L'evento. Don Diana, per amore solo per amore
Il musicista Ambrogio Sparagna
«Don Peppe diceva “in nome del mio popolo non tacerò”. Per questo venne ucciso dalla camorra. Noi vogliamo continuare a non tacere, dando voce alle sue parole attraverso la musica». A parlare è Ambrogio Sparagna, musicista quasi coetaneo del parroco di Casal di Principe, ucciso il 19 marzo 1994. «Aveva quasi la mia età, anche io come lui sono stato capo scout per tanti anni. Amava i concerti come li amavo io. Veniva da una condizione familiare umile come la mia. C’erano tantissime affinità anche se non ci siamo mai incrociati. Però attraverso i racconti che mi hanno fatto e attraverso le sue parole, lo trovo molto vicino a me. Così come conosco la camorra dei “casalesi” ben presente anche nella mia Formia ». Nasce così, e dal rapporto col Comitato don Peppe Diana, il progetto che sfocerà questa sera, alle ore 20, nel Duomo di Aversa, nella Sacra rappresentazione ispirata a scritti, commenti evangelici e ricordi della vita pastorale del giovane parroco.
Il titolo è proprio Per amore del mio popolo io non tacerò, lo stesso del documento che nel Natale 1992 elaborarono don Peppe e gli altri parroci della Forania di Casal di Principe. Documento dirompente. «La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana», scrivevano i parroci. Troppo per il potentissimo clan dei “casalesi” che decise di ucciderlo il giorno del suo onomastico. Aveva appena 36 anni. Sparagna, con gli amici veri casalesi, ha scelto di raccontarlo, di esserne voce, attraverso il canto popolare. «Perché la cultura popolare è una cultura alta, nobile che nelle nostre zone ha una radice antica, attraverso il legame con la sacralità della terra ».
Una rappresentazione (dove spiccano alcune liriche di Salvatore Nappa e le narrazioni di Raffaele Sardo, giornalista amico di don Peppe) il cui tessuto musicale è ordito dalle voci e dai solisti dell’Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium del Parco della Musica di Roma, dal gruppo Polifonia Aurunca, diretto da Anna Rita Colaianni, ed è arricchito dalla partecipazione di Peppe Servillo e Gianni Aversano. «Don Peppe era un’amante della canzone, in particolare della canzone popolare – sottolinea Sparagna – . Oltretutto quella è una zona dove è fortissima la presenza di questa musica, soprattutto la tamurriata”. Che piaceva tanto a don Peppe. Sul web è possibile trovare un filmato di una festa di immigrati africani organizzata dal parroco e dai giovani che collaboravano con lui. Si canta, si balla e anche don Peppe partecipa battendo le mani e poi tambureggiando sul tavolo.
«Ci venne l’idea di organizzare una serata di festa invitando tanti di quei ragazzi – ricorda Salvatore Cuoci del Comitato don Peppe Diana e tra i protagonisti dell’attuale progetto – . La cena finì con balli e canti, tra tamburi africani e tamurriate, per la gioia di don Peppe che le amava molto». Non è la prima volta che la musica e il teatro raccontano la figura di don Peppe. Nel 2008, Libera Caserta e il Comitato don Peppe Diana si inventano e realizzano il Festival dell’impegno civile, la prima rassegna in Italia interamente realizzata nei beni confiscati. Nella “villa bunker” di Mario Caterino viene presentato il bellissimo e toccante spettacolo teatrale Ass e’ Marz, sulla vita di don Peppe, messo in scena dell’associazione teatrale Scaramouche di Aversa. Ricordiamo poi la canzone di Lucariello, rapper di Secondigliano: «Pe’ ll’ammore che sent’ p’a gent mje nun pozz’ sta’ zitt’... pozz’ pure morì!».
E quella di Alfonso De Pietro. «Per amore del mio popolo io non tacerò e avrò il coraggio di avere paura e abbraccerò fino in fondo la croce che Dio ha scelto per me». Ma ora si fa un importante passo in più. Un concerto-preghiera, il Mistero della Nascita, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo è unito alla straordinaria figura di don Peppe attraverso una serie di canti tradizionali sacri e alcune composizioni originali che narrano gli ultimi momenti della vita del parroco. E non è un caso la scelta di rappresentarla nel Duomo di Aversa. «Non l’avrei fatta in un altro posto. La chiesa in questo momento deve essere un luogo centrale per il recupero di una dimensione comunitaria. Che poi è quello che cercava di dire don Peppe». «Tieneme ’e mmane canta cchiù forte. Ca si staie zitto fai vencere ’a morte. Io nun sto zitto no. Io nun sto zitto. Io nun sto zitto no P’’a genta mia». Si canta all’inizio. Per chiudere con una sorta di massaggio di don Peppe.
«Per amore del mio Popolo io non tacerò. E quando vi sentite soli sconfitti e delusi cercatemi chiamatemi. E ora che è marzo il sole è alto nel cielo, la Primavera sta per arrivare. Per amore del mio Popolo io non tacerò». Pochi giorni prima di essere ucciso don Peppe fece un forte appello: «Bisogna risalire sui tetti a riannunciare la “Parola di Vita”». Oggi la musica vuole raccontare anche i tanti che, raccogliendo il suo appello, l’hanno trasformato in resistenza e poi in concreta rinascita, in una vera Primavera. Un’opera sospinta da un sogno sempre più presente: vedere don Peppe beato come don Pino Puglisi. «Quella beatitudine che non è quiete ma forza: fuoco vivo, energia vitale che ci coinvolge profondamente nel desiderio di costruire comunità libere, solidali e sane». Quel popolo per il quale don Peppe non ha taciuto.