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Automobilismo. Cesare Fiorio, la saga aurea

Massimiliano Castellani venerdì 14 marzo 2025
Cesare Fiorio all'epoca ds della Ferrari con il campione brasiliano della F.1 Ayrton Senna (1960-1994)

Cesare Fiorio all'epoca ds della Ferrari con il campione brasiliano della F.1 Ayrton Senna (1960-1994)

In questa saga che andiamo a ripercorrere, i Fiorio sono i “Leoni del Piemonte”, ceppo solido e tradizionale della borghesia di Torino con spiccato spirito imprenditoriale, specie sul fronte sportivo, a trecentosessanta gradi. Cesare Fiorio è un uomo STRATOSferico, come il titolo della biografia (Piemme. Pagine 189. Euro 18.50) scritta da suo figlio Cristiano. Un figlio d’arte, dello “Stratosferico dei motori”, Cristiano è responsabile marketing e comunication global di Alfa Romeo. Passione di famiglia quella per le quattro ruote, che Fiorio senior ha trasmesso oltre che a Cristiano, anche all’altro figlio e fratello maggiore, Alex, ex campione di rally fine anni ‘80. Ragazzi, a cui, ieri come oggi, può ribadire il suo mantra: “Tranquilli, siamo del mestiere”. Un mestiere che l’ha portato ad essere un protagonista assoluto e vincente.

​Date a Cesare quel che è di Cesare: 18 titoli mondiali nel rally
I 18 titoli mondiali conquistati da direttore sportivo nel rally, con Lancia e Fiat, gli hanno spalancato le porte della Formula 1: ds alla Ferrari con cui colleziona 25 podi e 9 vittorie su 36 GP, sfiorando il Mondiale con Alain Prost nel 1990. Infine passaggio alla Ligier (poi Prost Grand Prix) e alla Minardi. Una volta fuori dal Circus, la sua second life l’ha vissuta a vele spiegate in mare aperto e da “capitano” di lungo corso nelle sfide nautiche. Successi ottenuti grazie alle idee da visionario dal pensiero forte e positivo, consapevole che “quando vinci ti sorridono tutti, ma quando perdi anche una sola volta, allora arrivano gli squali”. Filosofia impartita ai suoi figli, a cominciare da Cristiano che nel raccontare la scalata avventurosa dei Fiorio parte dalla grande lezione civile del nonno paterno.

La saga dei Fiorio inizia dalla lezione civile di nonno Sandro
“Nonno Sandro era un temerario. La sua conceria a Torino tra il 1943 e il ’45 divenne un avamposto della Resistenza , un centro di attività del Comitato Nazionale per la Liberazione di cui Sandro Fiorio era uno dei capi. Da poco gli hanno dedicato una via dove un tempo sorgeva il suo stabilimento. Nonno Sandro aveva la passione per i motori, condivisa con l’amico Piero Avalle, e la velocità nel sangue, e quella è finita a scorrere anche nelle vene di mio padre”. Donne e motori, il binomio perfetto nella vita del giovane Cesare che però prima nelle cantine torinesi scopre la vocazione per il jazz. “Suonava il sax in una formazione in cui spiccava il grande trombettista Enrico Rava e i soldi ricavati dalle serate gli servivano per scorrazzare con le prime macchine. Musica e fotografia sono state due passioni forti che ha ereditato mia sorella Giorgia: a 16 anni ha cantato a Sanremo (il brano Avrò e bis al Festival dell’84 con Se ti spogli) e recitato nel film Sapore di mare dei fratelli Vanzina per poi prendere la sua vera strada e diventare una fotografa apprezzata a livello internazionale. Il sax invece è passato a mio figlio, Cesare jr”. Il nipote omonimo al quale nonno Cesare, che da tempo vive nel suo buon ritiro pugliese di Ceglie Messapica, dove gestisce la Masseria Camarda, ha raccontato la sua parabola motoristica cominciata con la mitica Lancia Appia Zagato.

Lancia Stratos uno dei suoi tanti capolavori
“Quello è stato il primo rombo di un motore suo e quindi nei racconti non può che citarla continuamente, assieme all’episodio in cui andò a prendersi il motore della Fiat 500 con cui corse al circuito di Monza con lo pseudonimo di “Carioca”, perché i suoi genitori non sapessero. Sono memorie giovanili scolpite per sempre nella sua memoria e anche in quella di ognuno di noi della famiglia”. Memorabile anche quella prima squadra di rally, l’High Fidelity che schierava in pista la Lancia Flaminia, la Coupé /Zagato e la Lancia Fulvia. Una scommessa vinta e forse non replicabile. “Il mondo attuale dei motori è pieno di ostacoli tecnologici e finanziari tuttavia, se davvero uno vuole, tutto si può fare. I progetti nuovi oggi nascono con altri criteri, molto più complessi. Ne è un esempio il mio ultimo progetto 33 stradale Alfa Romeo che è dentro Stellantis, il quale è nato grazie a tutto ciò che mi ha insegnato mio padre: nella vita come nel lavoro se ci metti cuore, passione e impegno, allora arriverai dove vuoi”. E questo terzo mantra fu quello che portò Cesare Fiorio a realizzare la macchina capolavoro e eponimo del suo essere “Stratosferico”, la Lancia Stratos Zero. “Quel bolide, a differenza delle precedenti Lancia Fulvia, la Delta e la Fiat 131 che erano nate per diventare auto di produzione, fu concepito essenzialmente per correre e soprattutto per vincere. Questa era la forza della Lancia Stratos, vinceva tanto, dava valore al brand ma poi non la vendevi sul mercato e per questo è stata pensionata in fretta. Se ai tempi ci fosse stato un altro visionario come Cesare Fiorio la Stratos sarebbe durata almeno altri dieci anni”.

