Intervista. Bertrand Piccard: «Esplorare significa pensare l'avvenire»
Lo psichiatra esploratore Bertrand Piccard
«La speranza in un mondo migliore si costruisce mostrando le soluzioni che esistono già. Questo significa essere realisti, ritrovando il gusto dell’azione e vincendo le paure ecologiche». In modo inedito, uno dei protagonisti dell’autunno culturale francese sarà un esploratore, lo psichiatra svizzero Bertrand Piccard, il primo uomo ad aver realizzato il giro del mondo senza scalo su un pallone, nel 1999, poi il primo su un aereo a propulsione solare, Solar Impulse, nel 2016. La Cité des Sciences inaugura la mostra “Ville de demain, une exploration en 1000+ solutions” (Le città domani, un’esplorazione in 1000 soluzioni e più, fino al 7 gennaio), curata dalla Fondazione Solar Impulse dello stesso Piccard. Erede di una celeberrima dinastia di scienziati-esploratori, «Campione del pianeta» dell’Onu, lo psichiatra si è lanciato da anni in un’inedita “impresa dei mille”, selezionando con la propria fondazione le 1000 soluzioni scientifiche e tecnologiche che permetteranno all’umanità di vincere la sfida ecologica.
Un concetto chiave della mostra è la crescita qualitativa. Cosa significa?
«Consiste nel cambiare narrazione su quanto stiamo vivendo. Finora, ha dominato la visione di un’ecologia costosa e che richiede sacrifici, ma non convince i leader politici ed economici. Per questo, cerco di mostrar loro che la transizione ecologica ha vantaggi non solo per l’ambiente, ma pure per lo sviluppo economico. Parlo di crescita qualitativa per opporla a quella quantitativa. Oggi, si alimenta l’economia con le quantità prodotte, il che genera spreco, inquinamento, cambiamento climatico. Ma si può fare diversamente con le nuove soluzioni efficienti che esistono, modernizzando infrastrutture, sistema energetico, costruzione edile, processi industriali».
Le imprese potranno divenire protagoniste di questo cambiamento?
«Possiedono la capacità per farlo. Per alcune, è una vocazione. Per altre, un po’ un obbligo. Ma tendenzialmente, sono spesso le imprese a proporre soluzioni utilizzabili, come evidenzia la mostra».
Nel titolo, c’è la parola “esplorazione”. Sta cominciando una nuova era di esplorazioni?
«Lo spero ed è ciò per cui mi batto. L’esplorazione non significa solo scoprire nuovi territori. Ma è pure un atteggiamento dello spirito umano con cui ci interessiamo a ciò che non conosciamo. Per andare più in là, far meglio o diversamente. Oggi, nell’ecologia, occorre evolvere, federare, entusiasmare, mostrare le soluzioni esistenti. Superare la paura, lo scoraggiamento, la disperazione. Mostrare quanto abbiamo per avanzare: soluzioni, imprese etiche, scopritori e idee. I giovani devono scoprire i mestieri d’avvenire nella transizione ecologica ed energetica, oggi a corto di manodopera».
Con il giro del mondo su un aereo solare, ha voluto suggerire pure che l’energia resta un orizzonte da esplorare?
«Sì, perché cominciamo appena a comprendere il ventaglio di fonti alternative. Certo, si parla del sole e del vento. Ma ve ne sono molte altre, come l’idroelettricità fluviale per i piccoli villaggi. O la geotermia. Il 99% del globo terrestre supera i 1.000 gradi. Perché non usiamo questo calore? Sono orizzonti appassionanti, ma la tecnica non basta. Si deve coinvolgere anche la politica per far evolvere le leggi».
C’è da stimolare pure un gusto nuovo dell’avvenire?
«Sì. Ciò che distrugge il mondo sono le abitudini, le certezze, l’agire senza porsi buone domande. Ma oggi, le soluzioni alternative esistono. Per utilizzarle, il mondo politico deve impegnarsi. La transizione ecologica rappresenta un vantaggio per tutti, anche per finanza e industria. Non voglio promuovere il capitalismo, ma parlare ai capitalisti in una lingua che comprendono».
C’è un’inerzia da superare?
«Nei secoli, c’è sempre stato chi pensava che non si potesse fare diversamente. Chi considerava impossibile volare su un aereo, comunicare via telefono, dotare tutti di computer. Da sempre, tantissimi diffondono idee false sul futuro. Ma oggi, possiamo tornare a uno spirito pionieristico, quello dell’esplorazione, al servizio dell’ecologia, mostrando che si può fare molto meglio. Oggi, inquiniamo perché impieghiamo un modello superato. Sprechiamo tre quarti dell’energia prodotta, la metà del cibo, o il 95% dei rifiuti senza comprendere che sono risorse. Ciò rovina l’ambiente e costa carissimo. In realtà, possiamo fare molto meglio con molte meno risorse. Ma dobbiamo saper parlare ai grandi in modo nuovo. A Stati Uniti, India, Cina, Brasile».
Molti giovani soffrono di ecoansia, spaventati dal futuro. Cosa vuol dire loro?
«Questo: quando sfilate in strada, non scandite “problemi, problemi, problemi”, ma “soluzioni, soluzioni, soluzioni”. La vostra generazione deve spandere la voglia di usare nuove soluzioni già disponibili. L’ecoansia nasce da un senso d’impotenza. Ai giovani, abbiamo fatto credere che non si può far nulla. Invece, è il momento per fare una montagna di cose, anche scegliendo mestieri davvero d’avvenire».
Lei ha scritto che, come esploratore, si è ispirato ai suoi sogni di bambino…
«I bambini non si appesantiscono con abitudini e certezze. Sanno sognare. Ma quando crescono, troppo spesso, i sogni svaniscono. Occorre ritrovare la forza dei sogni. Se ho fatto il giro del mondo in pallone e con un aereo solare, o se ho creato la mia fondazione, è per lasciare spazio ai sogni. Oggi, un sogno alla portata dell’umanità è una transizione ecologica rapida ed efficace per preservare l’abitabilità del pianeta».
Un cambiamento epocale si radica pure nella spiritualità?
«Sì. Ma penso che non sia sempre comprensibile per tutti. Trovo che la Laudato si’ di papa Francesco sia un magnifico invito al rispetto dell’ambiente, alla compassione, all’empatia e alla solidarietà. Ma probabilmente non raggiunge tutti. Molti restano nell’egoismo, nell’individualismo, nel profitto a breve scadenza. Queste persone hanno bisogno pure di un’altra visione dell’ecologia. Un’ecologia che genera profitti, opportunità, occupazione».