Filosofia. Ernst Cassirer e la modernità figlia dei Greci (ma non troppo)
Il filosofo Ernst Cassirer
Vedere nei Greci i precursori del pensiero moderno fu, per il filosofo tedesco della prima metà del Novecento Ernst Cassirer, ben più di una verità della storia della filosofia, dato che le sue lezioni del 1935-1942 sulla filosofia antica furono tenute in Inghilterra (Oxford) e in Usa (Università di Yale a New Haven-Connecticut) dopo le sue dimissioni dall’Università di Amburgo e la sua fuga dalla Germania all’indomani della presa hitleriana del potere nel gennaio 1933: una decisione che Cassirer, ebreo di lingua tedesca nato a Breslavia, condivise con altri ebrei tedeschi come Sigmund Freud, Albert Einstein, Leo Strauss, Hannah Arendt, Karl Popper.
Visse con la moglie a Oxford dal 1933 al 1935, poi a Göteborg (Svezia) e infine a New York dal 1941, dove morì il 13 aprile 1945. Rimaste finora manoscritte, le lezioni anglo-americane dell’autore della Filosofia delle forme simboliche, vengono adesso per la prima volta edite da Bompiani in traduzione italiana e con testo inglese a fronte (Sulla filosofia antica. Manoscritti delle lezioni inedite di Oxford 1935 e Yale 1942, pagine 974, euro 50,00): si tratta di una novità assoluta a livello mondiale, in quanto le lezioni sulla filosofia antica non sono state inserite nella recente raccolta dei manoscritti e dei testi postumi cassireriani uscita in Germania, a differenza delle lezioni del 1933-1937 su Natura e filosofia in Descartes, Leibniz e Spinoza, che invece compaiono in quella raccolta tedesca, proposte adesso da Morcelliana in prima traduzione italiana (Morcelliana, pagine 278, euro 24) e da leggere in parallelo agli scritti sulla filosofia antica.
Ricostruire la storia della filosofia antica serviva, per Cassirer, a comprendere che i pensatori greci come «classici del mondo» avevano insegnato all’umanità «a osservare il mondo da un punto di vista teoretico, a indagare le ragioni delle cose e a ricercare una spiegazione razionale dei fenomeni naturali e una teoria razionale dell’uomo». Erano quindi alla base di quel pensiero moderno al quale egli stesso, da neokantiano, sentiva di appartenere fin dai tempi della tesi di laurea del 1902 su Cartesio e Leibniz: pur essendo nato negli anni Settanta dell’Ottocento (quando Nietzsche si scagliava contro quello che considerava l’errore platonico dell’Occidente da Socrate a Marx, passando attraverso Cartesio, Kant ed Hegel) e scrivendo negli anni Trenta, quando Heidegger aveva già sostenuto, partendo da Nietzsche, che qualunque discorso sulla verità può avvenire solo nell’orizzonte della vita temporale.
La frase di Tucidide, secondo cui la storia è un possesso per sempre, doveva però applicarsi, per il filosofo di Breslavia, non solo alla filosofia antica, ma anche a quella moderna, nella misura in cui Cartesio, Spinoza, Leibniz e Kant erano ancora figli di quell’atteggiamento teoretico dei greci. Cassirer criticava infatti il sistema hegeliano, per il quale la realtà era non più un oggetto di conoscenza, ma lo sviluppo dell’idea: e proprio per non perdere l’approccio greco alla filosofia pensò che quest’ultima dovesse procedere a un nuovo «sistematico orientamento». Partendo da quegli elementi più semplici della realtà che sono (secondo la lezione di Galilei e di Cartesio) l’estensione e il moto, conoscibili dalla matematica, la filosofia, una volta assunta la matematica a proprio metodo, avrebbe dovuto progressivamente portare alla negazione della trascendenza, come si vede (pochi anni dopo Cartesio) già nel panteismo di Spinoza e anche in Leibniz. Quest’ultimo, nonostante la sua metafisica cristiana, il suo tentativo di conciliazione ecumenica tra le confessioni cristiane in Germania e il fatto che (pur luterano) stesse per diventare bibliotecario della Biblioteca Vaticana (elementi che lo facevano essere l’antitesi dell’ateo Spinoza), è visto da Cassirer come il razionalista assoluto che credeva nell’anima, ma in un’anima cartesiana, raggiunta cioè con la matematica: non a caso questa visione cartesiana dell’anima proposta da Leibniz non venne condivisa dal cattolico Bossuet (confessore di Luigi XIV di Francia) che ne proponeva un’altra, non cartesiana, perché non raggiunta con la matematica.
Insomma, per Cassirer, tutti (come occidentali) siamo stati (e siamo) figli dei greci, ma, quando siamo stati (e siamo) moderni, ciò è avvenuto e avviene sempre in modalità diverse: perché, com’è noto, la “cordata” moderna Cartesio-Spinoza-Leibniz-Kant non è quella iniziata da Bossuet (e proseguita in Vico, Herder, Rosmini, Newman).