Agorà

Romanzo. Memoria e riconciliazione nel libro di Giacomo Marinelli Andreoli

Federico Lombardi giovedì 18 maggio 2017

Il mausoleo dei 40 martiri a Gubbio

Questo libro è un bel messaggio di riconciliazione e di pace. A Gubbio, il 20 giugno del 1944, durante la ritirata tedesca, un ufficiale della Wehrmacht venne ucciso in un bar cittadino, colpito alle spalle da alcuni giovani locali. Due giorni dopo ben 40 eugubini vennero uccisi per rappresaglia: sono noti come “I Quaranta Martiri”. Nel settembre del 2003 il figlio dell’ufficiale tedesco ucciso, in un viaggio alla ricerca della tomba e delle memorie del padre, si reca a Gubbio e lascia traccia del suo passaggio sul libro dei visitatori del Mausoleo dei 40 Martiri. Guglielmina, figlia di una delle vittime dell’eccidio, si impegna per trovare l’indirizzo dello sconosciuto visitatore tedesco, si mette in contatto epistolare con lui e infine lo incontra a Pomezia nel 2004, nel cimitero di guerra germanico, dove ora sono sepolte le spoglie del soldato tedesco. Un incontro emozionante a cui segue un lungo scambio di lettere, che dura fino alla morte di Guglielmina nel 2012. Poco prima di morire Guglielmina, d’accordo con i figli, affida il plico delle lettere a un giornalista in cui ha fiducia, che è appunto Giacomo Marinelli Andreoli, l’autore del libro Nel segno dei padri. La storia di Guglielmina e Peter (Marsilio, pagine 188, euro 16,50).

È proprio una storia avvincente, che meritava di essere raccontata. Le lettere sono una di quelle testimonianze che confortano e scaldano il cuore. In tempi in cui le relazioni umane sembrano diventare più povere o fredde, o frettolose, o interessate, o addirittura violente… quando ci rendiamo conto che invece continuano a essercene di disinteressate, semplici ma profonde, fini e attente, desiderose di pace… ci sentiamo destinatari di un dono gratuito e inaspettato, riconciliati con l’umanità. Quando Peter e Guglielmina si incontrano sono passati 60 anni dalla tragedia di Gubbio. Allora tutti e due erano ancora in fasce. 60 anni segnati profondamente dalle conseguenze dolorose della morte dei rispettivi padri, sia in Italia sia forse ancor più in Germania. «Siamo come due bambini persi, diventati vecchi, che si incontrano dopo una lunga vita per riconciliarsi. Pur non avendo commesso niente che meriti una riconciliazione», scrive Peter in una delle sue lettere commoventi.

I protagonisti della vicenda sono quattro, o meglio sei: i due figli che passo passo nella loro corrispondenza condividono con discrezione e finezza il loro cammino e la lunga esperienza di dolore che hanno alle spalle; i loro due coniugi che li hanno capiti e accompagnati con amore, intelligenza e sensibilità nel loro cammino; i due padri, figure di cui le lettere lasciano trasparire un’intensa umanità, morti violentemente nella loro gioventù, lasciando vedove le giovani mogli e orfani gli adorati bambini… Che folle e immane tragedia la guerra! Ma la delicatezza e la profondità del rapporto di comprensione e condivisione di dolore e di amicizia, nato per miracolo fra Peter e Guglielmina ci permette di guardare di nuovo con fiducia e tenerezza verso la vita. Non c’è un filo di odio né di recriminazione in nessuna delle lettere, in nessuna pagina del libro. Sembra impossibile per una vicenda cominciata in mezzo a un fiume di sangue innocente versato da tante persone in un clima di odio e di barbarie. Eppure è così. Il dolore si respira a ogni pagina, ma anche tantissimo amore, discreto e profondo, inspiegabilmente capace di rigenerarsi e diffondersi, come le tante piccole piante di cactus nate da quell’unica piccola spina di cactus infilata come dono per il primo compleanno di Peter nella penultima lettera mandata dall’Italia da suo padre alla sua sposa pochissimi giorni prima di morire. Che forza la vita… che forza l’amore… dura oltre la distruzione della guerra… dura oltre la morte…