Un visionario a Maranello: convinse Senna a passare alla Ferrari, ma Fusaro pose il veto
Ma quella visionarietà costante lo ha portato comunque in cima alle classifiche del Mondiale di rally con piloti leggendari come Sandro Munari e Miki Biasion. Tra loro si inserì anche il giovane Alex Fiorio, che è forse una delle poche frenate coscienziali in una vita a tutto gas. “Se non fosse stato mio figlio avrebbe avuto più successo”, confessa nel libro Cesare Fiorio. “Il conflitto di interessi è qualcosa che non esiste nella mente di mio padre, così come nel suo vocabolario non vengono contemplate le parole sconfitta e morte. Quindi per fugare la minima ombra di favoritismo verso il figlio, inconsciamente lo ha penalizzato e di questo un po’ mio fratello deve aver patito”. Ma i Fiorio, per dna superano tutto e vanno sempre avanti, pronti per la prossima sfida. La più grande e anche la più desiderata delle sfide si presentò con la chiamata alla Ferrari. Il 26 marzo 1989 Cesare Fiorio fa il suo ingresso a Maranello e riporta una Rossa in crisi di risultati a riassaporare il gusto della vittoria. La Ferrari chiude quella stagione al 3° posto nel Mondiale costruttori, ed esattamente un anno dopo, il 26 marzo 1990, a San Paolo Fiorio entra in casa Senna e fa partire la trattativa che avrebbe portato il più forte pilota del mondo al volante della Ferrari per il Mondiale del ‘91. Sarebbe stato l’affare del secolo, ma quando presenta al cda di Maranello l’accordo concluso gli viene chiesto di stracciarlo dall’ingegner Piero Fusaro che alla morte del “Drake” Enzo Ferrari era stato nominato presidente e amministratore Delegato della casa del Cavallino rampante. “Nel libro mio padre racconta nel dettaglio quella vicenda paradossale. Era fatta, Senna sarebbe diventato un pilota della Ferrari, proprio come gli avevano richiesto dal team ma poi ci fu quel veto”. A distanza di anni la querelle con Fusaro sul “caso Senna” non si è placata e la chiosa dei Fiorio è unanime: Fu una decisione presa da un egoriferito per difendere la posizione di Prost che in quel momento stava rischiando di vincere il Mondiale. Per mio padre quella rimane una missione portata a termine e stoppata solo a causa di quella malattia virale che si chiama invidia”.

La fiducia dell'Avvocato e la chiamata dell'Aga Khan per il record finale con il Destriero
Si disse che in quel clamoroso stop all’acquisto di Senna ci fosse di mezzo anche lo zampino della Fiat, ma Cesare Fiorio godeva della piena fiducia dell’azienda e dell’ammirazione personale dell’Avvocato Gianni Agnelli che aveva scommesso su di lui anche come dirigente della Juventus. “Quando Gianluigi Gabetti lo chiamò alla Juve, papà gli rispose sorpreso: “Forse avete sbagliato persona, io non sono un uomo di calcio”. Se poi accettò l’incarico fu solo per la stima reciproca con l’Avvocato e per il suo culto per i “progetti di squadra” che prevedono la messa in atto di quelle pratiche che lui ha sempre seguito in maniera quasi maniacale, ovvero massima cura della preparazione atletica e un’alimentazione sana e corretta. Principi che ha sperimentato sul suo fisico, dallo sci, all’automobilismo fino alla nautica”. Quella al timone organizzativo del Destriero è stata la sua impresa finale. All’indomani della chiusura del rapporto con la Ferrari il principe ismailita Aga Khan chiama Cesare Fiorio al comando del suo monoscafo pronto a salpare per l’avventurosa corsa per il Nastro Azzurro. “Nella nautica mio padre ci entra con il solito entusiasmo e con il concetto di lavoro h24 per il pieno controllo di tutte le situazioni e compie l’ennesima rivoluzione. L’impresa storica, il record insuperato di traversata oceanica senza rifornimento: da New York al faro di Bishop Rock nelle Isole Scilly, in 58 ore, 34 minuti e 50 secondi. Questa è stata la ciliegina sulla torta di una cammino all’insegna del primato, perché, ancora oggi, per Cesare Fiorio arrivare secondo significa aver perso”. Vincere per insegnare che non esistono ostacoli insuperabili. Seguendo la filosofia paterna Cristiano dopo la biografia paterna ha un altro obiettivo da realizzare: “Vorrei creare la Fondazione Cesare Fiorio che tra le varie finalità avrebbe quella di sostenere i giovani che sognano un futuro nell’automobilismo. Allargare la base dal basso e supportare quelli che possiedono un talento ma che non hanno i mezzi economici per poter correre. Ragazzi ai quali mio padre incoraggiandoli per il futuro direbbe: “Tranquilli, siamo del mestiere”.