Sorprende vedere un santo con una pistola in mano o mentre agita in aria una sedia per difendersi dai banditi, compie acrobazie da funambolo, lava i piatti, gioca con i ragazzi, tratta con familiarità papi, ministri e scrittori. Eppure anche questo può accadere nel "territorio" del fumetto, che quando evade dai confini dell’immagine devozionale, ripetitiva e rassicurante, si dimostra in grado di riformulare biografie di grande impatto popolare, non prive di aspirazioni educative e di efficacia vocazionale. È ciò che accade al fumetto religioso più diffuso di tutti i tempi, la cui storia inizia con l’ingegnosa intuizione di un devoto editore e con l’iniziale perplessità di un giovane, promettente disegnatore. Siamo in Belgio, negli anni della Seconda guerra mondiale. Il Paese è stato invaso dalla Germania nel maggio 1940, re Leopoldo III ha firmato una resa frettolosa e incondizionata e la pubblicazione di molti periodici è stata sospesa. In questo infelice contesto, René Matthews, genero dell’editore Dupuis di Marcinelle, vuole stampare una biografia di Don Bosco a fumetti. Ne parla con Joseph Gillain (1914-1980), allora ventiseienne, collaboratore di riviste per ragazzi e autore di storie e copertine. A Jijé – è questo il suo nome d’arte – l’idea sembra un po’ strana, poco interessante e persino un po’ bigotta. Ma dopo molte insistenze accetta, si documenta e si mette all’opera. Già dalle prime tavole scopre che il soggetto può risultare avventuroso e vivace. Alla fine ne è entusiasta. Ancora non sa di essere il protagonista di una vera e propria avventura editoriale che contribuirà alla sopravvivenza economica della casa editrice Dupuis e, secondo i salesiani, anche a un aumento delle vocazioni. Nell’aprile 1941 Jijé inizia a pubblicare a puntate sul settimanale
Spirou la sua monumentale biografia in 99 tavole, uno dei primi fumetti realisti disegnati in Europa e probabilmente anche la prima agiografia di ampie dimensioni in un contesto dominato da strisce umoristiche. L’impresa termina nel 1942 e la storia viene successivamente riunita in volume diventando un bestseller: oltre 200 mila esemplari diffusi in cinque edizioni in bianco e nero dal 1943 al 1949. Superate le centomila copie, Don Bosco viene eletto protettore della casa editrice Dupuis e il suo ritratto viene collocato sulla parete di uno degli atelier. Dal settembre 1946 all’agosto 1948 la biografia torna nuovamente su Spirou, riproposta, pur con numerose interruzioni, nell’edizione del periodico destinata al pubblico francese, dove sostituisce una storia di Tarzan. Sull’onda del successo, alla fine degli anni Quaranta Jijé decide di ridisegnare completamente il fumetto. Parte per l’Italia, visita i luoghi di Don Bosco, osserva i volti, coglie le caratteristiche del paesaggio e realizza la seconda versione della biografia in 106 tavole, pubblicata in bianco e nero sul settimanale
Le Moustique dal novembre 1949 al novembre 1950. È un nuovo successo, persino superiore ai precedenti, che resisterà nelle librerie per oltre mezzo secolo con edizioni in volume, anche a colori, e in più lingue fino al 2004. Evocazioni storiche, suspense e umorismo si alternano nelle due versioni dell’opera dando vita a un grande affresco, ricchissimo di episodi, che pur ispirandosi all’agiografia tradizionale cerca di evitare le immagini di una religiosità troppo ingenua e puerile. Più romanziere che meticoloso biografo, l’autore trascura date e punti di riferimento temporali precisi e, per privilegiare i tratti più dinamici della vita del santo, si concede grande libertà di improvvisazione, alternando vigorose scene d’azione e tensioni psicologiche, situazioni comiche e circostanze tragiche. Sotto la matita di Jijé, Don Bosco diviene così un moderno eroe, popolare e cristiano, che agisce su ispirazione della Provvidenza. Innovatore, ottimista e decisamente antiborghese, è dotato – proprio come i valorosi personaggi dei fumetti – di una plasticità che gli consente di adattarsi ai cambiamenti storici, e talvolta di anticiparli, senza rinunciare a una sana parte di follia.