Atletica. La corsa infinita di Allyson Felix
La signorina dalle treccine scure l’ha combinata grossa, anche senza vincere. Allyson Felix ha corso il giro di pista meglio rispetto a Shaunae Miller, ma due rivali inaspettate alla vigilia le hanno messo il busto davanti. Finisce quindi che la statunitense batte la bahamense, ma deve accontentarsi solo del bronzo. Il giro della morte non perdona, i 400 vanno interpretati alla perfezione, centellinando le energie. Così non ha fatto Shaunae Miller, in testa fino ai 380 metri e poi impallatasi negli ultimi 20 metri per un problema muscolare. La rivincita dopo la beffa di Rio era servita su un piatto d’argento, ma la Felix non ne ha approfittato, acciuffando solo il bronzo. Dopo la corsa Allyson non cerca scuse («La pioggia non ha influito sulla mia gara»), ma cominciando a parlare da delusa («Non posso mentire, volevo l’oro») finisce per trasformarsi in felice e contenta: «I miei campionati non sono ancora finiti, quindi continuo a pensare positivo. Certo, la gara individuale è la più importante, ma anche alle staffette tengo molto». Zitta zitta la Felix si è già impadronita di un record: col bronzo ha infatti raggiunto Merlene Ottey e Usain Bolt a quota 14 medaglie iridate (nove ori, tre argenti e due bronzi), ma mentre il Lampo avrà una sola carta per migliorare il bottino, l’americana disputerà sia la 4x100 che la 4x400.
Domenica sera potrebbe essere la plurimedagliata di sempre in un Mondiale. Niente male per questa trentaduenne californiana, figlia di un pastore evangelico docente di Nuovo Testamento al Seminario di Sun Valley, che a fine gara dispensa due pillole. La prima, non ha alcuna intenzione di ritirarsi: «Mi sento ancora bene e penso di non avere ancora dato tutto, sono pertanto entusiasta di andare avanti fino a Tokyo 2020». La seconda, l’abilità nella corsa è per lei un dono di Dio: «La mia fede è la ragione per cui corro. Avverto di avere ricevuto un dono straordinario da Dio e cerco di usarlo al meglio delle mie capacità». Di strada Allyson ne ha fatto davvero tanta, sia da sola sia in compagnia. Senza le staffette il suo palmarès sarebbe infatti striminzito.
Ai Giochi olimpici ha vinto sei ori, ma solo uno individuale. Ai Mondiali ne ha conquistati nove, ben cinque ricevendo e passando il testimone. Una duecentista, convertitasi ai 400 che rischia di essere ricordata come la staffettista per tutte le distanze. D’altronde la discrezione l’accompagna sin da quando si è affacciata sulla ribalta globale. Erano i Giochi di Atene del 2004 e la neanche ventunenne californiana si rivestiva d’argento nei 200. L’anno dopo a Helsinki conquistava il primo Mondiale sui 200, facendo parlare anche per la sua relazione con Justin Gatlin. Un connubio amoroso durato poco, con lui che finisce nella rete del doping e lei, nel frattempo diventata la fidanzata dell’ostacolista Kenneth Ferguson (suo attuale partner), paladina dell’antidoping.
Allenata da Bob Kersee e gestita dal fratello Wes, Allyson fu beffata due volte l’anno passato dalle tuffatrici Shaunae Miller e Jenna Prandini: la prima le tolse l’oro olimpico a Rio, la seconda la possibilità di disputare i 200 ai Giochi relegandola al quarto posto ai Trials di Eugene. Eppure Allyson non fece una piega. Testa bassa e pedalare, sgobbare da sola e in compagnia. Domani la 4x100, il giorno dopo la 4x400 per chiudere il Mondiale in bellezza e issarsi in cima alla classifica. Non avrà l’entusiasmo di Bolt, ma la timida Allyson potrebbe mettersi al collo più medaglie del Lampo.