Cantautrice. Dulce Pontes: tra note e fede, il mio pellegrinaggio in musica
Oggigiorno sono pochissimi gli artisti capaci di dedicarsi per cinque anni a un unico progetto. Certo che se poi il risultato è un doppio album come Peregrinação, pellegrinaggio, con cui Dulce Pontes riflette su vivere e senso del vivere in un percorso di ventidue brani con excursus nella musica colta (Rodrigo e Albeniz), suddivisione in due mondi sonori (essenzialità piano percussioni voce in Nudez, arrangiamenti ricchi e teatrali in Puertos de abrigo) e l’affiancamento alla cultura del fado di quella del tango (passando da Amália Rodrigues e Fernando Pessoa a Carlos Gardel e Astor Piazzolla), insomma, se il risultato è questo spettacolare viaggio nell’anima attraverso una voce magnifica, ne vale la pena. In Peregrinação Dulce Pontes si esprime in più modi: compositrice, pianista, autrice di testi, adattatrice di opere letterarie in musica, attrice – che ricorda il furore tipico del meglio della nostra Milva – e, soprattutto, ovviamente, interprete: di Aznavour e Alfonsina y el mar, brani popolari e altri inediti ( Barro y alturae la delicatissima chiusa di 7th sky), religiosità intensa e umanità vera. Con nel futuro la gioia di accompagnare Ennio Morricone lungo il suo tour di addio alle scene (7 luglio a Roma, 9 luglio a Lucca, 30 agosto a Verona), e su ieri un unico rimpianto: non essere riuscita a completare questi cinque anni sigillandoli con il Nada te turbe di Santa Teresa d’Avila musicato da Giuni Russo, compagna d’arte e fede conosciuta tramite le note. «È la musica che manca, quella di Giuni: registrata, ma in incisioni non all’altezza delle altre. Solo che l’ho scoperto tardi. È un’assenza pesante, nel pellegrinaggio, e mi rattrista. Ma forse qualcuno ha voluto dirmi che il ricordo di Giuni e la sua fede in musica saranno usati anche meglio, in un’altra occasione futura».
Quante volte è mutato il suo progetto di effettuare un pellegrinaggio musicale, in cinque anni di lavoro?
Si è modificato molto, a un certo punto mi è persino parso vivesse di vita propria, che i tasselli andassero a posto da soli. All’inizio in realtà non avevo un percorso, volevo solo tentare di dire disperazioni e gioie del cammino quotidiano della vita. Ho allineato incisioni live per dare al tutto intensità sempre forte e mantenere intatto il senso dei brani, e l’ho fatto finché i cd si sono chiusi, con la difficoltà di dover escludere degli spunti».
Qual è la meta di questo suo pellegrinaggio?
«Non c’è: il senso è narrare il cammino. C’è una partenza, semmai, che è Gesù: ma è una cosa mia, non pensavo a un lavoro religioso, volevo narrare l’esistenza adombrandone ciò che è trascendente o divino. La musica è per me il medium più adatto a toccare l’oltre, quindi è sempre cammino e ricerca».
È stato complesso mettere in musica Pessoa?
«No, anzi, ci conosciamo da anni. Ho sempre avuto grande amore per poesia e teatro, qui mi è parso naturale metterne in musica dei passaggi, lavorando sulle sonorità e tenendo fermo il sen- so delle opere».
Si può dire che da regina del fado Dulce Pontes sta diventando pure grande interprete di tango?
«C’è anche un poco di flamenco: interpretato come lo sento io, vicino a certe tradizioni portoghesi. Ma vede, c’è un ponte fra me e l’Argentina fatto da amici, musicisti, letture, ascolti. Ho scoperto tanti autori che volevo portare nel mio mondo e volevo anche avvicinarmi al Sudamerica tutto, in questi cd».
Che eredità le ha lasciato Amália Rodrigues?
«Mi ha spinto a cantare il fado tenendo conto della sensibilità contemporanea. Anche per questo sul Concierto de Aranjuez di Joaquín Rodrigo canto un poema diverso da quello che cantava lei, qualcosa di più incisivo sull’oggi. Profondità e intelligenza dell’interpretazione, questi i suoi lasciti primari».
Oggi che cosa rallenta il viaggio di un musicista?
«È un tempo difficile, dominato da un’industria folle. Però preferisco essere propositiva: ho imparato che perseveranza, originalità, studio del passato, ricerca di un’identità fanno andare avanti comunque, a prescindere dalle vendite. Anzi, se la musica la usi durerai sempre poco: bisogna servirla, la musica, senza ansie commerciali e invece dandosi, impegnandosi in toto, anche nei momenti duri».
Che cosa ha imparato dalla testimonianza di vita di Giuni Russo, che ha omaggiato un paio d’anni fa in un concerto magnifico davanti alle “sue” monache?
«Fu un regalo, quello. Da cui trassi un brano in più per il mio viaggio: la mancanza che ora c’è nei dischi e che si colmerà in altro modo. Dal vivo eseguo Nada te turbe, come allora piano e voce».
Come propone live il suo sfaccettato Peregrinação?
«In modo diverso! Il disco si può ascoltare, inutile rifarlo: live si va d’istinto, si adatta, si improvvisa pure. La musica è più viva, in tal modo».
Che cosa eseguirà col Maestro Ennio Morricone?
«I temi del cinema impegnato. Sono onorata del suo invito: e lavorerò per dargli allegria. Non dovremo pensare che è l’ultimo tour ma viverlo, anche se lo sappiamo, che ogni cosa ha un tempo».
Cosa la colpisce dell’uomo Morricone? «L’apertura. E il saper mettersi al servizio della musica, cercando sempre in essa la perfezione».
Dopo Morricone, il suo pellegrinaggio dove andrà?
«Sperimenterò cose nuove, tornerò a comporre e a cercare brani che mi piacciano. Il mio cammino proseguirà, passo a passo sento che sto cambiando ».