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Pedagogia. Con la letteratura d'infanzia il bimbo esce dalla Selva oscura degli adulti

Lisa Ginzburg martedì 15 febbraio 2022

Cosa si scrive per l’infanzia, come ci si rivolge all’infanzia. Che cosa l’infanzia trattiene della comunicazione adulta. Possono sembrare questioni astratte, definizioni di un tema impalpabile e senza contorni. Tratteggiano invece un campo decisivo, che è quello della letteratura per l’infanzia da un lato, della pedagogia dall’altro. Forte impatto emotivo: questo dovrebbe essere prerogativa caratteristica delle storie che si narrano ai bambini e si scrivono per loro. Lo dimostrò e argomentò Maria Montessori in un esperimento audace e innovativo come sempre i suoi, sintetizzato in due conferenze tenute rispettivamente ad Amsterdam e a Barcellona nel 1933. Si era lanciata a narrare nelle scuole la Commedia dantesca, a bambini tra i 12 e i 14 anni, e anche più piccoli. Sceglieva i passi delle cantiche di Dante i più sconvolgenti (Il Conte Ugolino in primis, «perché suscitando emozione arricchisce lo spirito»). Dante con i bambini, un piccolo libro curato da Paola Trabalzini (Scholé, pagine 172, euro 14,00) illustra questo argomentare decisivo della pedagoga marchigiana. Principio chiave dell’esperimento di Montessori era un non forzare la sensibilità infantile adeguandola alle rigide regole adulte, bensì piuttosto cercare e trovare una forma di comunicazione armonica, che tenesse conto di necessità e istanze morali peculiari dell’infanzia. L’educazione non può e non deve essere «condizionamento violento», diceva Montessori, perché l’immaginazione ha base sensoriale, e nell’educazione, così come nel racconto, sono tutti i sensi del bambino a dovere essere stimolati. La lunga, poliedrica esperienza di didatta portò Maria Montessori alla conclusione che è nell’infanzia la matrice della poesia, per come questa giovanissima età si compone di sorpresa, incanto, silenzio. «L’intelligenza del bambino gli rivela l’invisibile». Quanto alla pedagogia, molte volte il valore dello 'spiegare' passa attraverso il non-detto molto più che dalle parole. Il silenzio detiene un valore più che pregnante nel processo pedagogico, e 'le cose elevate' raggiungono il bambino, senza sforzo, attivando i suoi sensi e lasciando così che si attivi la sua spontaneità autentica. Un genere di assunto, questo dell’intrinseca forza pedagogica delle storie 'a forte impatto emotivo' che trova conferma in certe fiabe; nella fortunata vicenda cosmopolita di quella di Biancaneve, ad esempio. In (quasi) ogni angolo del mondo, la storia dell’invidia della Regina madre verso la bellissima giovane Biancaneve ha incantato e spaventato migliaia di bambini. Lo raccontano le molte versioni della favola sparpagliate nel mondo ( La più bella del reame. Biancaneve e altre 21 storie di madri e figlie, a cura di Maria Tatar, Donzelli, pagine 269, euro 30,00). Ve ne sono di efferate, con torture inflitte alla povera Biancaneve e altrettanto crudeli epiloghi di atroci vendette perpetrate contro la Regina/Madre. Tutte, invariabilmente, riscritture di una favola che nella sua componente più spaventosa trova la strada per arrivare al cuore dei piccoli lettori, diacronicamente attraverso le epoche, trans-spazialmente ri-raccontata in decine e decine di diversi luoghi del globo. A ulteriore conferma delle tesi ricavate da Maria Montessori dai suoi esperimenti didattici 'danteschi', si aggiunge un saggio dagli esiti teorici analoghi in modo sorprendente a quelli divulgati dalla grande pedagoga nelle sue conferenze del 1933. Di cosa parlano i libri per bambini. La letteratura per l’infanzia come critica radicale di Giorgia Grilli (Donzelli, pagine 316, euro 32,00) è un’accurata ricognizione e un acuto questionamento sullo stato attuale della letteratura per bambini. Se Montessori si chiedeva «che cosa significa spiegare», qui la domanda epistemologica verte sul significato stesso di questa particolare branca della letteratura: che cosa significhi raccontare ai più piccoli. Lo stato di salute dei libri per bambini ne emerge fragile e difettoso: una letteratura che dovrebb’essere «frutto di un’eco, non di un ego ». Che dovrebbe essere capace di sintonizzarsi con l’infanzia, con lo stupore meravigliato dei bambini. Una forma narrativa che nutra per l’età infantile il dovuto rispetto, che ne colga il «modo di essere umani», la sua temperie «incomprensibile eppure imprescindibile». E che invece, moltissime volte, si incaglia in una prosopopea adulta auto-riferita e sorda alle necessità della spontaneità bambina. Ossimoro quello che oppone educazione e letteratura: «l’educazione si fonda sul Controllo, la letteratura ha bisogno di Imprevisto», osserva acuta Grilli attraverso una ricognizione di cui Maria Montessori avrebbe approvato il rigore e l’insita denuncia. Ripensare la letteratura dell’infanzia; metterla al centro di uno spazio che abbia l’infanzia come guida e fulcro, matrice di ogni racconto possibile che sia per davvero ri- volto ai bambini, e non a quel che i narratori adulti pensano i bambini siano o dovrebbero essere. Ritrovare dell’infanzia l’enigma, il silenzio, il perturbante mistero. Da Pascoli, a Freud, a Pennac, tutta la vicenda dell’interpretazione dell’infanzia conferma che di forti emozioni, e della vasta libertà del silenzio e del non detto, le storie per bambini hanno bisogno. Per arrivare a loro, interagire con loro, e lasciare che attraverso la potenza della letteratura fiorisca il loro spirito, la loro fantasia, la meraviglia della spontaneità del loro assorbire, ascoltare, comprendere. Senza che i bambini debbano troppo fare, né troppo dimostrare. Se letta bene, l’infanzia è piena di elementi sovversivi: capaci di parlare e insegnare a quegli adulti che ai bambini intendano e sappiano davvero raccontare delle storie, che scrivano libri per davvero rivolti a loro. Le tesi montessoriane continuano a trovare conferme: continuità che sprona a fare della letteratura per l’infanzia una 'critica radicale', una forma narrativa che trasmetta emozioni forti, insegni libertà, e là conduca.