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Filosofia. Fedele ai principi ma con dialogo: la Chiesa secondo Dietrich Bonhoeffer

Giovanni Scarafile giovedì 28 dicembre 2023

Dietrich Bonhoeffer

«La Chiesa è l’infrazione del mondo mediante il miracolo». Sono parole di Dietrich Bonhoeffer, contenute nel volume L’essenza della chiesa, curato da Alberto Conci e tradotto da Andrea Aguti, pubblicato dall’editrice Queriniana (pagine 120, euro 13,00) in cui sono raccolte le lezioni tenute dal teologo tedesco nel semestre estivo del 1932. Del volume fa anche parte l’articolo del 1933, Che cos’è la Chiesa, tradotto da Marco Zanini. I temi affrontati sono molteplici: lo stile della chiesa nel mondo e nella cristianità, la presenza di Cristo nella Chiesa, la comunità che agisce, il sacerdozio universale e molti altri. Bonhoeffer osserva che «Il voler essere dappertutto della nostra chiesa ha come conseguenza il non essere da nessuna parte. Da afferrabile essa è divenuta inafferrabile!». In tale prospettiva, egli sembra enfatizzare che l’autenticità e l’efficacia della Chiesa derivino dalla sua capacità di mantenere una chiara identità e missione, resistendo alle pressioni di adattamento o conformismo. Tuttavia, in un altro passaggio, riflettendo sul “luogo proprio” della chiesa, Bonhoeffer sostiene che esso «non è concretamente individuabile. È il luogo del Cristo presente nel mondo. […]. Là dove nessun luogo umano può più dare fondamento alla chiesa, lì è il luogo della chiesa ». La Chiesa è, dunque, intesa primariamente come una realtà spirituale, definita dalla sua relazione con il divino. Il suo “luogo” è ovunque si manifesti la presenza di Cristo, attraverso atti di amore, giustizia, compassione e verità, enfatizzando l’incarnazione della chiesa nella vita quotidiana oltre le strutture istituzionali. La riflessione sulle parole di Bonhoeffer ci porta a interrogarci su una possibile contraddizione intrinseca: infatti, mentre egli sembra rimproverare la Chiesa per non aver consolidato una presenza tangibile e riconoscibile, contemporaneamente ne celebra la dimensione onnipresente e trascendente. In un altro passaggio, dedicato agli uomini di chiesa, Bonhoeffer osserva che essi «non posseggono una vitalità spirituale particolare, né una particolare forza creativa capace di plasmare il futuro, bensì sono piuttosto animati da un certo spirito di comodità». D’altro canto, aggiunge Bonhoeffer, «la chiesa è la comunione dei santi, di coloro che Dio ha liberato dalla solitudine, di coloro che appartengono gli uni altri». In queste analisi iniziamo a cogliere un particolare stile del teologo tedesco che, anche in ragione della specificità dello scritto destinato a lezioni universitarie, sviluppa l’argomentazione avvalendosi di più prospettive non sempre convergenti. Ciò che è importante è la visione di insieme che da quelle giustapposizioni emerge, come lui stesso chiarisce: «La chiesa “è” sempre simultaneamente ambedue le cose; chi vede solo una delle due, non vede la “Chiesa”». Uno stile del pensare che procede per giustapposizioni è destinato a porre in crisi il microscopismo selettivo che giunge a conclusioni generali isolando i dettagli rispetto all’insieme. Bonhoeffer adotta un pensiero che potremmo definire olografico, in cui ogni parte riflette il tutto, come in un ologramma. In questo modo, ogni frammento diventa essenziale, rinviando ad una visione completa dell’intero. È attraverso un simile approccio che egli può affrontare le antinomie, ovvero quelle contraddizioni apparenti o conflitti tra due principi o affermazioni che sembrano entrambi logicamente validi, ma che non possono coesistere senza generare una contraddizione. Pensare le antinomie richiede un’attitudine a superare la frammentarietà, per accogliere l’interdipendenza dei diversi aspetti della realtà, non limitandosi a risolvere le contraddizioni in modo superficiale, ma cercando di comprendere come possano coesistere in una visione più ampia e complessa. Le riflessioni di Bonhoeffer, sebbene concepite quasi un secolo fa, assumono un’urgenza particolare nel nostro tempo, caratterizzato dalla polarizzazione delle opinioni in maniera binaria - “mi piace” o “non mi piace”. Ecco che le parole del teologo, in fondo, interpellano anche noi ogni volta che, invece di aprirci all’inedito, preferiamo assumere posture argomentative contrastive per difendere posizioni parziali, rinserrando i ranghi in appartenenze non sempre veritiere. Le parole di Bonhoeffer ci ricordano l’importanza vitale di resistere a questa tendenza, invitandoci a una pratica di fede e di comunicazione che sia meno reattiva e più aperta al riconoscimento del valore delle posizioni altrui. Accogliere le antinomie, per Bonhoeffer come per noi, non significa abbandonare i principi fondamentali, ma comprendere le loro sfumature, arricchendo così la nostra comprensione. Siamo così invitati a un pensiero fedele ai principi, ma aperto al dialogo e alla sintesi per una visione più completa della realtà. Bonhoeffer pone la Chiesa di fronte a una scelta tra «retrovie dei principi» e il coraggioso «arrischiare il comandamento» dell’amore. Queste opzioni, osservate attraverso il pensiero olografico, si rivelano non come una mera contrapposizione, ma come un’integrazione delle due vie, riflettendo il mistero della fede. La chiamata di Bonhoeffer non è a una scelta tra due alternative, ma a una comprensione più profonda che trascende le dualità apparenti, chiedendo alla Chiesa di essere tanto radicata quanto diffusa, tanto eterna quanto quotidiana, incarnando così il miracolo della presenza trasformante di Dio nel mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA