Arte. È morto lo scultore Giuliano Vangi
Lo scultore Giuliano Vangi (1931-2024)
Con la scomparsa di Giuliano Vangi si chiude un percorso unico nella scultura, non solo italiana, del secondo Novecento. L’artista si è spento oggi a Pesaro, sua città adottiva dal 1978, all’età di 93 anni a causa della leucemia. Nato a Barberino di Mugello il 13 marzo 1931, Vangi aveva studiato all'Accademia di Belle Arti di Firenze e dal 1959 al 1962, anche per allontanarsi dal peso del retaggio rinascimentale, aveva vissuto in Brasile dando vita a opere astratte in ferro e in acciaio. Tornato in Italia, si dedica a un personalissimo approccio alla figurazione, attenta soprattutto a quanto accade all’estero prima ancora che in Italia. La mostra a Palazzo Strozzi nel 1967, curata da Ragghianti, lo consacra e dà avvio a una carriera internazionale consolidatasi in particolare negli anni 80. Vangi ha esposto alla Biennale di Venezia nel 1995, con una sala dedicata, mentre tra le personali si segnalano quella alla Gallery Universe di Tokyo (1988), alla Società delle Belle Arti di Torino (1989), a Castel Sant'Elmo di Napoli (1991), al Forte Belvedere (1995) e agli Uffizi di Firenze (2000), al Museo di Hakone (2001), all'Ermitage di San Pietroburgo (2001), alla Rotonda di via Besana a Milano (2004), all'Istituto Italiano a Tokyo (2007). Amatissimo in Estremo Oriente, nel 2002 in Giappone è stato aperto sul Monte Ashitaka, nella prefettura di Shizuoka, un intero museo a lui dedicato. A Pesaro è invece in fase di studio la realizzazione di un museo negli spazi di Palazzo Mazzolari Mosca, raccogliendo la sua volontà di donare diverse sue opere per un grande progetto espositivo permanente. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti si segnalano il Premio Presidente della Repubblica per la Scultura (1983) il Premio Donatello a Firenze (1995), il Premio Michelangelo a Roma (1996), il Premio Antonio Feltrinelli dell'Accademia dei Lincei (1998) e il Praemium Imperiale (2002), a Tokyo, tra i più prestigiosi al mondo. Numerosi infine i monumenti pubblici, tra cui il San Giovanni Battista a Firenze, la Scultura della Memoria a Pesaro, la Lupa di piazza Postierla a Siena.
Per quanto fuori dalle logiche più strette delle avanguardie, sarebbe fuorviante interpretare la scultura di Vangi come “tradizionale”. L’artista ha sviluppato piuttosto un approccio molto personale alla questione della rappresentazione della figura nello spazio, confrontandosi, ma senza restarne vincolato, con la storia dell’arte, guardando in particolare ai “primitivi” (dall’alto medioevo agli egizi) e ignorando in modo sostanziale le convenzioni. Scultore figurativo, sì, ma non realista. Simbolista, piuttosto, attento a indagare il mondo interiore dell’uomo e delle relazioni umane, ma anche la violenza delle tensioni strutturali della storia, attraverso forme sottoposte a pressioni e deformazioni che possono portare anche a una estenuata eleganza. Come ha osservato Gabriella Belli, «Vangi ha rifondato la scultura, ovvero l’ha riscoperta a nuove mete» tra «fusione di archetipi» e «principio di rinata modernità». Una linea squisitamente anticlassica, che si esprimeva in una scultura espressionista (per quanto apparentemente lontana da un approccio radicale) e non senza tratti di ferocia, consolidata per una parte importante anche nell’esperienza tra Secessioni ed estetiche protomoderne, riscontrabile nella policromia dei marmi e dei metalli, che fa dell’opera di Vangi una vera “scultura a colori”, stilizzazione delle forme anche in chiave ieratica, integrazione di elementi figurativi e astratti. Nei fatti il suo è stato un percorso solitario, con pochissimi sodali e ancora meno eredi.
Forse anche per questa sua attenzione all’uomo al di là delle ideologie, tra gli artisti del secondo Novecento Giuliano Vangi è stato tra coloro che si sono dedicati in modo continuativo alle tematiche del sacro. Accanto ai numerosi i crocifissi si segnalano l’ambone per la basilica di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, i presbiteri per le cattedrali di Pisa, Arezzo e Padova, qui in particolare con un monumentale Risorto in Croce (una rilettura del Christus triumphans). Questi interventi sono in gran parte sculture praticabili che presentano diverse criticità impossibili da non sottolineare. Pienamente riuscito invece appare l’intervento nella chiesa di Seriate (Bergamo), progettata da Mario Botta, dove tra le altre cose Giuliano Vangi ha scavato l’immagine del Risorto in Croce direttamente nel marmo della parete del presbiterio, così che l’immagine appare incorporata nella struttura fisica e simbolica della chiesa. Tra le opere religiose, anche se non specificamente sacro, il gruppo scultoreo Varcare la Soglia realizzato nel 2000 per il nuovo ingresso dei Musei Vaticani.