Anniversario. Dorothy Day sempre a fianco dei “senza lavoro” e “senza casa”
Dorothy Day (1897-1980)
Nella sua autobiografia, continuamente ristampata da Jaca Book, aveva scritto: «Quando morirò spero che la gente dirà che ho cercato di far memoria di ciò che Gesù ci ha raccontato – le sue storie meravigliose – e ho cercato di vivere secondo il Suo esempio e seguendo anche la saggezza di scrittori e artisti come Dickens, Dostoevskij e Tolstoj, che vissero pensando sempre a Gesù». Qui torniamo a dirlo nel quarantesimo anniversario del suo addio, il 29 novembre 1980, mentre lei – Dorothy Day– riposa nel campo 10 del Resurrection Cemetery di Staten Island. Proprio lì, nell’isola di intellettuali e artisti, dove aveva conosciuto Forster Batterham, padre di sua figlia Tamar, dal quale si sarebbe separata per non cambiare le proprie idee pur continuando ad amarlo. Colmando poi la sua «lunga solitudine» donandosi pienamente agli altri «con i fatti e nella verità». Non a caso sulla sua lastra tombale insieme alle parole “Deo gratias” sono incisi, in alto, pane e pesci, simboli eucaristici. Non a caso nella cappella del camposanto, sulle vetrate raffiguranti santi americani c’è già il suo profilo. Già.
È stata chiamata in tanti modi: una giornalista radicale, anarchica, femminista, attivista libertaria, bohémienne, ma pure convertita, mistica, profetessa… Addirittura – a detta dello storico David O’ Brien – «la figura più importante, interessante e influente nella storia del cattolicesimo americano»: così rilevante che l’Fbi la riteneva pericolosa. Qualcuno, però, più semplicemente, l’ha definita una santa. Titolo che avrebbe fatto sussultare il cardinale conservatore Francis Spellman, arcivescovo di New York dal ’46 al ’67; che poi è stato usato ai suoi funerali quarant’anni fa dal cardinale Terence Cooke, pure più volte in disaccordo con lei; che è stato motivo di riflessione per i porporati successori: Edward Michael Egan, John O’ Connor, Timothy Dolan: il secondo aprendo la causa dopo il “nulla osta” vaticano nel 2000, il terzo avviando l’inchiesta canonica per la raccolta di testimonianze decisive a determinare l’esistenza delle “virtù eroiche” da presentare a Roma.
Citata da papa Francesco cinque anni fa, a Washington, nella sede del Congresso tra le figure che «hanno dato forma a valori fondamentali e resteranno per sempre nello spirito del popolo americano», Dorothy Day è probabilmente colei che ha rappresentato l’impegno maggiore nell’applicazione degli insegnamenti sulla giustizia economica e sociale e sul male della corsa agli armamenti. Una militante a fianco dei “senza lavoro” e “senza casa”. Sempre accanto a quell’ umanità vulnerabile che la crisi economica del ’29 e la Grande Depressione avevano fatto esplodere. Come? Con le marce, i digiuni, le preghiere, e – dal primo maggio ’33 – con il “Catholic Worker” (fondato insieme a Peter Maurin, Stanley Vishnewski, Ade Bethune…), un mensile passato in due anni da 2.500 a 150.000 copie. Un progetto non solo editoriale, ma fondato su due livelli di intervento: la chiarificazione del pensiero con la stampa, la creazione di case di ospitalità e di comuni agricole dopo aver assunto i tratti di una community costellata di centri di solidarietà.
Un movimento che voleva servire i poveri e, al contempo, sfidare le strutture causa di tante disuguaglianze, parallelamente all’ impegno pacifista su diversi fronti: la guerra fredda, il terrore nucleare, Cuba, il Vietnam. Ecco Dorothy, sorta di “coscienza radicale” della Chiesa cattolica americana di allora, che non rallentò nemmeno con l’avanzare dell’età. Una vita di azione e pensiero conclusa a ottantatré anni. Segnata dal dinamismo della carità, e da una dimensione mistica per la costante relazione con Cristo. Intrisa del discorso delle Beatitudini. L’avventura da non dimenticare di una donna di fede che non fu esente da dubbi. Ma che mai dubitò di una fede che tutti chiama al servizio. Una santa per i tempi di oggi? “Non chiamatemi santa. Non voglio essere allontanata così facilmente” disse una volta. Di certo resta una testimone credibile, un esempio cui guardare in un mondo in cui la divisione fra ricchi e poveri ha raggiunto sproporzioni ancor più folli di quando la denunciava, in un mondo non solo sempre dilaniato da guerre, ma che si combattono facendo un uso blasfemo del nome di Dio.