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IL CASO. Editori alla riscossa, il Sud volta pagina

Alessandro Zaccuri martedì 19 giugno 2012
​Chiedete a don Procolo, che di editoria e Meridione se ne intende. Per incontralo basta scorrere le pagine del racconto Memorie di un venditore di libri (Marsilio), in cui Antonio Franchini si è divertito a ripercorrere epica e magagne di un mercato che, sotto la fatidica «linea della palma», fatica da sempre a decollare. Ne sono consapevoli gli organizzatori di «Trame», il festival di libri sulle mafie in svolgimento da domani a domenica a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro. Con il sostegno dell’Associazione italiana editori, hanno deciso di lanciare «Trame di carta», un workshop per «immaginare l’editoria e la libreria al Sud» riservato a studenti universitari del Meridione (per informazioni www.tramefestival.it). Tre giornate, da giovedì a sabato, per capire come si pensa, si costruisce e si distribuisce un “prodotto” che al Sud stenta da sempre a imporsi. Anche i dati più recenti sono implacabili nel sottolineare il divario fra il Trentino (dove il 57,9% degli abitanti ha letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi) e la Campania (dove la percentuale si arresta al 29,8%). In lievissima ripresa, con il 31,6%, troviamo la Calabria, la regione che ospita «Trame» e nella quale affondano le radici dello scrittore Carmine Abate, finalista al Campiello con La collina del vento (Mondadori). «Vivo e lavoro in Trentino – spiega Abate –, ma trascorro l’estate nel mio paese natale, Carfizzi, e posso dire che le differenze non si misurano in termini di vivacità culturale. Anzi, di recente ho avuto modo di registrare un indubbio risveglio di iniziative nelle regioni del Sud. I lettori, anche se lentamente, stanno aumentando, così come si moltiplicano gli scrittori nati in Meridione e che del Meridione si occupano nei loro libri». Sì, ma il distacco allora da dove viene? «A pesare di più – suggerisce Abate – sono alcune condizioni strutturali. Se ne potrebbero indicare diverse: il fatto che un editore del Nord è inserito in una dimensione europea, per esempio, oppure l’esistenza di aree compatte dal punto di vista commerciale. Penso al mercato del Triveneto, capace di generare piccoli best seller. Dal mio punto di vista, è decisivo il ruolo delle biblioteche. Il Trentino si è dotato da tempo di un eccellente sistema interbibliotecario e non è un caso, credo, che i lettori più forti abitino proprio da queste parti».Aggiunge altre valutazioni Stefano De Matteis, fondatore nel 1998 dell’Ancora del Mediterraneo, la casa editrice napoletana che in seguito ha raddoppiato la sfida con il lancio di Cargo, sigla dedicata esclusivamente alla narrativa. «Prima di mettermi in proprio ho lavorato per quindici anni nell’editoria milanese – ricorda De Matteis – e sì, le differenze ci sono. Alcune riguardano l’organizzazione interna, che al Sud è penalizzata dalla carenza di alcuni “mestieri del libro” (dal correttore di bozze al responsabile commerciale) indispensabili per il buon funzionamento di un’impresa. Un ostacolo molto serio è costituito inoltre dalle caratteristiche del mercato librario meridionale, poco ricettivo anche rispetto ai titoli che più dovrebbero risultare interessanti. Mi permetto di citare un caso che mi riguarda da vicino: nel nostro catalogo occupano un posto importante gli scritti di uno dei maggiori meridionalisti del Novecento, Manlio Rossi-Doria. Un’avventura che abbiamo intrapreso con entusiasmo, ma che ha avuto scarsa rispondenza. Anche al Sud, purtroppo».Più ottimista, almeno in parte, Florindo Rubbettino, oggi a capo del gruppo editoriale nato quarant’anni fa dall’intuizione del padre Rosario. Coinvolto direttamente nel progetto «Trame di carta» («Il momento conclusivo del workshop si svolgerà nella nostra sede di Soveria Mannelli», sottolinea), Rubbettino rivendica l’importanza di un disegno culturale preciso: «In campo editorale – afferma – è proprio la coerenza della proposta a costituire l’elemento distintivo. Troppo spesso gli editori del Sud sono condizionati dal timore di operare in condizioni di marginalità, che tra l’altro negli ultimi tempi, con la crisi complessiva del mercato librario, si sono in parte attenuate. È vero, gli elementi di disparità rispetto al resto del Paese esistono, ma si superano soltanto mettendo in rete esperienze e competenze, evitando cioè di rinchiudersi in una dimensione esclusivamente locale. Che magari garantisce qualche introito nell’immediato, ma non riesce a creare vere abitudini di lettura. Le opportunità ci sono e la stessa rivoluzione digitale le sta moltiplicando sotto i nostri occhi. Ma perché tutto questo abbia senso occorre investire su una nuova generazione di lettori, più assidua e appassionata rispetto a quelle che l’hanno preceduta». Ma anche su questo, in fondo, bisognerebbe sentire don Procolo.