Seicento. Francisco, il frate "matto" e i santi fragili
Il venerabile Francesco del Bambino Gesù (1544-1604)
Forse perché pensiamo ai santi come tanti Superman. Di fatto rischiamo di rimanere spiazzati nell’apprendere che molti di loro abbiano fatto i conti con impedimenti e fragilità. La santità non è infatti un talento dell’uomo, non dipende dalle nostre buone intenzioni e nemmeno dalle nostre qualità fisiche o intellettive. Parliamo di uomini e donne spesso “normalissimi” che hanno fatto cose eccezionali perché si sono lasciati “fare” da Dio. Per questo le biografie dei santi sembrano a volte trame da film o si prestano a narrazioni avvincenti. Un romanzo storico è anche Francisco. La vita del matto buono dei frati (edizioni Augh!, pagine 92, euro 12) che ripercorre la vicenda di un singolare religioso, dichiarato venerabile dalla Chiesa, vissuto in Spagna alla fine del Cinquecento e probabilmente affetto da autismo. È la diagnosi deduttiva suggerita dall’autrice Gabriella La Rovere - medico, giornalista e autrice di teatro - che si è basata su un volume redatto nel 1867 da un anonimo abate. Un libro trovato per caso, tradotto dal francese grazie alle monache benedettine dell’Abbazia Mater Ecclesiae dell’Isola di San Giulio. Al centro le peripezie di questo personaggio segnato da ragazzo dalla morte della madre e allontanato dal padre in seguito a un omicidio. Mandato a una vedova di Alcalá de Henares, troverà accoglienza presso l’ospedale di Antezana, gestito dai frati carmelitani. Per le sue “stranezze” ribattezzato “il matto buono dei frati”, riuscirà a superare angherie e dicerie sul suo conto trovando forza anche dal prodigioso colloquio con una statua di Gesù Bambino. E così molti malati e disperati troveranno aiuto e conforto proprio in quell’uomo che aveva così paura di essere trattato da “povero scemo”. Una serie di fatti inspiegabili attorno a Francisco gli creerà un alone di santità, ma a lui basterà realizzare il suo grande desiderio: prendere i voti religiosi. Sono diversi gli episodi narrati che trovano conferma nella biografia ufficiale dell’Ordine dei carmelitani scalzi.
L’identikit di Francisco rimanda infatti al venerabile Francesco del Bambino Gesù, nato a Villapalacios (Albacete) nel 1544 e morto a Madrid nel 1604. Faceva il pastore ed ebbe effettivamente una giovinezza difficile. Così come rifulse la sua carità, accompagnata da miracoli, all’ospedale di Antezana. La sua devozione per Gesù Bambino gli valse il nome di Francisco del Niño Jesús che mantenne anche da religioso. Ma così veniva chiamato anche dai re di Spagna che lo amavano e veneravano. Dopo la professione solenne nel 1598 fu mandato a Valencia, città che salvò anche dalla peste: qui fondò la casa di San Gregorio per le convertite e istituì una “dogana di Gesù Bambino”, un magazzino per i suoi poveri. La gente lo seguiva ovunque ma i superiori non vedevano bene la sua popolarità: da Madrid fu relegato nello sperduto noviziato di Pastrana e poi nel deserto di Bolarque, prima di tornare a Madrid dove morirà proprio durante le feste del suo Bambino Gesù. Il 1 gennaio 1769 venne promulgato il decreto sulle virtù eroiche. Ora però il romanzo ipotizzando una neurodiversità di Francisco costringe a riflettere. Oggi l’autismo interessa bambini e adulti che in passato venivano spesso maltrattati.
E ci sono stati anche diversi santi che hanno lottato con disturbi simili o altre fragilità. Si tramanda per esempio che anche san Giuseppe da Copertino (1603-1663) venisse apostrofato come “ idioto”, nel senso di buono a nulla: goffo e spesso imbambolato e distratto (chiamato anche “Boccaperta”), per le sue visioni e i suoi scatti collerici improvvisi veniva ridicolizzato da tutti. Ma riuscì infine a farsi accogliere dai francescani per la sua gioia contagiosa, passando alla storia per i suoi “voli” prodigiosi e come patrono degli studenti, lui che illetterato si definiva «fratel Asino». Ma che dire allora del beato Ermanno il Contratto (1013-1054), monaco benedettino di Reichenau, considerato il compositore del Salve, Regina e di altri inni. Ermanno, noto anche come «lo storpio», fu affetto da varie deformità agli arti, al punto da rendergli impossibile persino camminare o sedersi. Ma divenne contro ogni pronostico un brillante studioso, soprattutto nel campo dell’astronomia. La sua storia è tanto più scandalosa oggi in una società in cui spesso i bambini con queste disabilità vengono scartati da subito o si rinuncia a vivere quando veniamo provati da simili patologie. E invece la storia di Francisco, come quella di Giuseppe ed Ermanno insegna: nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di loro. Eppure sono la prova che, mettendosi nelle sue mani, Dio riesce a entrare nella nostra insufficienza, per compiere meraviglie e renderci felici per sempre.