Sarà per molti una sorpresa venire a conoscere l’esistenza di un sistema continuo di fortificazioni al confine con la Germania detto Vallo alpino del Littorio; ne parla (uno per tutti) Ciano nel suo
Diario riportando uno degli sfoghi antitedeschi di Mussolini addirittura il giorno del primo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia. Una difesa dunque dall’alleata Germania, che portò a ribattezzare popolarmente quelle fortificazioni come "Linea non mi fido". L’analisi degli autori, Alessandro Bernasconi e Giovanni Muran, tende quindi a inserire questo sistema difensivo nell’ambito della non lineare politica dei rapporti italo-tedeschi (da cui il titolo del volume appena edito da La Nuova Base di Udine:
Il testimone di cemento, testimone di tensioni, sospetti, retropensieri e ipotesi di uscita dal Patto d’acciaio), che tuttavia lascia campo a riproposizioni sintetiche e approssimative di un contesto internazionale già noto. Il volume offre molto di più sul piano storico-militare (con corredo di appendici ricche di dati tecnici e illustrazioni che ne rendono piacevole la consultazione), e da qui dunque partiamo per vedere l’origine dell’accelerazione impressa ai lavori di fortificazioni che, nelle intenzioni, avrebbero dovuto coprire l’intero arco alpino. È subito dopo l’annessione tedesca dell’Austria (13 marzo ’38) quindi con la Germania ormai al Brennero, che Mussolini pensa ovviamente a fortificare il confine nord. Un’operazione di ingegneria militare che vede privilegiato questo scacchiere a danno di quello occidentale, al confine francese. E che non cessa di avere attenzioni (e ispezioni) e sprone pur dopo la firma del Patto d’acciaio e addirittura durante i primi anni di guerra! Pubblicamente ne avrebbe parlato alla Camera il generale Soddu il 13 marzo ’40, ma in un contesto in cui, ufficialmente, la "difesa" era intesa dalla Liguria al Carnaro; lo stesso partito fascista non fu tenuto al corrente delle finalità del Vallo. Con l’ingresso in guerra dell’Italia a fianco della Germania non solo non se ne arrestò la costruzione, ma Mussolini in persona dette disposizioni di proseguire i lavori (la cui conclusione era prevista per il ’41): in origine poteva ottimisticamente pensare solo a marcare una sorta di visibile confine fisico tra due diverse aree geopolitiche, continentale (di influenza tedesca) e mediterranea (italiana); ma poi, nel pieno delle travolgenti vittorie tedesche, dovette pensare al Vallo per quello che era: un operativo sistema di difesa, nella previsione che la Germania, a guerra vinta!, avrebbe minacciosamente chiesto all’Italia le vecchie terre austriache. Un Vallo dunque che progressivamente mutava destinazione d’uso, ma che - teoricamente - si mostrava sempre utile. Teoricamente; in pratica le difficoltà di rifornimento dei materiali da costruzione, la scarsità di armamento pesante adeguato a fermare un’avanzata nemica, la concezione militare sorpassata di guerra di trincea (mentre si era in piena guerra di movimento) avrebbero reso inservibile la linea.Alcune considerazioni conclusive. Se era possibile nascondere al partito fascista finalità e intenzioni mussoliniane in merito al Vallo, altrettanto non lo era allo spionaggio tedesco che aveva acquisito ogni informazione utile su quel sistema di difesa; e di tanto era informato il nostro controspionaggio. Il gioco era diventato dunque a carte scoperte. Tanto che intervenne stizzita la diplomazia tedesca costringendo a minimizzanti e imbarazzate risposte l’ambasciatore italiano a Berlino, Bernardo Attolico. Solo nell’agosto ’42 però giunse l’ordine di "sospendere" i lavori (e non dunque di cessarli). Sul piano tecnico-militare Eugen Dollmann avrebbe irriso quelle fortificazioni; dopo il 25 luglio e, più ancora, l’8 settembre ’43, non servirono minimamente a fermare le truppe tedesche ormai d’invasione: non solo tra confusione d’ordini e contrordini non c’era più un comando in grado di far fronte all’emergenza, ma le poche armi pesanti erano state distolte dalle casematte e la Guardia di frontiera impegnata vieppiù in azioni sorveglianza antisabotaggio. Quella stessa linea fortificata sarebbe stata utilizzata anche come sistema difensivo antisovietico durante la guerra fredda. Ma questa è un’altra storia. Il testimone di cemento ha raccontato frattanto che in quell’alleanza italo-tedesca, a partire dai firmatari, non credeva davvero nessuno.