«Il Sud del mondo vive oggi una storica rinascita identitaria di cui l’Occidente non si è ancora accorto. Essa genera grandi speranze, ma occorre evitare che si trasformi in follia, tribalismo, terrorismo». È la diagnosi che il sociologo svizzero Jean Ziegler presenta nel suo ultimo saggio
La haine dell’Occident («L’odio dell’Occidente», Albin Michel), presto edito anche in Italia. Relatore speciale dell’Onu per il diritto all’alimentazione dal 2001 al 2008, oggi al Consiglio dei diritti dell’uomo, Ziegler s’interessa da decenni ai rapporti Nord-Sud.
Il suo saggio ha titolo provocatorio. Perché? «Tutto parte da una constatazione. La stessa sofferenza ha prodotto due tipi d’odio verso l’Occidente. L’odio terrorista mostruoso, cinico, spaventoso, senza scusanti. Ma anche un altro odio che analizzo nel libro, un odio più ragionato ed esteso a livello sociale. Lo stesso, ad esempio, che ha portato al potere personalità come Evo Morales in Bolivia».
Ma il populismo anti-occidentale è davvero nuovo? «Non si tratta solo di questo, anche se esistono in effetti derive demagogiche. Prendiamo un altro esempio. Nel dicembre 2007, il presidente francese Nicolas Sarkozy compie il suo primo viaggio in Algeria per negoziare accordi petroliferi. Le delegazioni dei due Paesi si siedono a un tavolo, ma ancor prima di cominciare le discussioni, il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika chiede all’improvviso delle scuse per Sétif, ovvero per il massacro che l’esercito francese commise l’8 maggio 1945, provocando la morte di 42 mila algerini non armati. Sarkozy replica di non essere giunto per la nostalgia. E Bouteflika, allora, risponde che la memoria viene prima degli affari. Vi è in ciò qualcosa di radicalmente nuovo. Viviamo nell’epoca di una misteriosa resurrezione della memoria. Elie Wiesel ricorda, a proposito dell’Olocausto, che sono occorse quasi tre generazioni prima che esso riemergesse a livello cosciente. Analogamente, quando un popolo riceve lo choc terribile del colonialismo o della schiavitù, non può razionalizzarlo subito. La generazione dei figli tace imitando i padri. Solo dalla terza generazione, comincia il lavoro cosciente».
Verso cosa si concentra questo colpo di coda della memoria? «Vi sono due temi privilegiati, la deportazione schiavista durata tre secoli e mezzo e il colonialismo, distante nel tempo appena due generazioni, almeno nel caso africano. Quando emerge, questo bisogno misterioso ma forte di memoria può concretizzarsi in una rivendicazione di riparazione o nella richiesta di un pentimento».
Ma fino a che punto questo bisogno proviene davvero dalle popolazioni? «Ogni 5 secondi, un bambino sotto i 10 anni muore di fame. Dobbiamo riconoscere che è un assassinio. Quasi un miliardo di persone sono costantemente denutrite. È stato lo scrittore nigeriano Wole Soyinka a parlare di una 'filiazione abominevole' per descrivere il dominio negli ultimi 5 secoli di pochi Stati sull’intero pianeta. E ancor oggi, come lui, tanti leader d’opinione e intellettuali vedono nell’attuale sistema finanziario globale un prolungamento della tratta triangolare e del colonialismo».
Ma molti Paesi del Sud sono guidati da governi a dir poco discutibili. Perché dare all’Occidente le responsabilità di tutti i mali? «C’è un odio anche contro una certa occidentalizzazione delle élite dei Paesi poveri. Fra gli uomini più ricchi che abitano a Londra, il primo inglese arriva al nono posto, preceduto da nababbi indiani, cinesi, sauditi. Queste oligarchie della periferia sono integrate nel sistema globale occidentalizzato, adottandone lo stile di vita e praticando le stesse strategie di sfruttamento della povertà».
Promossa dall’Occidente, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo ha 60 anni, ma il Nobel Rigoberta Menchù dichiara che essa resta un’utopia. Che ne pensa? «Credo che i diritti dell’uomo soffrano oggi della doppiezza dell’Occidente. L’ho detto al Consiglio dei diritti dell’uomo, la terza istanza dell’Onu. Quando gli ambasciatori occidentali fanno la morale sui diritti umani all’Africa a proposito del caso di Robert Mugabe, il presidente dello Zimbabwe che è effettivamente un criminale, questa lezione è però ormai totalmente inaccettabile per un ambasciatore africano, asiatico o arabo. E questo, a causa della guerra preventiva in Iraq, di Guantanamo e di tante altre violazioni quotidiane occidentali dei diritti umani. Lo stesso vale per i discorsi sul diritto all’alimentazione degli ambasciatori europei all’Onu, quando al contempo l’Unione europea incentiva la fame in Africa attraverso il proprio dumping agricolo e le sovvenzioni all’esportazione, distruggendo così le produzioni locali africane».
La crisi economica attuale rischia di acuire i divari Nord-Sud. Eppure, ogni giorno, nascono anche nuovi ponti di cooperazione… «La solidarietà mi pare proprio la chiave di ogni speranza. In Occidente, la crisi potrebbe anche far riflettere sempre più persone sulla realtà del mondo di oggi. La solidarietà col Sud è la sola via per la costruzione di un mondo giusto. E solo ciò potrà impedire che gli attuali imponenti movimenti sociali nel Sud, fondati sull’identità, generino in futuro veleno e tribalismo distruttivo». America Latina, Uruguay. Centinaia di persone si accalcano per una distribuzione di cibo Jean Ziegler