I colleghi statunitensi lo consideravano un maestro, «the most learned in the world». Richieste di consulenze gli arrivavano da tutta Europa. Ma, in Italia, al di fuori di una ristretta cerchia di esperti, restava un modesto parroco della Val di Sole. È un sacerdote trentino vissuto a cavallo tra Otto e Novecento il più grande micologo italiano, l’abate Giacomo Bresadola. La Biblioteca della sede piacentina dell’Università Cattolica - che ne conserva gran parte delle opere, vere rarità editoriali, donate da Giuseppe Fogliani, dal 1960 al ’92 docente della Facoltà di Agraria - vuol rendere omaggio al suo genio scientifico. Fino al 28 settembre, nell’atrio d’onore, è possibile ammirare alcuni testi originali e riproduzioni delle tavole dipinte dal Bresadola per illustrare i funghi analizzati in cinquant’anni di ricerche. Si calcola, limitandosi alle sole nuove specie, che ne abbia catalogate ben 1017. Nato a Ortisé nel 1847, Giacomo Bresadola è indirizzato dal padre alle scuole tecniche a Rovereto, per farne un ingegnere. Lui preferisce il seminario: nel 1870 è sacerdote. Non dimentica però la passione per le scienze. A Baselga di Piné il giardino della canonica diventa un orto botanico. A Roncegno comincia lo studio delle fanerogame, piante della famiglia dei faggi e degli abeti, sotto la guida Francesco Ambrosi, direttore e bibliotecario del Museo di storia naturale di Trento. È lui a proporgli di occuparsi di muschi e licheni, presentandogli il biologo Venturi. Si deve invece al cappuccino Giovanella da Cembra, se, mentre era curato a Magras, tra il 1878 e l’83, inizia a interessarsi di funghi. Ma i testi su cui lavorare - si accorse il sacerdote - erano imprecisi. Decise perciò di scrivere ad Andrea Saccardo, docente di botanica all’Università di Padova, chiedendogli di inviargli le sue opere e proponendosi «per la ricerca di qualche fungo o altro che riguarda la Micologia, che specialmente in questi paesi montuosi è ricca, e vergine dalle ricerche degli scienziati». È l’inizio della carriera di micologo. Nel 1881 entra in contatto con gli studiosi nordamericani e pubblica la sua prima opera,
Fungi tridentini novi vel nondum delineati, un atlante di 281 specie locali, descritte e illustrate dall’autore. Seguiranno
Mycromicetes tridentini (1889) e la divulgativa
Funghi mangerecci e velenosi dell’Europa media, in italiano (pubblicata postuma).Il rigore dello studio e la finezza del tratto sono la peculiarità del metodo del Bresadola, che non si accontentava di vaghe descrizioni, ma - seguendo l’insegnamento del francese Lucien Quélet - corredava le sue schede con note critiche e minuziosi disegni, frutto di un attento esame al microscopio. Il suo credito crebbe a tal punto che i musei di Londra, Parigi, Uppsala, Liegi, Washington, Kiev gli inviavano da analizzare le loro collezioni più preziose e ancora oggi custodiscono testimonianze del suo infaticabile lavoro. Senza spostarsi da Trento - nel 1884 era stato nominato amministratore all’Ordinariato vescovile e nel 1887 al capitolo della Cattedrale - poté revisionare miceti da ogni latitudine, con l’obiettivo di dare ordine alla catalogazione esistente: ottocento specie furono dichiarate non valide. A dispetto dei riconoscimenti - nel 1927 la laurea honoris causa in scienze naturali a Padova, il titolo di socio fondatore conferito dall’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei, dalla Società micologica britannica e da varie accademie europee - restò l’umile prete di sempre. Le ristrettezze economiche lo costrinsero a vendere al museo di Stoccolma un erbario con 30mila specie. Alcuni editori stranieri avevano messo gli occhi sulla documentazione prodotta in una vita di studio, qualcosa come 1250 tavole a colori, disegnate a mano. Le avrebbero ottenute, se il Museo tridentino di storia naturale e alcuni studiosi italiani non fossero intervenuti per promuovere la monumentale
Iconographia Mycologica. Furono raccolte sottoscrizioni in tutto il mondo e, insieme al denaro, arrivavano attestati di stima nei confronti dell’anziano abate. Prima di morire, nel ’27, riuscì a vedere pubblicati i primi 12 dei 26 volumi di cui si compone l’opera, conclusa nel ’33. Rarissima, sul mercato librario è quotata sui diecimila euro. Ora, grazie alla "Società Micologica Bresadola" di Trento, gli appassionati possono consultarla in versione digitale.