La storia. Fadi Al-Deeb, da Gaza a Parigi: «Ho superato ogni ostacolo»
Il pesista paralimpico Fadi Al-Deeb
«Essere alle Paralimpiadi vuol dire dimostrare che a Gaza non ci sono solo sangue e distruzione, ma che c'è vita e che noi abbiamo dei sogni». Fadi Al-Deeb, 40 anni il 1 settembre, pesista, è il portabandiera e unico rappresentante della Palestina ai Giochi paralimpici di Parigi 2024. Viene da Gaza, dove vive la sua famiglia, a partire da sua moglie e dalle sue tre figlie. Lì, nel quartiere di Shejaiya, nella parte orientale della città, è cominciato il suo amore per lo sport. «A scuola il mio professore era un arbitro internazionale – ricorda Fadi da Parigi – ci ha insegnato a giocare a vari sport, calcio, basket e pallavolo». «Quello su cui mi ero concentrato era il volley – prosegue – volevo diventare un giocatore professionista e a 17 anni mi allenavo con la nazionale palestinese»
La vita dell’atleta di Gaza cambia nell’ottobre 2001, quando durante la Seconda Intifada Fadi viene ferito durante gli scontri e perde l’uso delle gambe. «Quello che è successo per me non è stato la fine della mia vita – dice l'atleta che a Parigi gareggerà nella categoria F55 riservata a persone con lesioni midollari – ma l’inizio di una nuova». Al-Deeb infatti ha continuato a praticare sport, dopo essere stato costretto su una sedia a rotelle. «Ho iniziato con il tennistavolo – racconta – poi mi sono dedicato alla pallacanestro in carrozzina e dal 2007 all’atletica, lancio del giavellotto, del disco e del peso». Una decisione, quella di gareggiare nell’atletica, legata a diversi fattori. «Prima di tutto – spiega il quasi 40enne – è dipeso dalle mie caratteristiche e dalle mie capacità fisiche. In più l'atletica paralimpica è una disciplina individuale, è poco costosa e consente a chi la pratica a Gaza di poter uscire per competere».
Fadi fuori dalla Striscia ci vive dal 2016, grazie al suo talento nel wheelchair basketball. «Ho giocato per più stagioni in Turchia come cestista professionista – racconta il primo palestinese a giocare in Europa da “pro” nel basket in carrozzina e che ha anche il patentino da allenatore – poi sono stato in Grecia e ora sono al secondo anno in Francia». Nonostante viva all’estero Fadi non ha dimenticato le condizioni in cui lui e molti atleti di Gaza hanno iniziato a coltivare i loro sogni. «La nostra vita sportiva e i nostri problemi non sono cominciati il 7 ottobre – afferma – li abbiamo fin da quando siamo nati. Non c'erano materiali, a volte non c'erano strutture. Ci allenavamo per strada e con le regole di sicurezza era pericoloso possedere oggetti come pesi, dischi e giavellotti, così usavamo quello che trovavamo metallo, pietre». In più spesso c'era il problema delle gare – aggiunge – ci preparavamo tantissimo e poi capitava che non ci veniva dato il permesso di uscire dalla Striscia per competere». Il pesista però ora è riuscito ad arrivare ai Giochi di Parigi, i primi della sua carriera. «Da quando ho avuto la conferma della mia partecipazione (a fine luglio ndr) – racconta il pesista che si è sostenuto economicamente da solo durante la preparazione – mi sono allenato due volte al giorno, mattina e sera. Purtroppo non ho avuto gli spazi per lanciare il peso, se non qualche giorno prima dell’inizio delle gare».
Un percorso verso le Paralimpiadi segnato da quello che sta succedendo a Gaza. «I miei sentimenti sono più difficili da esprimere rispetto a quelli di qualunque altro cittadino palestinese – racconta Al-Deeb, che ha perso nel conflitto numerosi membri della sua famiglia, tra cui suo fratello – come faccio a mangiare e ad andare a dormire pensando che la mia famiglia fa fatica a trovare cibo o un luogo sicuro dove stare? Tutte le volte che ricevo una notifica ho paura che mi dicano che ho perso qualcuno della mia famiglia. A volte ti odi e vorresti piangere, ma metti da parte i tuoi sentimenti e continui a fare perché hai una grande responsabilità, quella di rappresentare la Palestina». Quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza – precisa – «non è guerra, è un genocidio. Tutti sono dei bersagli, non c'è differenza tra sportivi, medici, ingegneri e bambini, non ci sono distinzioni tra ospedali, scuole o case. Dal 7 ottobre sono stati uccisi 400 sportivi, immaginate se questo fosse successo in un qualsiasi Paese europeo?». Per le condizioni in cui si è preparato e per le difficoltà del suo percorso per Fadi Al-Deeb a Parigi l'obiettivo va al di là del risultato. «Qui non si tratta di medaglie – conclude l'atleta di Gaza – andare in pedana e di sventolare la bandiera palestinese è un successo». Un'occasione per dimostrare che tra le macerie lo sport c'è. E regala speranze.