In un’Europa così eterogenea e divisa quasi su tutto ci si domanda se, nel campo dei libri, esista qualche legame o punto di raccordo che – nelle politiche e nelle strategie, oltreché nelle sfide e nei problemi – accomuni le editorie dei vari Paesi. Naturalmente, non si possono fare confronti in termini assoluti tra un mercato editoriale e un altro, considerata non solo l’entità della popolazione, il livello di istruzione, i contesti economici e sociali diversi, ma anche la differente situazione istituzionale, editoriale e distributiva in cui operano le singole case editrici. Ogni editoria nazionale è, in sostanza, un mondo a sé e – per quanto possa raggiungere i mercati esteri attraverso la cessione di diritti, le coedizioni e le coproduzioni, o la vendita di libri scritti in lingue molto diffuse (come l’inglese o lo spagnolo) – vive quasi esclusivamente del proprio mercato interno.Al di là del quadro complessivo vasto e composito, l’Europa del libro si presenta nel suo insieme una realtà di assoluto rilievo: per offerta editoriale (oltre 500.000 novità all’anno e circa 9 milioni di titoli in commercio), per mercato (22,5 miliardi di euro) e numero di addetti a tempo pieno (130.000). Alcuni Paesi europei (Germania, Francia, Regno Unito) figurano tra l’altro tra i primi sei mercati editoriali del mondo, certo ben lontani dagli Stati Uniti che guidano la classifica con il 26% di quota di mercato, ma comunque in una posizione di tutto rispetto (terzo, quinto e sesto posto). Aggiungendo poi al gruppo altri due Paesi importanti come Italia e Spagna, si allarga il contributo dell’Europa al
ranking mondiale, e questo spiega anche la preminenza del libro nell’ambito dei consumi di beni culturali e di intrattenimento, ancora prima cioè di cinema, giornali, videogiochi, musica, eccetera.Per quanto l’acquisto di e-book aumenti in modo consistente nei vari Paesi – anche se già con qualche rallentamento nell’ultimo anno nel tasso di crescita –, la sua incidenza a valore sul mercato totale del libro è ancora in Europa (salvo che nel Regno Unito) ancora molto bassa (dall’1 al 5%). Segno che il libro fisico può essere soppiantato dalle tecnologie digitali – come già accade – nei settori a più rapida obsolescenza informativa e documentaria o per determinate opere non più economicamente sostenibili a stampa; può essere utilmente affiancato dai nuovi strumenti in alcuni specifici ambiti (la scolastica e i ragazzi, ad esempio), ma non è destinato, né a breve né a medio termine, ad essere relegato in qualche angolo dei magazzini della memoria. Qual è allora lo scenario che si presenterà all’Europa nei prossimi anni, anche alla luce dei pesanti effetti della crisi, che tuttora persistono nell’editoria e che tutt’al più vedono qualche simbolico segnale di ripresa (come lo 0,1% in Germania nel 2013)? Penso che, finalmente usciti dal tunnel, si debba prendere atto che anche nell’editoria niente è più come prima. Non solo perché tutto sta cambiando nel mondo digitale e perché oltretutto gli editori non sono più i soli a governare il mercato del libro. Con loro, o contro di loro, ci sono i gestori di piattaforme e grandi basi-dati; ci sono i
social networks, che aggregano per gusti, tendenze e narcisismi di massa milioni di persone, e possono quindi decretare in un lampo il successo di un libro fisico, di un e-book o di un qualsiasi altro prodotto editoriale; ci sono gli scrittori, veri o presunti, che si riappropriano in rete della loro libertà creativa, senza subire i vincoli e le scelte di altri, diventando anche i possibili gestori dei loro diritti d’autore. Di conseguenza, anche se c’è sempre qualcuno a dominare la partita, il gioco sulla scena editoriale è condotto oggi da vari attori, di anno in anno sempre più numerosi.In conclusione, nell’epoca della complessità e sotto la pressione di una concorrenza molto agguerrita, per le imprese c’è sì bisogno di trovare all’esterno un sistema Paese efficiente sul quale fare affidamento, ma ciascuno deve anche pensare in proprio in quale modo varcare le nuove frontiere. Certo è che questo viaggio mentale e operativo verso uno sviluppo editoriale più solido dovrà tradursi in una capacità innovativa ad ampio raggio: da non intendere, quindi, soltanto in senso tecnologico come ammodernamento di impianti e strumenti, creazione di alleanze strategiche, lancio di nuovi prodotti di largo consumo, espansione e perfezionamento tecnico-commerciale nei settori emergenti (e-book, commercio on-line, stampa digitale...). Ma da concepire anche come innovazione di linee e formule editoriali, tecniche pubblicitarie e promozionali, procedure distributive e commerciali, relazioni con la clientela, creazione di informazioni e servizi... Insomma, un’innovazione radicale, destinata a diventare un passaggio obbligato per tutti.<+RIPRODUZ_RIS>