gli anni a Roma partecipa a una manifestazione contro il bullismo e fare volontariato fa parte, da sempre, del suo dna.
Ha detto che Leo l’ha ispirata per Un professore, ma lei ha mai ispirato qualcuna delle sue canzoni?
Leo ha scritto un brano che si intitola Mr. Fonda, in cui mi ritrovo tantissimo. Anche se poi l’ha scritta pensando a un amico di famiglia, uno zio putativo per lui, qual è stato l’attore e regista Peter Fonda che vedevamo in estate al mare. Forse quella canzone Leo l’ha dedicata anche un po’ a suo padre...
Torniamo in classe con Dante: quanto somiglia la sua scuola a quella reale?
Nella scuola di Un professore intanto non ci piove dentro e c’è pure la carta igienica nei bagni, e questo non è scontato. Mio figlio ha frequentato la scuola pubblica, di cui riconosco i tanti pregi ma anche i grandi limiti. Sono sempre più convinto che una società che possa definirsi civile ed evoluta deve investire molto di più sulla scuola e poi avere il coraggio di compiere un cambio di passo radicale.
Sociologi e psicologi dicono che prima c’è da cambiare la testa e i comportamenti di questi “giovani digitali”.
Non sono d’accordo, questa è una generazione sfortunatissima che, per colpa del mondo adulto e dei danni che abbiamo provocato, in futuro dovrà fare i conti con problemi climatici e geopolitici mai visti prima e di difficile soluzione. E poi vogliamo parlare della prigionia da Covid che hanno subìto? Io a 18 anni nelle loro stesse condizioni non so come avrei reagito... Di sicuro avrei manifestato un’insofferenza maggiore a quella che ho visto in questi ragazzi, che per lo più hanno risposto e continuano a muoversi con coraggio e con estrema dignità.
In maniera molto dignitosa Un professoreaffronta anche il tema dell’omosessualità di Simone. Avete avuto proteste per il “bacio” con Manuel?
Non mi risulta, mentre ne I bastardi Pizzofalcone per la relazione sentimentale tra due poliziotte scattò addirittura un’interpellanza parlamentare.
Unica obiezione: nella classe si nota l’assenza di un alunno “extracomunitario”. In compenso oltre alla “pecora nera” Manuel, colpisce il personaggio di Pinna: il giovane barricato in casa per paura del mondo esterno.
Una società globale come la nostra non può non avere in classe uno studente figlio di stranieri: ne abbiamo già parlato con D’Alatri e Petraglia e nella prossima serie non mancherà. Quanto a Pinna, sono sempre di più i ragazzi feriti e “autoemarginati”, perché questa è una società crudele. La violenza vomitata sui social è frutto della vigliaccheria di chi non ha il coraggio delle proprie azioni e accende continuamente la macchina del fango facendosi scudo del “nickname”. Pinna è un’anima fragile, ma se posso “spoilerare”, almeno nella nostra serie finisce bene...
Merito di un Prof. che gli va in soccorso. Questo suo stare dalla parte dei più deboli si ritrova anche in Mio fratello rincorre i dinosauri.
Un film importante, premiato dal pubblico e dalla critica, tratto dal romanzo di un ventenne talentuoso, come Giacomo Mazzariol, che è diventato un caso internazionale. Quando il regista Stefano Cipani mi ha fatto leggere la sceneggiatura ho capito che avrei avuto la possibilità di parlare della disabilità in maniera assolutamente moderna e soprattutto far comprendere come un padre, una famiglia, può donare una vita normale al proprio figlio nato con la sindrome di Down.
Parla con perfetto spirito cristiano...
Non sono un credente, ma credo in papa Francesco che mi ha conquistato fin dalla prima apparizione in tv. Come si fa a non amare un Papa che saluta il mondo dicendo «buona sera»? Per uno di centrosinistra che non ha più un punto di riferimento politico papa Francesco è diventato il mio leader... E poi le confido un segreto: abito in centro, non lontano dal Vaticano, e so che a volte papa Francesco veniva, in incognita, dal mio barbiere che, per colpa del Covid, ora ha chiuso... Spero che il “nostro” barbiere stia bene, e spero tanto di incontrare un giorno papa Francesco, avrei tante cose da dirgli...