Memoria. Vogelmann: «Dopo Auschwitz, posso superare ogni avversità»
Bergen-Belsen (Ansa)
Da La notte di Elie Wiesel fino al Talmud Babilonese, in Italia molti testi capitali della tradizione ebraica e della riflessione sulla Shoah sono stati pubblicati dalla Giuntina, la casa editrice fondata nel 1980 da Daniel Vogelmann e ora guidata dal figlio Shulim. Un’impresa familiare le cui origini risalgono alla generazione precedente, quella di Schulim Vogelmann, tipografo e imprenditore nato a Tarnopol, in Galizia, nel 1903, internato ad Auschwitz, morto a Firenze nel 1974.
A lui è intitolata una delle collane più riconoscibili della Giuntina, all’interno della quale appare adesso la Piccola autobiografia di mio padre redatta dallo stesso Daniel Vogelmann (pagine 34, euro 5,00). Si tratta di un testo prezioso, non solo per la capacità di condensare in pochissimo spazio una storia personale nella quale si rispecchia la drammatica epopea dell’ebraismo novecentesco, ma anche perché torna a porre, in modo tanto delicato quanto sostanziale, la questione della memoria e del dovere di testimonianza. Nel caso dei due Vogelmann è Schulim a parlare, anche se le parole sono materialmente fissate sulla carta da Daniel, che esce allo scoperto solo nella toccante appendice finale, nella quale troviamo una manciata di poesie dedicate a Sissel, la sorellina mai conosciuta (nata nel 1935 dal primo matrimonio di Schulim, fu uccisa al suo arrivo ad Auschwitz nel 1944).
La continuità morale del racconto è affidata alla prima frase del libro: «Sono nato su un treno mentre la città bruciava», la stessa con la quale Schulim aveva pensato di aprire l’eventuale resoconto della sua vita. Prima ancora di essere portato a compimento dal figlio, del resto, quel progetto si era riverberato nel romanzo d’esordio del nipote Shulim, mentre la città bruciava appunto, uscito nel 2004 e incentrato sull’esperienza israeliana di un giovane ebreo italiano. Anche il nonno Schulim si era spinto in Palestina all’inizio degli anni 20, militando nell’esercito britannico ma decidendo abbastanza presto di tornare in Europa. Stabilitosi a Firenze su suggerimento del fratello, il rabbino Mordechai, imparò presto a padroneggiare le tecniche tipografiche e grazie a questa abilità era riusciuto a sopravvivere nei lager, fino a entrare nella celebre 'lista di Schindler'. In precedenza, a Plaszow, era stato coinvolto nel piano di contraffazione della sterlina che, nelle intenzioni dei gerarchi nazisti, avrebbe dovuto minare la stabilità della Gran Bretagna. «Ho superato Auschwitz, supererò anche questo » è la massima con cui, tornato in Italia e risposatosi con Albana Mondolfi (la madre di Daniel), Schulim aveva deciso di affrontare le avversità. «Mi sono sempre considerato un ish anàv, un uomo semplice», gli fa dire il figlio, che però aggiunge: «ma ciò fu detto anche di Mosè nostro Maestro…».