Anniversario. Gagarin, l'uomo delle stelle tra Icaro e Ulisse
Jurij Gagarin fotografato in orbita attorno alla Terra il 12 aprile 1961
Cinquant’anni fa, il 27 marzo del 1968, durante un normale volo di esercitazione su un MiG-15 moriva tragicamente a causa di un guasto meccanico Jurij Gagarin, il primo uomo a volare nello spazio. Sedeva accanto a lui Vladimir Sergheievic Sereghin, direttore dell’addestramento dei cosmonauti. I due piloti, per evitare che l’aereo piombasse su un villaggio, restarono a bordo fino all’ultimo per scongiurare una sicura catastrofe ma purtroppo non fecero in tempo a mettersi in salvo. Gagarin si era guadagnato il titolo di “Cristoforo Colombo delle stelle” il 12 aprile del 1961, e la sua impresa, che seguiva di pochi anni i lanci degli Sputnik, ribadiva la indubbia supremazia dell’Unione sovietica sugli Stati Uniti in fatto di tecnologia spaziale. La Tass diffuse immediatamente un comunicato per annunciare che un uomo stava orbitando attorno alla terra e che il primo cosmonauta della storia era un cittadino dell’Unione Sovietica.
«È bellissima la terra», avrebbe scritto Gagarin ricordando la sua straordinaria avventura, «la vedevo circondata da un’aureola azzurra, e facendo scorrere lo sguardo fino al cielo passavo dall’azzurro al blu, al turchese, violetto e alla notte fonda». Tre anni prima, nel 1958, il nostro Domenico Modugno aveva lanciato al Festival di Sanremo la sua Volare e librarsi «nel blu dipinto di blu» diventò per incanto una splendida realtà. Il volo di Gagarin non fu solamente un evento scientifico ma un’impresa che il regime, in pieno clima di guerra fredda, utilizzò per fini di propaganda e per dare una mano all’ateismo di stato. Si è sempre detto, a questo proposito, che Gagarin, mentre volteggiava nello spazio dove mai nessun uomo era arrivato, avrebbe esclamato «Quassù non vedo nessun Dio». In realtà fu Nikita Kruscev a pronunciare la frase: «Per- ché state aggrappati a Dio? Gagarin ha volato nello spazio e non ha visto Dio».
Secondo alcune fonti, Gagarin era stato battezzato nella chiesa ortodossa e un suo amico lo definì addirittura «credente » e con certe attenzioni verso la religione tant’è che nel 1964, dopo aver visitato un Monastero nel cui museo era conservato un modello della cattedrale di Cristo Salvatore fatta erigere da Alessandro I e poi fatta radere al suolo da Stalin, ne propose la ricostruzione. Inoltre, prima di essere lanciato nello spazio, volle battezzare la figlia Ylena. Il poeta Evgenij Evtušenko, a conclusione di una poesia dedicata al primo cosmonauta, immaginò queste sue considerazioni: «Sulla terra mi sono schiantato, quella che per primo ho visto tanto piccola, e la terra non me l’ha perdonata. Ma io perdono la terra, sono figlio suo, in spirito e carne, e per i secoli prometto di continuare il mio volo». Gagarin sembra dunque riassumere in sé il mito dell’Icaro moderno che si ritrova addosso delle fragili ali di cera, ma al tempo stesso rappresenta anche l’Ulisse dantesco con il suo desiderio di varcare le Colonne d’Ercole alla scoperta del mistero. E per questo Jurij Gagarin, come conclude il poeta, continuerà per sempre il suo volo.