Musical. Quel diavolo d'un Dante che appassiona i giovani
Impressionano gli effetti speciali "immersivi" della nuova scenografia dantesca
Le paludi e i ghiacci eterni dell’Inferno che intrappolano i dannati, ma anche la malinconica nostalgia delle anime nel Purgatorio, e infine l'irrompere della luce alla scoperta dell’“Amor che move il sole e l’altre stelle”, ultimo verso del Paradiso di Dante, il tutto raccontato con l’energia travolgente del musical: torna nei teatri, rivoluzionata e arricchita di nuovi personaggi, La Divina Commedia Opera Musical musicata da Marco Frisina, presentata al Teatro Arcimboldi di Milano dal regista Andrea Ortis con il cast al gran completo. Il demonio Caronte con gli occhi di brace arriva in conferenza stampa in jeans e giubbotto, eppure nel breve assaggio di spettacolo a favore dei giornalisti la risata rock, con cui tormenta i dannati là dove ogni speranza va lasciata, crea vera inquietudine. Così come il trionfo finale dell’amore, recitativo di tredici voci ognuna con una partitura diversa, emoziona e strappa un applauso di sollievo.
Chiaro che sui palcoscenici l’effetto sarà centuplicato, grazie a scenografie “immersive” con 70 proiezioni in 3D, 12 ballerini acrobati e 200 costumi di scena (dal 25 al 27 gennaio alla Fenice di Senigallia, dal 30 gennaio al 4 febbraio all’Arcimboldi di Milano, poi al Brancaccio di Roma, all’Alfieri di Torino e al Politeama di Catanzaro): «Il tutto è pensato non per ottenere un effetto eclatante – spiega il regista Ortis – ma al servizio della parola. A ogni personaggio che incontra, Dante chiede di raccontargli la sua storia: una serie di flashback le cui atmosfere sono amplificate dai sorprendenti effetti di luci e i continui cambi di scena, senza mai tradire il testo originale». Fatte le dovute proporzioni, lo stesso obiettivo con cui Gustave Dorè illustrò la Commedia.
Un breve medley del musical, realizzato in conferenza stampa all’Arcimboldi
La struttura è quella dell’opera, con arie, duetti, cori e recitativi, ma l’impatto e lo stile sono del musical, più vicino alle nuove generazioni: non a caso all’Arcimboldi le matinée dedicate alle scuole sono già tutte esaurite con 6.500 studenti prenotati. «Il pubblico del Duemila coglie ancora in pieno l’intramontabile attualità del poema che ha dato inizio alla nostra identità di popolo», continua Ortis, «tre grandi folli nello stesso scorcio di medioevo cambiarono il mondo, Giotto operò la rivoluzione della pittura, Francesco la rivoluzione dell’anima e poi questo terzo genio, Dante, fondò l’identità italiana con la lingua volgare. E noi nel suo volgare recitiamo e cantiamo, lasciando intatte le terzine canoniche che si studiano a scuola, ma riassumendo altri passaggi in una sintesi letteraria molto fedele». E ad unire le parti è la voce narrante di un attore del calibro di Giancarlo Giannini, il Dante adulto che ricorda se stesso e i suoi dilemmi.Un’operazione artistica che però è anche percorso di vita, sia per gli interpreti che per il pubblico: «Anche noi partiamo dalla nostra selva oscura e ci avviamo con il poeta in questo cammino terapeutico alla scoperta di un senso. L’uomo di oggi ne ha un estremo bisogno e noi ci rivolgiamo a tutti, con un linguaggio accessibile anche ai più giovani», assicurano uno per uno i cantanti. Insomma, non è uno spettacolo d’élite per puristi filologi (anche se la “Società Dante Alighieri” ha conferito al musical la medaglia d’oro), ma nemmeno una rilettura irriverente, anzi: Dante – ricorda Ortis – nella realtà non fu mai «l’arcigno profilo dallo sguardo accigliato e con l’alloro in testa che abbiamo piazzato su un piedistallo, al contrario, desiderava raggiungere più esseri umani possibile e pur di parlare a tutti rifiutò il latino, componendo il poema nella lingua del popolo. Per noi la ricompensa più bella sono gli studenti che escono stupiti dallo spettacolo o le lettere di chi ci ringrazia perché ha ritrovato la risalita dalla sua selva oscura personale».
