Intervista. Terence Hill: «Don Matteo ha ancora molto da dire»
Terence Hill in una foto di scena
Grande successo per la prima puntata della 12ª serie. Terence Hill: «L’ultima? Per questa tonaca sdrucita ci sono tante altre storie da raccontare» Se c’è una parola che Terence Hill non ama, nonostante sia nel cuore del pubblico da tanti anni, è 'successo'. Come definire allora il risultato ottenuto, giovedì scorso, da Don Matteo 12? La prima puntata della nuova stagione ha raccolto davanti alla televisione ben sette milioni di spettatori, pari al 30% di share che è diventato 37% nel finale. Numeri a dir poco da capogiro in una tv che fa sempre più fatica a fare ascolti…
Ci sarà un segreto, una ricetta per ottenere risultati così? Terence assicura di no: «Se esistesse una formula, nessuno farebbe più flop». E allora? Alla base di un successo simile c’è per l’attore un mix azzeccato, un insieme di elementi la cui unione è, diciamo così, riuscita alla perfezione. A partire da un pubblico che la sera, dopo una giornata di impegni e di lavoro, ha bisogno di un po’ di serenità e di speranza e dal protagonista che il suo interprete definisce nientemeno che «una figura epica». E spiega: «Don Matteo è un po’ come il pistolero Trinità. Non ha un passato, non ha parenti. Ad un certo punto della serie si era anche pensato di fargli fare carriera, di farlo diventare vescovo, ma sarebbe stata una scelta sbagliata per un personaggio di cui non sappiamo da dove viene né dove va». E, aggiungiamo noi, non ha nemmeno un cognome. Originariamente, almeno sulla carta, il prete-investigatore si chiamava Bondini ma ben presto il cognome è scomparso: «Don Matteo, così com’è, è il personaggio ideale per una serie che non finisce mai. Quando mi sono trovato davanti alla necessità di scegliere se lasciare Don Matteo o Un passo dal cielo, perché due serie così lunghe non potevo continuare a farle, non ho avuto dubbi: Pietro, la guardia forestale di Un passo dal cielo, aveva esaurito la sua parabola, gli avevamo fatto fare tutto ciò che era possibile. Questo con don Matteo non può succedere».
Terence Hill in tonaca e bicicletta sul set di “Don Matteo 12” - Ufficio stampa / Ansa
Dunque non è vero, come è stato detto e scritto, che la dodicesima stagione sarà l’ultima della serie? «L’ultima parola spetta sempre alla Rai. Per quel che mi riguarda sono pieno di entusiasmo e di energia e Don Matteo può benissimo andare avanti» risponde Terence. Che, grazie alla fiction ideata e prodotta dalla Lux Vide, da vent’anni a questa parte ha acquisito la popolarità televisiva dopo quella cinematografica conquistata negli anni Settanta con Trinità e in coppia con l’amico Bud Spencer. In realtà, va detto, i primi a pensare a lui come protagonista di una serie televisiva non erano stati i produttori della Lux Vide ma quelli di Mediaset. È lo stesso Terence a ricordarlo: «Da Mediaset mi avevano cercato per una serie in cui avrei dovuto interpretare un prete-investigatore che era anche a capo di una squadra di paracadutisti. L’idea mi era piaciuta anche perché, quando avevo quindici anni, avevo interpretato un paracadutista nel film Divisione Folgore. Così abbiamo iniziato a lavorare a questa serie». Finché non è arrivata la proposta della Lux Vide: «Anche loro stavano pensando a una serie su un preteinvestigatore e Matilde Bernabei aveva pensato a me come protagonista. Il progetto mi è piaciuto subito perché mi avrebbe permesso di raccontare la provincia italiana». Nel caso specifico, quella umbra tanto cara a Terence visto che suo padre era originario di Amelia, in provincia di Terni. Prima di dare l’ok definitivo, però, l’attore ha chiesto alcune modifiche del progetto così com’era stato pensato. A partire dal titolo e dal nome del protagonista che, originariamente, erano Il diavolo e l’acquasantae don Teodoro e che, grazie a lui, sono diventati entrambi Don Matteo.
Terence è anche intervenuto sul mezzo di trasporto scelto per il 'suo' prete: «L’ideatore della serie, Enrico Oldoini, lo aveva immaginato a bordo di una moto. Io ho chiesto che don Matteo usasse invece la bicicletta perché è un mezzo più ecologico e perché ci avrebbe consentito di dare un maggior movimento alle scene. Oggi possiamo dire di avere fatto la scelta giusta: la bicicletta è diventata un simbolo di don Matteo». Un po’ come la tonaca, vecchia di vent’anni e ormai consunta. Quella che vedete addosso a Terence Hill in Don Matteo 12 è, infatti, la stessa delle undici stagioni precedenti: «Non ho mai voluto cambiarla. Qualche anno fa, dopo diverse insistenze, ho accettato di farmene fare una nuova, sono anche andato a farmi prendere le misure. Poi, quando me l’hanno consegnata, l’ho appesa in camerino e ho continuato a usare la mia che è piena di rattoppi. All’inizio mi sono beccato qualche critica ma da quando c’è papa Francesco nessuno mi dice più niente, sono libero di vestirmi un po’ da prete straccione!». Tornando al successo di Don Matteo, Terence Hill lo divide volentieri con i suoi colleghi. A partire da Nino Frassica: «Siamo una coppia ben riuscita, come don Camillo e Peppone. In scena ci capiamo al volo e, nella vita, siamo diventati ottimi amici» dice. E conclude con un aneddoto: «Qualche tempo fa sul set, durante una pausa, mi si è avvicinata una signora e mi ha chiesto di confessarla. Le ho spiegato che non era possibile perché non sono un prete vero. Allora lei se ne è andata ma… non mi è sembrata molto convinta!».