Le metropoli sono punteggiate da grattacieli sempre più alti, meraviglie della tecnica che dominano sconfinati panorami urbani. Ma il cuore dei popoli batte ancora per le antiche architetture ecclesiastiche, che sono segno di identità e simbolo delle comunità. Tra queste, la Torre di Pisa, coi suoi ordini di archi sovrapposti e la sua tipica inclinazione – quasi un accenno di perplessità sulla durata delle umane glorie – è non solo l’araldo della propria città, ma una delle icone del nostro paese agli occhi del mondo. Per questo la conclusione del restauro delle sue superfici lapidee è un evento di primaria rilevanza, che porge il destro per convocare un convegno internazionale su 'La conservazione delle grandi Cattedrali europee. Esperienze a confronto', che si terrà proprio a Pisa domani e il 21 maggio, (Auditorium G. Toniolo, Piazza Arcivescovado: per informazioni Opera della Primaziale di Pisa, tel. 050835011, www.opapisa.it).Il restauro del campanile pisano è partito nel 2000 e ha interessato i quasi 25 mila conci che compongono le sue superfici, estese su un’area totale di oltre 7 mila metri quadrati. La squadra di sette restauratori ne ha ripulito centimetro per centimetro tutto l’interno e l’esterno, così da riportarla alla cromia originale. Per evitare di incidere sul continuo flusso di turisti che visitano il monumento, i lavori sulla scala elicoidale interna sono stati effettuati solo durante le ore notturne. Il mistero della sua pendenza è stato non del tutto, ma in gran parte chiarito: pare certo che la torre, alta 55 metri fuori terra, sia stata concepita come un edificio diritto e che il suo cedimento si sia manifestato sin dalle fasi iniziali della costruzione, a causa delle caratteristiche del terreno sottostante, attraversato a circa un metro di profondità da falde acquifere.L’opera di restauro delle superfici può apparire come qualcosa di poco conto: una specie di lavaggio come quello che si fa di quando in quando per l’automobile. Ma non è così: basti pensare che tutta l’operazione è durata dieci anni e costata circa 5 milioni e mezzo di euro. Dalle superfici lapidee infatti devono essere asportati gli acidi e i residui organici che vi si depositano soprattutto a causa dell’inquinamento atmosferico e che a lungo andare, oltre a scurirle, le erodono, minacciando in particolare fregi, ornamenti, bassorilievi. E la pulizia va realizzata in modo tale da non scalfire le pietre o i marmi: è un’opera di precisione chirurgica che richiede mani ferme, cognizione di causa, uso delle tecniche più appropriate. I lavori che hanno interessato la Torre pisana, d’altro canto, sono portati avanti in continuità su tutte le grandi basiliche, di tutta Europa, che di solito dispongono di cantieri permanenti, che spesso operano senza soluzione di continuità (è per esempio il caso del Duomo di Milano) con le fab- bricerie che hanno eretto queste monumentali architetture nel corso di secoli. Di qui la decisione di mettere a confronto diverse esperienze che riguardano la gestione di cantieri permanenti, che richiedono lavori specialistici e necessitano di finanziamenti appropriati.Guardare all’opera di questi cantieri significa osservare un percorso che continua ininterrotto dal Medioevo a oggi. Per esempio il Duomo di Colonia fu cominciato nel 1248, ma tra guerre e crisi di varia natura, la sua costruzione non è stata completata che alla fine del XIX secolo. L’antica origine delle fabbricerie rende a volte difficile inquadrarle nel contesto degli assetti giuridici contemporanei: esse infatti si occupano delle grandi cattedrali, ma non ne sono le proprietarie. La proprietà nel senso contemporaneo del termine resta fumosa, perché gli edifici nascono nel Medioevo come risultato di un’impresa corale promossa dai cittadini, ben prima che si costituissero gli Stati moderni con le loro organizzazioni. Nel convegno di Pisa si parla anche di questi problemi, oltre a quelli legati alla conservazione. Un contributo importante viene dall’esponente della Sagrada Familia barcellonese, Xavier Martinez, perché questa, pur non essendo cattedrale, ha un cantiere il cui funzionamento è in tutto identico a quello di una cattedrale medievale: ed è ancora in costruzione.Ogni cattedrale racconta una storia diversa, inestricabilmente connessa con le sorti del paese di appartenenza. Per esempio quella di St. John, concattedrale della Valletta (Malta) è intimamente legata all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, Rodi e Malta, le cui sepolture ne tappezzano la pavimentazione mentre le pareti recano importanti pitture italiane e arazzi fiamminghi. Come tutte le altre cattedrali, anche St. John è sempre di più meta di 'pellegrinaggi' turistici. Tale è anche l’Abbazia di Westminster, dove sono incoronati i re britannici: accoglie oltre un milione di visitatori all’anno che passano sul pavimento cosmatesco e dall’anno scorso dispone di un centro educativo i cui corsi sono stati seguiti già da 3500 studenti: come nel Medioevo, questi grandi luoghi di culto tornano a essere luoghi di scienza. Le altre cattedrali di cui si parla a Pisa sono San Pietro inVaticano, il Duomo di Milano, l’Abbazia di Mont-Saint-Michel, le Cattedrali di Burgos, Londra, Siviglia, Santiago de Compostela, Firenze, Aachen, Parigi, le basiliche di Braga, San Marco in Venezia: una panoramica sull’Europa del Medioevo e sulla sua continuità ai nostri giorni. La Sagrada Familia a Barcellona, ancora non completata La Torre di Pisa è stata appena restaurata: qui vengono smontati i ponteggi