Cinema. Tutti i film "stranieri" che possono ambire all'Oscar. Ma Garrone ha già vinto
Una scena di "Io capitano" di Matteo Garrone
«Essere approdati alla cinquina dei migliori film internazionali dell’anno – tra l’altro tutti diretti da autori europei - è già una grande vittoria». Continua a ripeterlo Matteo Garrone, che prosegue oltreoceano il suo lungo e avventuroso viaggio iniziato in Senegal e approdato prima a Venezia, poi in tutta Europa, in Africa, dove tutto è cominciato, e ora negli Usa. Cinemovel, una speciale forma di distribuzione, lo porterà in aprile nei villaggi vicini a Dakar e nelle città di Thiès, Mboro, Kolda, Sédhiou e Ziguinchor, con l’dea di organizzare anche proiezioni per le scuole. Ma il film è già stato distribuito in Marocco, Tunisia, Benin, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Gibuti, Gabon, Costa d'avorio, Madagascar, Guinea, Mali e Togo.
Coprodotto da Rai Cinema, vincitore del Leone d'argento per la miglior regia alla 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Io capitano era uscito nelle nostre sale con 01 Distribution il 7 settembre raggiungendo un incasso di quasi 5 milioni di euro. È vero, quello raggiunto da Io Capitano, interpretato da Seydou Sarr e Moustapha Fall, è un traguardo straordinario, e domenica notte in Italia, durante la cerimonia presentata ancora una volta da Jimmy Kimmel al Dolby Theatre di Los Angeles, saremo tutti con il fiato sospeso nella speranza di vedere l’Oscar nelle mani del regista, che già nel 2008 aveva tentato la scalata ai prestigiosi premi hollywoodiana con Gomorra, senza però ottenere una nomination. Per l’Italia è la 30ª candidatura in quella che una volta era la categoria chiamata “miglior film straniero”. L’ultima volta che l’Italia è salita sul palco degli Oscar è stato con La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Prima ancora con La vita è bella di Roberto Benigni, Mediterraneo di Gabriele Salvatores, Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, per risalire fino a Vittorio De Sica, Elio Petri, Federico Fellini.
Staremo a vedere. Anche perché la concorrenza è molto agguerrita. Il favorito è infatti La zona d’interesse dell’inglese Jonathan Glazer (ma il film è parlato in tedesco, polacco e yiddish), che affronta da un punto di vista inedito il tema dell’Olocausto e dei carnefici di Auschwitz, mettendo a fuoco la banalità del male attraverso la vita quotidiana di una famiglia la cui casa confina con il campo di concentramento. Tema a dir poco scottante in questi mesi in cui ogni film e ogni dichiarazione rilasciata dagli artisti finisce per diventare un atto politico da sostenere o condannare, senza mezze misure. Definito dal regista messicano Alfonso Cuaron «il miglior film del XXI secolo» e fortemente sostenuto dallo stesso Steven Spielberg, La zona d’interesse, premiato al Festival di Cannes con il Grand Prix della Giuria e uscito in Italia il 22 febbraio con I Wonder Pictures, ha raccolto ben cinque nomination, piazzandosi anche nelle categorie miglior film, regia, sceneggiatura non originale, sonoro.
Per molti sarà lui il vincitore, anche perché il numero dei britannici che votano agli Oscar è assai cospicuo. Ed evidentemente il contingente dei membri dell’Academy in ogni singolo paese ha il suo peso nella “guerra degli Oscar”. Il tedesco Wim Wenders, già candidato tre volte in precedenza per il miglior documentario, corre invece per il Giappone con il suo Perfect Days, grande successo anche ai botteghini italiani (il film distribuito da Lucky Red è arrivato nelle nostre sale lo scorso 4 gennaio), sulla semplice e placida vita quotidiana di un uomo che pulisce le toilette pubbliche di Tokyo e vive per assaporare ogni singolo momento della sua giornata. Qualcuno sostiene che i giapponesi, seccati dal fatto che a rappresentare il Paese del Sol Levante non sia uno di loro, non lo sosterranno. D’altra parte lo stesso Wenders si era meravigliato per la candidatura, dovuta probabilmente al fatto che il protagonista del film, K ji Yakusho, è uno dei più celebri e amati attori giapponesi.
La Germania invece, che l’anno scorso ha vinto con Niente di nuovo sul fronte occidentale, spera in La sala professori di lker Çatak, presentato al Festival di Berlino e distribuito da Lucky Red, che analizza le zone d’ombra della società e delle istituzioni attraverso lo sguardo di una giovane insegnante idealista. Indagando su alcuni furti avvenuti nella scuola dove lavora, la donna scoprirà i limiti di un rigido sistema di regole che non permette di arrivare alla verità. Ha forse meno chance di vittoria invece La società della neve, di Juan Antonio Bayona, maestro del neo horror spagnolo, che nel film presentato in chiusura della Mostra del Cinema di Venezia e disponibile su Netflix rievoca il tragico e celebre disastro aereo avvenuto sulle Ande nell’ottobre del 1972, quando il volo 571 dell'aeronautica militare uruguayana si scontrò contro le montagne a 3570 metri. Della squadra di rugby che volava verso il Cile sopravvissero in 27, ma erano solo quando tornarono a casa a Natale.