Il caso. Eugenio, via da Sanremo ma non dalla Gioia
La band Eugenio in Via Di Gioia, ingiustamente eliminata alla prima serata di Sanremo
«Che porta ci ha aperto Sanremo? Quella dell’uscita. Abbiamo avuto il Festival più corto della storia». Possono permettersi di ridere i quattro della band Eugenio in Via di Gioia, nonostante siano stati eliminati immediatamente, primi ad esibirsi tra le nuove proposte e primi a uscire. «Siamo durati sette minuti, presentazione di Amadeus compresa», scherzano ancora. Possono permetterselo, appunto. Perché il loro brano Tsunami ti si pianta in testa e non ti molla più, trascinante nei ritmi e forte nei contenuti, tant’è che ieri gli “Eugenii”, come per brevità li chiamano i fan, hanno ricevuto in sala stampa il Premio di Assomusica «per l’originalità e la capacità di emozionare». Accanto a loro a ritirare lo stesso premio ha fatto irruzione Fiorello, che come sempre non si è tirato indietro, tra gag improvvisate e una Via Gluckcantata con loro. «Stasera è il mio giorno libero ma domani sarò con Tony Renis a cantare Quando quando, mi ha chiamato cento volte, è già in viaggio», annuncia. Poi racconta inarrestabile («è una forza d’urto, mi arrendo», apre le braccia il presidente di Assomusica Vincenzo Spera che non riesce a premiarli): «Mi ha detto Tony Renis che Frank Sinatra a Milano quando entrava nel suo ristorante preferito, il Santa Lucia, chiedeva a tutti “You know uanna uanna?”, che poi era Quando quando. Queste sono le canzoni italiane che ancora amano nel mondo». Gli “Eugenii” lo guardano incantati: avranno pure straperso il Festival, ma hanno appena duettato con Fiorello. «E chi lo avrebbe mai immaginato solo pochi mesi fa?», ci dicono dopo, presentandosi uno a uno: c’è il “capo” della band Eugenio Cesaro, studente universitario a Torino dove ha incontrato Emanuele Via, calabrese. Il terzo è Paolo Di Gioia, compagno di scuola alle superiori, e i tre cognomi danno il nome alla band. «Il quarto lo abbiamo incontrato per caso a Londra, suonava il contrabbasso a Piccadilly Circus davanti a 200 persone, artista di strada come noi. Si chiama Lorenzo ed è di Terni, siccome è arrivato per ultimo e non è nel nome della band, si è aggiudicato il titolo del nostro primo album, Lorenzo Federici. Spontanei ma non naif, sanno il fatto loro.
«A Sanremo siamo arrivati in treno, in bus e in bici – dice Eugenio – , il tema dell’ambiente è fondamentale e nel nostro piccolo diamo un contributo di piccole azioni quotidiane. Salire in sella con il freddo non era il massimo, ma poi ci siamo detti che gli olandesi lo fanno normalmente... Ho già avvertito gli altri, il ritorno si fa in bici». «Io prendo il treno» ribatte il ternano. «Io qui il monopattino elettrico » dice il torinese, «io e te partiamo in tandem così pedali tu» risolve il calabrese. Sempre in armonia ma mai all’unisono, perfettamente a tempo ma non monotoni, come quando cantano. Il loro Tsunami sprigiona energia, fa ballare e pensare, impossibile stare fermi: con i piedi e con la mente. Il ritornello è già un tormentone, «guarda lo tsunami che travolge la città, mentre tutto intorno affonda qui si balla»: dietro l’allegria la denuncia di un mondo spesso cinico e insensibile. In tanti oggi scommettono su di loro, in fondo anche big come Zucchero e Vasco Rossi agli esordi furono ultimi… «Sì, ma noi nemmeno ultimi, ci hanno buttati fuori prima – ironizza Emanuele – . Beati gli ultimi, è vero, ma noi siamo ultimissimi ». Sanno ciò che valgono, però, e se la porta che Sanremo ha aperto loro è quella dell’uscita, Lorenzo azzarda: «L’uscita di sicurezza, però. La sicurezza di tornare l’anno prossimo, chissà!». Nati sulle strade di Torino alla fine del 2012, già nel 2013 si aggiudicano il Premio Buscaglione, nel 2017 l’album Tutti su per terra (inteso come pianeta) supera subito gli 800mila ascolti. La scalata è inarrestabile, la loro faccia pulita non smette di trascinare e sorprendere, persino intrattenendo con un “live” i viaggiatori di un treno sulla tratta Torino-Roma in ritardo di sei ore. Finché la loro musica diventa azione: «Abbiamo pubblicato la piattaforma digitale “Lettera al Prossimo” con Federforeste, lanciando una raccolta fondi per ripiantare la foresta di abeti rossi di Paneveggio in Trentino, distrutta dalla tempesta Vaia. Noi quattro dando un euro al giorno ce l’avremmo fatta entro il 2050, un conto alla rovescia che i nostri fan hanno accorciato mandando un euro a testa: già nel maggio 2020 saremo tutti lì a piantare i mille abeti». Così entusiasti da dimenticare quella che per loro dovrebbe essere la notizia: «È appena uscito il nuovo disco Tsunamie a marzo partiamo col tour, Torino e Bologna sono già sold out». Addio agli studi, dunque? «Li abbiamo portati al termine. Ma ormai erano più che altro un alibi per i nostri genitori», sorridono, «non erano d’accordo che ci dessimo alla musica, così li abbiamo abituati pian piano dimostrando che anche con il canto si può vivere. Mitridatizzati a piccoli passi».