Agorà

IL SALONE DEL LIBRO. Dostoevskij in t-shirt

Maurizio Cecchetti venerdì 14 maggio 2010
Se il buongiorno si vede dal mattino il cielo ieri a Torino era grigio e il Salone del Libro al Lingotto sembrava aprirsi con una certa pigrizia, file lente all’ingresso, sguardi un po’ svagati; insomma, la meteoropatia vinceva. Ceneri o non ceneri del vulcano islandese, la giornata era uggiosa. Dunque, guardarsi intorno e pensare: si parla di memoria quest’anno e la prima memoria è quella delle edizioni degli ultimi anni dove, fra crisi economica e depressioni mentali, al Lingotto si era verificato l’effetto déjà vu: situazione che affligge, ahinoi, gran parte delle fiere e manifestazioni analoghe a quella torinese, forse perché è difficile variare la formula, salvo avere il coraggio di trasformare il Salone in una fiera "commerciale" di livello davvero internazionale, dove i primi affari non sono quelli che si fanno col lettore, ma con gli editori, comprando e vendendo diritti, progettando coedizioni, scoprendo nuovi autori o situazioni letterarie, coltivando l’innovazione. In realtà, la pigrizia mattutina era solo carburazione lenta, perché già due ore dopo l’apertura ecco un gran formicolare di operatori e visitatori, molti giovani, talvolta giovanissimi. Ed ecco anche il buongiorno: al Bookstock Village, nello spazio per i piccoli lettori la libreria 0-13 (anni) pullulava di formichine in t-shirt e cappellino con visiera, agguerrita popolazione di lettori in erba ma intraprendenti, pronti a mettere mano al portamonete per acquistare il libro del cuore. Più che discorsi o teorie vale l’osservazione sul campo: nello stand di un grande editore specializzato in volumi dal prezzo economico una sfilza di ragazzine, appena adolescenti, si sofferma su titoli del tipo: Devi baciare un sacco di rospi, ma anche Come baciare il rospo giusto, oppure Cercasi amore disperatamente; poco più in là, una coetanea col velo scruta pensosa la bandella de L’amata di Maometto; ma il parterre è articolato: nel tavolo accanto, quello dei classici, ragazzi un po’ più grandi compulsano Dostoevskij, Voltaire, Dickens, Kafka: non hanno l’aria di rivoluzionari né di marziani. Che le profezie sulla crisi del libro siano solo piagnistei senza fondamento? Si legge ancora, nonostante tutto; e, cosa forse naturale, si legge nelle stesse proporzioni di sempre: molta letteratura bassa o di consumo, e uno zoccolo forte – anche fra le t-shirt – di cultori di letteratura alta. Il vero tormentone però è un altro: vincerà l’e-book? Prevarrà il libro digitale su quello di carta? Un dibattito con alcuni esperti in materia offre dati utili: il libro tradizionale – ci informa Monica Manzotti di NielsenBookScan – sembra in buona salute: 325mila i titoli in commercio nel 2009, su un catalogo generale che ne conta 850mila. Resistono le librerie indipendenti, crescono quelle di catena, vola la vendita su internet (+14%). Fatturato complessivo del libro nel 2009: 1.365 milioni di euro. Dato significativo: i primi mesi del 2010, rispetto agli stessi del 2009, registrano un incremento di fatturato del 3,7%, dovuto non all’aumento del prezzo medio, ma a quello delle copie vendute. Alcuni segnali dicono che c’è anche una diversificazione dei gusti del lettore: nel 2008 nove libri da soli facevano il 5% dell’intero fatturato, nel 2009 sono stati 15 e finora nel 2010 sono 24 i libri che sommano il 5% (dietro questi dati c’è anche un cambio di strategia delle grandi case editrici che faticano a trovare bestseller come La solitudine dei numeri primi o Gomorra capaci di vendere milioni di copie, e puntano su libri, sempre di grande diffusione, ma con ambizioni e possibilità più moderate). Giovanni Peresson dell’Aie ha invece delineato la fisionomia e le possibilità dell’e-book nel futuro. Esiste un lettore nuovo, eclettico, che dispone di una biblioteca domestica cui associa spesso e volentieri il digitale. Tra i lettori, il 10% attinge al digitale per informarsi o per ragioni di studio; il 5% cerca anche romanzi e opere di svago. La lettura da schermo digitale dunque è in crescita: nel 2006 erano, secondo le proiezioni, 684mila i lettori di questo tipo, nel 2009 sono saliti a un milione e 775mila. A gennaio di quest’anno gli e-book erano lo 0,4% dell’intero monte di libri commercializzati in Italia, secondo il trend attuale si pensa che entro l’anno la pecentuale salga fino all’1,5. L’e-book piace e alcuni lettori sembrano persino impazienti, così gli editori si stanno attrezzando rapidamente. La questione della digitalizzazione dei libri è un tema che coinvolge anche Google, ma trova da parte di editori e autori qualche resistenza. È chiaro che sotto vi sono questioni di concorrenzialità. Gino Mattiuzzo, responsabile di Google Book Italia, da noi interpellato, spiega che si tratta di un’opportunità anche per gli editori, che possono guadagnarci. La cessione, dice, «può avvenire rendendo disponibile solo anteprime limitate che servano a invogliare poi il lettore all’acquisto del libro cartaceo». E aggiunge: «Appena verrà lanciata la piattaforma Google Editions, gli editori potranno decidere se sottoscrivere una partnership con Google per vendere i libri in formato digitale». E per quando è annunciata questa piattaforma? «Per fine anno». Vedremo: sembra questa la battaglia del futuro; un futuro fra i tanti possibili, si affrettano a dire gli editori. Che sia la solita querelle fra apocalittici e integrati?