Concerto. Ebraismo, il cantore Nathan Lam: «La musica? Ci rende tutti fratelli»
Il cantore dell'ebraismo Nathan Lam
A Los Angeles è conosciuto anche come il “voice teacher” delle star. Da Ringo Starr a Rod Stewart, tante celebrità si sono affidate alle sue cure. «Ma è nella spiritualità, nella musica che ci rende tutti fratelli, che alberga il mio cuore» dice lui, Nathan Lam, sulla scena da oltre 40 anni, presidente della Fondazione dell’Assemblea dei Cantori e Presidente della Scuola di Canto dell’Accademia per la Religione Ebraica in California. Assieme ad alcuni colleghi è stato chiamato a un compito suggestivo: dar voce, questa sera a Roma, a un percorso di musica sacra ebraica ideato per festeggiare 25 anni di relazioni tra Stato di Israele e Santa Sede. Un’occasione speciale che, per Lam, «è il coronamento di un cammino di reciproca conoscenza che nasce nel 2009, in Polonia, terra di origine della mia famiglia, con un grande concerto per la pace ispirato al messaggio che Karol Wojtyla lasciò al Muro Occidentale in occasione della sua visita in Israele». Il Papa polacco in quella storica circostanza disse: «Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza ». Un messaggio che «ha aperto una nuova strada». Il programma del concerto è stato deciso in febbraio dopo un incontro con Oren David, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede che fortemente ha voluto questo appuntamento. Al centro un itinerario scandito da preghiere come lo Shemà Israel, pilastro della fede ebraica, e dai Salmi, che Lam definisce «testi ecumenici per eccellenza, con messaggi inclusivi che, nel rispetto delle differenze, ci portano a sedere tutti nella stessa tenda». Un’ideale cui cerca di dare concretezza anche attraverso iniziative interreligiose negli Stati Uniti.
Il filo conduttore è la musica. «Succedono tante cose brutte attorno a noi, ma guai a farsi prendere dallo sconforto. Perché molte di più sono le occasioni che vengono colte per fare del bene. Magari fanno meno notizia – riflette Lam – ma esistono e stanno dando i loro frutti». Cita tra gli altri l’esempio di un cantore della sua rete che dopo l’attentato suprematista alla sinagoga di Pittsburgh dello scorso ottobre, il più sanguinoso episodio antisemita nella storia americana, ha scelto di dedicarsi a un progetto di riconoscimento dell’ebraismo come elemento inalienabile dell’identità nazionale. «Il riconoscimento dell’altro e una più diffusa empatia saranno il nostro argine contro l’odio» commenta il cantore, che arriva in Italia con l’idea di tornarci a breve, a capo di una missione internazionale che nel giugno del 2020 dovrebbe guidare a Roma, Firenze e Venezia per approfondire la conoscenza dei canti sinagogali locali. «Quella italiana è una scuola straordinaria, ricca di tradizione e con pochi eguali al mondo. Già stasera – spiega – ne avremo tutti una prova».
Tra i protagonisti della serata ci saranno infatti il tenore Claudio Di Segni, direttore del coro del Tempio Maggiore, rav Alberto Funaro, che della principale sinagoga romana è il cantore, Angelo Spizzichino, autore ed esecutore delle musiche per il salmo 133 con cui nel 2010 fu accolto Benedetto XVI. Nuova musica per l’incontro, quindi, a poco più di un quarto di secolo dalla firma dell’Accordo Fondamentale tra i due Paesi (30 dicembre 1993). Pochi mesi e sarebbero state istituite un’ambasciata israeliana presso la Santa Sede e una nunziatura apostolica in Israele. La scelta di celebrare questo lavoro comune con un concerto di musica sacra ha, per l’ambasciatore David, un significato simbolico particolare: «Nelle nostre relazioni le questioni politiche si intrecciano con quelle religiose». Quale scelta migliore allora dei Salmi, latori di un messaggio universale «che parla direttamente al cuore degli uomini».