È stata una delle voci più significative della cultura cattolica italiana, che ha lasciato un segno fondamentale nella narrativa del Secondo Novecento. Ci ha lasciato all’età di 92 anni lo scrittore Rodolfo Doni, che era nato a Pistoia nel 1919 e non ha mai smesso di essere presente, anche negli ultimi anni, con la sua scrittura, che coglie una dimensione di impegno sociale e politico, ma anche di grande riflessione sugli aspetti umani del rapporto dell’uomo con la propria fede. Lo sta a dimostrare uno dei suoi ultimi libri,
Con te nella resurrezione. Memoriale per un figlio, uscito nel 2008 da Polistampa, a Firenze, l’intenso dialogo di un padre con il figlio, che ha perso la vita in un incidente d’auto. Qui Doni mette in gioco se se stesso, raccontando la storia di una vita, rivissuta alla luce di un dolore interiore, in cui il rapporto con il figlio continua oltre la morte e diventa la storia di un anelito alla Verità, il cui unico vero senso è nella ricerca e non nella comprensione. È un libro che può essere visto come una sorta di testamento spirituale, che ci racconta l’intensità del percorso di fede di Doni, quello che ha raccontato nella sua lunga storia di narratore. Una storia che fin dagli inizi ha prediletto una precisa tematica di impegno sociale, una sorta di vocazione che lo scrittore ha maturato anche attraverso la partecipazione militante alla Resistenza e a movimenti culturali di ispirazione cristiana. In Dialoghi con Dio. Mistici, patriarchi e profeti dedica un ampio capitolo alla figura di Giorgio La Pira, fondamentale nella sua formazione, definendolo, «profeta di pace e civiltà cristiana». La sua è una scrittura che alterna romanzo e riflessione morale ed etica, spesso dettata dalla necessità autobiografica di parlare attraverso una sorta di "diario in pubblico" che diventa anche "storia di un’anima" che va alla ricerca di una propria personale e autentica dimensione di fede. Pubblica i primi libri negli anni Cinquanta, da
Sezione Santo Spirito del 1958 a
Fuori gioco del 1962, da
Faccia a faccia del 1964 a
La provocazione del 1967. Nel frattempo collabora con quotidiani e riviste. Un importante riconoscimento gli deriva dal Premio selezione Campiello che gli viene assegnato nel 1974, per
Muro d’ombra, uno dei suoi libri più intensi, anche se il suo romanzo maggiore resta un grande affresco epocale, uscito nel 1980,
La doppia vita, più di seicento pagine in cui Doni racconta la storia di due anime: da un lato la vicenda del deputato Giovanni Fedeli, cattolico tormentato e perplesso, dall’altra quella dello scrittore Andrea. Si tratta di due percorsi umani che, con i loro drammi e le loro tensioni morali e religiose, si intrecciano alla storia di un intero Paese, l’Italia, colto nei suoi momenti cruciali. E va segnalato il più recente romanzo
Conversione, che ha al centro la storia di un industriale cattolico, la cui fede non lo ha mai messo al sicuro dalle sue colpe, di una famiglia in crisi, di una fabbrica che diventa simbolo di molte tensioni sociali. Scrittore che amava definirsi “autodidatta”, Rodolfo Doni diceva di aver trovato la sua fede in guerra «e quindi ha radici profonde», ha attraversato vari decenni della storia italiana, incrociando, nei suoi romanzi e nei saggi, non pochi dei temi e delle sfide cruciali del nostro tempo, dalla passione politica al confronto con la cultura contemporanea fino ai tormenti della vocazione sacerdotale. La ricchezza del suo percorso letterario lo svela la raccolta dei suoi racconti,
Il salto di Luca, pubblicato da Ares, nel 2006, in cui Cesare Cavalleri ritrova in un’affermazione di Doni la chiave per spiegare la sua importanza: «È dunque una doppia esplorazione che compio in queste pagine, dove la fantasia avrà la sua parte, ma solo per fare più verità». Aggiunge Cavalleri: «Ecco, esattamente questa è la funzione della letteratura: nasce dall’esperienza, dal vissuto personale, dalla cronaca e dalla storia ma, attraverso l’interpretazione che ne dà la fantasia, ne coglie la verità, ne rivela il senso per dilatare il vissuto del lettore».