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Storia. Dall'Archivio vaticano (non più segreto) emerge la Chiesa esperta d'umanità

Andrea Riccardi giovedì 7 marzo 2024

Documenti conservati presso l’Archivio Apostolico Vaticano

Secretum: è il titolo di questo libro, che unisce nel dialogo Sergio Pagano e Massimo Franco (Secretum. Papi, guerre, spie: i misteri dell’Archivio Vaticano svelati dal prefetto che lo guida da un quarto di secolo; Solferino, pagine 448, euro 20,50). Un testo intelligente, ricco, ineludibile per chi si occuperà di storia del cristianesimo, che qui è vista attraverso un osservatorio eccezionale: i fondi archivistici depositati nella gelosa custodia della Chiesa di Roma, dal 1612, Archivio segreto vaticano. Marc Bloch diceva che il cristianesimo è una religione storica a partire dai suoi testi sacri. L’Archivio ne è la prova evidente, proprio nel cuore di quello che è il centro del cattolicesimo.

Nella prefazione, Massimo Franco fa un’osservazione centrale: accanto alla Verità, con la maiuscola, l’Archivio rivela «il possesso di verità meno eteree, con la “v” minuscola: quel giacimento sterminato di informazioni sull’umanità dei potenti e degli umili, sulle loro miserie e sui loro eroismi, sulla santità e la dannazione… Informazioni in gran parte ancora sconosciute, ma esistenti, quasi vive e pronte a sorprendere, a spiazzare; e spazzare via luoghi comuni…». Paolo VI, un papa in cui Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio, si riconosce, afferma in altro modo questa lettura sulla Chiesa e il suo archivio: come un fiume che raccoglie una miriade di piccole verità umane.

Quando Paolo VI va all’Onu nel 1964, la prima volta di un papa, si chiede a che titolo parlare a un’assemblea così plurale: maestri di verità? maestri di fede? Opta per un’altra qualifica: «Noi, quali “esperti in umanità”», dice. La Chiesa bimillenaria ha un’incredibile esperienza di umanità: sono le verità minuscole di cui parla Massimo Franco: un oceano di storie, di cui la Chiesa non solo è protagonista, ma anche testimone e osservatrice. Con i documenti della Chiesa si scrive non solo la sua storia, ma quella della società e del mondo. Dal campanile, diceva Gabriele De Rosa, si vede non solo la chiesa sottostante, ma anche il villaggio, la società. L’Archivio è testimone della storia di tanti angoli del mondo: grandi e piccoli. Un mondo segreto? Qui il nome, Archivio segreto Vaticano, cambiato da papa Francesco in Archivio apostolico Vaticano nel 2019, perché, come Pagano spiega, è in sostanza l’Archivio privato del papa mentre ce ne sono pure altri.

Segreto ha un’aura di mistero? Dan Brown purtroppo ha fatto scuola. Resta l’idea di depositi segreti o di documenti inaccessibili, mentre Pagano specifica le categorie (ristrettissime) delle carte non aperte, come quelle del conclave. Forse l’apertura dell’Archivio non sincronica con i grandi archivi occidentali, più lenta, può aver aumentato il mistero: del resto, annota il prefetto, da quando sono aperti gli archivi di Pio XII sono venuti parecchi studiosi, ma non le folle… Il parlare di Pagano in queste pagine è molto laico, immerso nella concretezza della vita, come chi è stato mezzo secolo nella storia e nelle sue carte. Bisogna anche sapere che il prefetto è un barnabita che ha alle sue spalle personaggi come padre Semeria, accusato di modernismo per il suo parlare concreto e attuale, o il meno noto padre Fasola, archeologo, capace di serie demitizzazioni.

Pagano non nasconde storie meno nobili. Anche nelle risposte a Massimo Franco, talvolta giustamente incalzanti, non cela le perplessità sui silenzi di Pio XII, specie dopo la guerra, sulla Shoah e l’antisemitismo. Spiega che l’apertura degli archivi, voluta da Leone XIII nel 1881, celebrata come atto di magnanimità, fu una necessità, perché si temeva il sequestro dei fondi da parte degli italiani, considerandoli una fonte decisiva della storia europea, forse anche un po’ in modo mitico.

Ritorniamo al mito dell’Archivio. Hitler e i suoi erano convinti che negli archivi e in Vaticano fossero nascoste preziose e uniche testimonianze della religiosità antico-germanica, testi in alfabeto runico, che ispirò la mistica delle SS. Così, Karl Wolff, comandante della polizia e delle SS in Italia, fu convocato da Hitler nel settembre 1943 per una missione: entrare in Vaticano, prelevare Pio XII, impadronirsi non solo dei tesori d’arte, ma anche delle «iscrizioni runiche degli antichi popoli germanici».

Bastava ricordarsi che gli archivi erano stati presi da Napoleone (c’è un capitolo che si legge come un romanzo storico sul viaggio degli Archivi in Francia e ritorno) e che gli archivisti imperiali non avevano trovato nulla di tutto questo. Pesava la minaccia nazista su Pio XII, di fronte a cui Wolff prese tempo per vari mesi, mostrando come fosse impolitico provocare la struttura della Chiesa, mentre la vera battaglia era contro i partigiani. Intanto il Vaticano si attrezzava, preparava piani di difesa (un po’ improbabili) come Catananti ha mostrato, avvertiva ambasciatori, che bruciavano le carte.

