Era una domenica, il 21 marzo di 10 anni fa, quando alle 17 nell’ospedale di Val- de- Grace a Parigi si spegneva, dopo un’esistenza lunga quasi un secolo e vissuta tutta nel Novecento, l’anziano intellettuale che il giornalista di Le Monde Henri Fesquet definì amabilmente « l’ultimo filosofo cattolico » o ancora – come amava descriverlo il suo grande amico Albert Camus – « l’ultimo dei grandi umanisti francesi » . Tutto questo è stato, ed è forse ancora oggi per la Francia, Jean Guitton: filosofo e pittore per diletto, scrittore, uomo « timido e audace dietro i suoi occhiali», ma soprattutto fraterno amico di Paolo VI. Intellettuale atipico, Guitton era stato amico anche di quattro presidenti: da Charles De Gaulle a Georges Pompidou, da Jacques Chirac a François Mitterrand. E proprio in un colloquio con quest’ultimo aveva detto di sé: « Sartre ha scelto il nulla. Io ho scelto l’essere e la speranza invincibile » . I media francesi infatti lo identificarono come il contraltare del filosofo esistenzialista: « È vero che sono un po’ l’anti- Sartre della nostra generazione – racconterà lo stesso Guitton in una confidenza del 1974 all’amico giornalista e poi biografo Jean- Jacques Antier –. Ma Sartre ha tutte le trombe della celebrità, e io ho appena un piccolo flauto». Amico di Paul Claudel, François Mauriac, Emmanuel Mounier, Maurice Blondel, Pierre Teilhard de Chardin e di Lord Halifax, lo scrittore stringerà un particolare rapporto di stima con il domenicano e padre della moderna esegesi biblica Albert Lagrange. Ecumenista della prima ora e seguace del pensiero platonico attraverso Plotino e Agostino, Leibniz e Pascal, John Henry Newman e Heidegger, Guitton sarà soprattutto l’erede spirituale di Henri Bergson, il filosofo ebreo che nel 1941 in punto di morte non si convertirà al cattolicesimo solo per non tradire il suo popolo vittima del nazismo e del dramma della Shoah. « Io credo che Bergson fosse sulla soglia del cattolicesimo, sulla linea di confine – confiderà lo scrittore a Pascal Grousset –; era come colui che bussa ma non entra. Questo sarà il destino post- bergsoniano di Simone Weil » . Ma Guitton era un enfant terrible anche rispetto a un certo cattolicesimo benpensante. La ribalta come studioso e accademico avvenne nel 1941 con la pubblicazione di Portrait de monsieur Pouget, un testo che diventerà, grazie anche alla bellissima recensione di Albert Camus, una pietra miliare della filosofia e della letteratura. Il libro rappresenta un omaggio indiretto al « genio ignorato » e suo maestro spirituale: il sacerdote lazzarista, di simpatie moderniste e poi riabilitato, Guillaume Pouget. La fama di Guitton è legata però anche a un altro libro, che gli costò una specie di « epurazione accademica » e un ritardo dei dovuti riconoscimenti ufficiali, tra cui la cattedra di filo- sofia alla Sorbona nel 1954 e l’ingresso nel 1961 alla prestigiosa Académie Française: si tratta del Journal de captivité ( « Diario di prigionia » ). In quel testo racconta la sua vita in un campo nazista ma esprime anche la sua ammirazione per il maresciallo Philippe Pétain e indirettamente per la « collaborazionista » Repubblica di Vichy. A segnare comunque la svolta della sua vita sarà la decisione di Giovanni XXIII di ammetterlo – unico laico – al Concilio Vaticano II in veste di « osservatore » . Una scelta confermata dal successore Paolo VI, ma che provocherà quasi per contrappasso la sottile ironia e in un certo senso la gelosia del teologo e poi cardinale Jean Daniélou: « Il Papa ha compiuto – confiderà il celebre gesuita – due imprudenze: far entrare nel canone della Messa san Giuseppe e ammettere Guitton al Concilio » ... Su invito diretto di Paolo VI lo scrittore prenderà poi la parola il 3 dicembre 1963 davanti a 2500 vescovi per discutere del difficile cammino dell’unità dei cristiani; e sarà l’unico laico ad avere questo privilegio. In effetti da allora il nome di Guitton resta indissolubilmente legato a quello di Paolo VI, che aveva conosciuto a Roma nel 1949. Da quella data il loro appuntamento abituale sarà, ogni anno, l’ 8 settembre, festa della Natività di Maria. Un filo rosso di amicizia e di stima mai interrotto legherà i due grandi personaggi del Novecento. Al Papa del Concilio e dell’enciclica Populorum progressio il filosofo francese dedicherà due libri, in cui racconterà la sua amicizia con il Pontefice: Dialoghi con Paolo VI e Paolo VI segreto. « Era il mio migliore amico – racconterà a Francesca Pini –. L’ho frequentato per 27 anni e spesso mi diceva che lo conoscevo meglio di suo fratello. Quest’amicizia che il Papa mi testimoniava era molto discreta » . Proprio a Montini Guitton, rimasto vedovo, confiderà un antico sogno: farsi sacerdote a 75 anni, per scuotere le coscienze di una Francia ormai secolarizzata. Ma la risposta del vescovo di Roma è perentoria: « Non si faccia mai prete! Laico e cristiano, è la sua vocazione » . In seguito Guitton, su mandato di Giovanni Paolo II, si recherà a Écône nel 1988 per tentare invano di ricucire lo strappo della Fraternità San Pio X e del vescovo Marcel Lefebvre con la Chiesa. Terreno privilegiato di ricerca, negli ultimi anni di vita, sarà il rapporto tra Dio e la scienza; in un libro si confronterà sul difficile ma affascinante tema con i due fisici Grickha e Igor Bogdanov. I riflettori mediatici torneranno ad accendersi sul personaggio Guitton in occasione dei suoi colloqui con François Mitterrand sul senso della vita, della morte ma anche della fede e della mistica cristiana. L’ultimo incontro tra i due avvenne il 25 novembre 1994 nell’abitazione parigina di Guitton in rue de Fleurus. Il « fiorentino » – come i francesi amavano chiamare Mitterrand – morirà un anno dopo, avendo concluso il mandato all’Eliseo, rinunciando ai funerali pagani e ottenendo la benedizione della Chiesa grazie anche al discreto consiglio e sostegno del filosofo ultranovantenne. Il 25 marzo 1999, invece, nella chiesa di Saint- Louis des Invalides tutta la Francia laica guidata da Jacques Chirac e Lionel Jospin rende omaggio all’ultimo « filosofo cattolico». A presiedere i funerali è l’arcivescovo di Parigi, il cardinale Jean Marie Lustiger: « Jean Guitton è stato un filosofo, un professore e un cristiano – ricorderà nell’omelia –. La sua opera di intellettuale e di credente è inseparabile dagli incontri della sua vita. Io prego per lui come amico e testimone della sua costante ricerca di Dio e del suo desiderio di servire i suoi fratelli » . Ebbe vari colloqui con Mitterrand. L’ultima volta fu nel 1994 e quando un anno dopo il presidente francese morì, l’amico mediò perché avesse la benedizione della Chiesa L’amicizia con Paolo VI durò fino alla fine. E quando, ormai vedovo, dichiarò di volersi far prete il Pontefice disse: «Non si faccia mai prete. Laico e cristiano, è la sua vocazione» Jean Guitton. In alto, François Mitterrand, e sotto, Paolo VI