Agorà

Il brasiliano. Gabrielzinho Araujo, un ciclone di energia che travolge le Paralimpiadi

Mario Nicoliello, Parigi venerdì 30 agosto 2024

Gabrielzinho Araujo

Aveva sfilato lungo i Campi Elisi col vessillo del Brasile attaccato alla spalliera del suo triciclo elettrico, ed era stato applaudito in piazza della Concordia quasi come fosse un eroe, cappellino da pescatore e tuta a maniche lunghe. Ventiquattr’ore più tardi si è mostrato al mondo nudo alla Défense Arena, dove ha confermato di valere un posto nel gotha del nuoto paralimpico mondiale. Il ventiduenne Gabriel Geraldo Dos Santos Araujo ha vinto i 100 dorso S2, dimostrando che anche senza braccia e con i piedi corti si può infiammare una piscina. Nato con la focomelia, una condizione rara che causa l’accorciamento degli arti, ha cominciato a nuotare quando la sua insegnante di educazione fisica, lo iscrisse a una competizione scolastica senza che lui lo sapesse. Si tuffò, vinse e da allora non ha più smesso. A Tokyo aveva conquistato tre ori e un argento, qui vuole calare in acqua un poker dorato. Intanto nella sua gara a dorso ha stregato il pubblico francese, quando prima della partenza ha azzannato la corda con la quale lo starter gli ha dato il la. Ha nuotato a pancia in su usando le spalle, ha toccato la piastra con la testa, battendo tutti. «Sono molto felice, perché prima della gara ero nervoso, ma poi mi sono sentito a mio agio nuotando. Questa era la più difficile delle mie gare a Parigi, quindi vincere l’oro è fantastico». Parla solo portoghese, ma con l’aiuto dell’interprete estende il messaggio a tutti: «Voglio dire a coloro che mi hanno visto in tv di essere concentrati e preparati, perché se ci si prepara come si deve tutto si può realizzare». Né un’aspettativa, né una sorpresa, per lui le medaglie sono una meta: «L’obiettivo di un atleta paralimpico è battere gli avversari».
Parlando della nomina a portabandiera racconta di una gioia immensa «perché è un’opportunità unica nella vita quella di essere presente a una cerimonia di apertura, un onore per qualsiasi atleta». In patria lo chiamano Gabrielzinho: «Ci sono grandi atleti nella nostra squadra e sono contento di aver avuto l’opportunità di rappresentare il Brasile nel miglior modo possibile in piscina». Parlando della sua mentalità, si definisce persona semplice a casa e in strada, ma un combattente in acqua: «Sono molto competitivo, quindi tutto ciò che faccio è per vincere. C’è così tanta sofferenza nel mio allenamento, quindi è per questo che lavoro così duramente. Voglio divertirmi e godermi il nuoto perché lo amo». Quel che colpisce è anche l’atteggiamento autorevole sul piano vasca durante la presentazione dei finalisti: «Spero che i miei avversari temano la mia presenza, perché io mi presento per essere il migliore». E da buon brasiliano la prima cosa che ha fatto con la medaglia al petto è stato danzare: «Siamo un popolo gioioso col ballo nel Dna». A Tokyo era sconosciuto e fu una sorpresa, a Parigi ha tanta pressione addosso e tutti lo cercano. Eppure lui non si sottrae ad alcuno: «Mi sento molto preparato e avverto di avere tanti sostenitori. Ho lottato per essere il numero uno e conosco l’intensità con cui i miei avversari stanno lavorando per superarmi». Oggi torna in azione nei 50 dorso, poi 150 misti, 200 stile e 50 stile, gareggiando anche nella categoria S3, quindi con rivali con disabilità meno impattanti della sua, perché il motto di Gabrielzinho è semplice: «Non rinunciare mai ai tuoi sogni».