Un Darwin 'teista' (il quale, cioè, afferma l’esistenza della divinità ed esclude che l’universo possa essersi formato per caso) e un Galileo di sicura, sentita fede cristiana, sono due fra gli input forti che animeranno il dibattito sui due grandi scienziati, di cui ricorrono quest’anno gli anniversari ( 400 anni dalle prime osservazioni galileiane con il cannocchiale e 150 anni dalla pubblicazione della darwiniana Origine delle specie). Giuseppe Tanzella-Nitti, ordinario di Teologia fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma, professore invitato alla Pontificia Università Gregoriana, nella specializzazione Scienze e Filosofia, partecipa attivamente a questo diattito e ieri è intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del mega- convegno della Gregoriana sull’evoluzione. Inoltre, per tutto il 2009, il Portale di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede, da lui diretto, dedicherà numerosi ' speciali' a Galileo e Darwin. Tanzella-Nitti è stato astronomo in équipe di punta e dal 1987 veste l’abito talare.
Professore, quali effetti hanno avuto le scoperte di Galileo e Darwin sulla cultura, sulla filosofia e sulla stessa religione? Queste due rivoluzioni della conoscenza come si collegano con i profondi interrogativi che l’uomo porta dentro di sé? «A prima vista, l’effetto delle nuove prospettive offerteci da questi due scienziati – confinare la Terra in una posizione periferica e legare l’essere umano all’evoluzione biologica delle altre specie animali – sembra quello di aver tolto centralità e privilegi al genere umano, e alla sua storia. È innegabile che questa lettura abbia influenzato sia la filosofia sia la religione, che centrano la loro riflessione proprio sulle domande esistenziali dell’essere umano e (nel caso della Rivelazione ebraico- cristiana), sulla sua realtà di creatura immagine di Dio. Eppure, a ben vedere, né per Galileo né per Darwin questo decentramento cosmologico o biologico significò una svalutazione dell’essere umano e delle sue domande religiose. Non fu così per il cattolico Galileo, la cui sincera adesione alla fede cristiana è fuor di dubbio, e non fu così neanche per l’agnostico Darwin. Quest’ultimo mantenne sempre una posizione rispettosa verso la religione. Per lui, l’esistenza di Dio è 'un tema che va ben al di là dell’orizzonte dell’intelletto umano', come ebbe a scrivere nel 1873 al professor Doedes dell’università di Utrecht: "L’impossibilità di concepire che quest’universo grandioso e meraviglioso, con i nostri sé coscienti, sia scaturito per caso, a me pare l’argomento principe a favore dell’esistenza di Dio". Proprio dall’esame delle numerose lettere di Darwin, recentemente messe a disposizione in forma digitale dal Darwin Correspondence Project, si evince la figura di un Darwin a tratti perfino teista. Di alcune di queste lettere il Portale di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede offrirà a marzo una traduzione italiana: i lettori vi troveranno un Darwin inedito, diverso da come lo si dipinge di solito».
Sul sistema copernicano, sostenuto da Galileo, le riserve caddero presto. Sull’evoluzione, pur accettata da tutti in linea generale, persistono invece divergenze: i meccanismi messi in luce da Darwin sono in grado di spiegare completamente l’origine e lo sviluppo di tutte le forme di vita? «Fra i biologi esiste ancora una certa discussione: l’evoluzione è dovuta unicamente alla selezione naturale ( sopravvivenza del più adatto) oppure dipende dall’esplicarsi di funzioni e processi interni ai viventi? Dipende solo da errori di trascrizione nella trasmissione del Dna oppure dall’attivazione di porzioni del codice genetico che, fino a poco tempo fa, si ritenevano ridondanti? I meccanismi darwiniani, che privilegiano l’aleatorietà e la conflittualità, sono certamente attivi, ma assai probabilmente non sono gli unici. Il dibattito dei biologi sul valore dei singoli meccanismi interessa anche a noi teologi. Si tratta infatti di capire che cosa, a partire da essi, si potrebbe dedurre sul piano filosofico, per suggerire poi quali strategie impiegare per comporre creazione ed evoluzione».
Come definire l’evoluzione, vista dal credente? «L’evoluzione, in fondo, è il modo in cui Dio crea. L’idea di evoluzione è di casa nella teologia cristiana. Affinchè il cosmo e la vita evolvano è necessaria una quantità positiva di informazione. Non credo sia possibile un’evoluzione biologica in un mondo materialista, senza informazione, senza direzione, senza progetto».
Guardando indietro con Darwin lungo la storia della vita, che cosa possiamo scoprire circa il futuro dell’umanità? «Credo che Darwin sia stato bravo a farci leggere il passato, ma non lo invocherei troppo come profeta di scenari futuri. L’evoluzione biologica dell’essere umano pare fermarsi proprio con il sorgere della libertà e della cultura. A dirci cosa attende l’umanità sarà l’impiego della nostra libertà che, grazie a Dio, ci muove anche alla cooperazione, alla solidarietà e perfino alla carità verso i nostri nemici, non solo alla lotta per la sopravvivenza, come accade per le altre specie».
In quest’anno di grandi ricorrenze scientifiche, gli scienziati, gli storici, i filosofi e i mass media si sono guardati dalla tentazione di contrapporre il progresso della scienza alla ' resistenza' della Chiesa, secondo un cliché convenzionale? «Temo che questa contrapposizione sarà riproposta in diverse sedi, non soltanto perché è un luogo comune (e come tale sopravviverà a lungo), ma anche perché l’opinione pubblica, per interessarsi a una tematica, ha bisogno del dibattito e del contraddittorio. Dire che la teologia cristiana ha fornito l’humus culturale e filosofico per la nascita delle scienze non interessa quasi a nessuno, mentre dire, in modo impertinente, che scienza e teologia sono eternamente in lotta, o che il cristianesimo è irrazionale, fa vendere i libri…».