La Chiesa cattolica era la prima avversaria nella lista del Führer, dopo aver concluso la Shoah e la guerra: «La Chiesa cattolica è una grande cosa - dice Hitler -. Non è cosa da niente che un’istituzione abbia tenuto 2000 anni… Ma il loro tempo è passato». Non ne farà dei martiri, ma li renderà ridicoli con gli scandali finanziari, valutari e sessuali. Spesso quando si parla del Vaticano di Pio XII nella seconda guerra mondiale, si dimentica la fragilità della Santa Sede, unico soggetto indipendente nell’Europa occupata dai nazisti. Il libro si apre con un capitolo in cui Massimo Franco descrive l’impatto con un labirinto, l’immenso bunker - si dice a prova di bomba atomica - scavato sotto la piazza del Belvedere, 31.000 mq, dove sono larga parte dei documenti. Molti lo trovano misterioso ed è un mito. Pagano, fin dai suoi primi passi nell’istituzione, l’ha trovato polveroso e vecchio e, nei suoi anni, ha operato un rinnovamento importante e ha lavorato sull’accesso degli studiosi alle fonti.

In mezzo secolo l’Archivio si trasforma: non è il teatro in cui archivisti e ricercatori sono in competizione per nascondere o trovare la “pistola fumante”, che prova subito qualcosa di eclatante. L’Archivio non dà elementi per i libri gialli… Il ricercatore deve mettere insieme pazientemente tante piccole verità e tanti documenti: poi saperli leggere, perché qui è la chiave. Gli archivisti e i ricercatori parlano la lingua pacata e complessa della ricerca: in Archivio è molto raro lo scoop, ma il vero scoop è mettere insieme tanti documenti, tanta cultura storica e alla fine comprendere.

Chi studia storia non fa un’operazione di trasparenza a partire dalla massa opaca dei documenti. Il valore non è la trasparenza, ma la ricostruzione della complessità. La storia della Chiesa è caratterizzata dalla complessità, perché la Chiesa non è mai unica protagonista, ma convive con sovranità altrui, orientamenti di popoli, eventi più grandi di lei e travolgenti. La Chiesa è molte cose insieme, ma sempre è testimone della storia, la piccola e la grande. Così nell’Archivio ci sono documenti meravigliosi, che possono sembrare di scarsa importanza: lettere di richiesta di aiuto da parte degli ebrei. Ne ho in mente una in cui una madre ebrea romena chiede aiuto per le proprie due bambine al nunzio a Bucarest, Cassullo. Acclude due belle foto delle bambine, perché il nunzio quasi si renda conto della bellezza della loro vita da salvare.

Emergono, in questo libro, pagine di storia poco note, come quelle sul gesuita padre Jacquinot che, nel 1937, riuscì a ottenere dalle truppe giapponesi un’area franca a Shanghai, dove si potesse rifugiare la popolazione cinese. Un personaggio, esempio dei gesuiti in Cina, ricevuto da Roosevelt, ma osteggiato dalla diplomazia, quella del delegato apostolico in Cina, Zanin. Interessanti le pagine sul secondo dopoguerra tra Cina e Giappone, dove si spera in una rinascita cattolica con l’aiuto del comandante americano MacArthur. Questo libro demitizza, non solo gli Archivi, ma anche il Vaticano.

Pagano parla della diplomazia vaticana: «penso che non tutti i rappresentanti pontifici fossero di molta lungimiranza». Massimo Franco ricorda la battuta di Tardini al diplomatico latino-americano che si diceva felice di essere accreditato presso la prima diplomazia del mondo: «figuriamoci com’è messa la seconda!». Oggi, forse, le fragilità sono più sotto gli occhi di tutti. D’altra parte questo libro mostra il valore della Chiesa come una grande realtà della storia, importante non solo per i credenti. Una domanda che attraversa il libro è: «Da che parte sta la Chiesa?». Domanda che si ripropone oggi nel conflitto russo-ucraino o nella questione israelo-palestinese. Monsignor Pagano cita una lettera dalla Polonia occupata dai nazisti: «È possibile una neutralità tra gli assassini e le vittime? È ancora possibile tacere, sull’eroica sofferenza di milioni di cattolici polacchi e sui loro aggressori?». E si conclude: «Cristo non può rimanere neutrale fra i perseguitati e gli oppressori, tra le vittime e gli assassini».

Qui la questione dei “silenzi” di Pio XII (Pagano spiega anche come sia nato il Vicario di Hocchut, dura denuncia dei silenzi, che in realtà si appoggia su testimonianze di ecclesiastici filonazisti colpiti da Pio XII). Ma c’è una questione di lungo periodo per la Santa Sede, la sua imparzialità, la sua volontà di negoziare con tutte le parti, di portare aiuti umanitari. È drammatico, soprattutto nelle guerre mondiali, ma ogni guerra spinge a schierarsi. La realtà del cattolicesimo - emerge da questo libro - è che si tratta di un’internazionale, che raccoglie popoli diversi, talvolta in contrasto, che registra all’interno spinte nazionalistiche sui cattolici stessi. L’imparzialità, seppure difficile, talvolta impossibile, scomoda, che sembra moralmente incoerente, è una postura che viene dalla realtà stessa di questa internazionale, per cui la guerra è una condizione lacerante e impossibile. Emerge allora il discorso sulla pace, questo pacifismo dei papi e dei cattolici, che nasce proprio da questo mondo particolare che è la Chiesa. Come mostrano i suoi Archivi.