Una delle scene: la Città di Dite, nell'Inferno di Dante - Teatro Arcimboldi
Il primo ad aver creduto possibile trasformare in musical la Divina Commedia è stato monsignor Marco Frisina, rettore di Santa Cecilia: «L’idea mi è balenata molti anni fa pensando ai diversi personaggi ognuno portatore di un’umanità propria, per cui occorrevano stili musicali diversi – racconta il compositore –. Ho iniziato provando a musicare tre donne, Francesca, Pia de’ Tolomei e la Vergine madre figlia del suo Figlio, e mi sono accorto che i versi di Dante hanno già una loro musica interna, l’Inferno con le sue note pietrose, il Purgatorio con i colori pastello di albe, tramonti e “ore che volgono il disìo”, il Paradiso fatto di danze, luce e stupore. Ci sono voluti anni e il fatto che ogni allestimento porti sempre novità significa che l’opera è ancora viva». Ogni personaggio ha il suo stile musicale, «Francesca da Rimini, trascinata eternamente dal vento come in vita lo fu dalla passione per Paolo, ha una dolcezza belliniana; la diabolica Città di Dite è affidata al rock delle chitarre elettriche; Ulisse canta nei toni epici da film di Hollywood; il conte Ugolino, spinto dalla fame a divorare i propri figli, è dodecafonico, atonale, smembrato, difficile da cantare; mentre la luce dolcissima di Beatrice, colei che salva Dante e lo conduce a Dio, musicalmente è una scala ascendente. Il tormento e la luce: sono questi i due temi per tutta l’opera – conclude Frisina –, che comincia proprio con “l’aria di Dante”, un brano musicale contorto come il suo animo all’inizio del viaggio».
Virgilio conduce il terrorizzato Dante tra i dannati dell'Inferno - Teatro Arcimboldi
Non solo uno spettacolo, dunque, ma una bussola in questi tempi difficili, come spiega Gianmario Pagano, coautore dei testi: «Ogni singolo personaggio della Commedia meriterebbe un’opera a sé, ma dovevamo scegliere, e la mia guida per questa selezione-elezione è stata rileggere Dante alla ricerca del senso, contro la odierna dispersione dei significati».
«Io sono l’area rock dell’opera», sorride presentandosi Antonio Sorrentino, il Pier delle Vigne intrappolato nel suo corpo divenuto arbusto come pena del contrappasso per essersi suicidato, «e anche per me scoprire Dante è stata una reale psicoterapia». «Io porto in scena il garbo di Pia de’ Tolomei uccisa dal marito – dice Sofia Caselli – e prego Dante di essere ricordata dai vivi, non solo per lasciare più in fretta il Purgatorio, ma in nome di tutte le donne morte come me, oggi diremmo per femminicidio». Il versatile Gipeto dai mille volti interpreta Caronte, Ugolino e pure San Bernardo: «Caronte per i ragazzi di oggi è lo scafista, traghetta per mestiere e per denaro, le monete che coprivano le palpebre dei morti. Ugolino è un politico arrivista, non sappiamo se divorò davvero i suoi figli, ma certo divorò il loro futuro. Poi però divento anche San Bernardo e spingo Dante a guardare in alto, verso la luce». Leonardo Di Minno è l’UIisse da kolossal, ma anche l’alta figura di Catone e il poeta Guinizzelli, «con Dante si stuzzicano tra amici, si prendono in giro, come fanno i rapper oggi». Valentina Gullace interpreta Francesca, anche lei uccisa dal marito, e la briosa Matelda dell’Eden, Beatrice ha la voce di Myriam Somma, Virgilio del regista Andrea Ortis, Dante Alighieri di Antonello Angiolillo.
Dopo due ore di gironi infernali, bagliori rosso fuoco e faticose risalite, finalmente la solenne processione introduce il momento in cui Beatrice – colei che beatifica – diventa luce e guarisce dalle tenebre: solo nell’incontro con la donna e quindi con l’Amore, ci dice Dante, l’uomo ritrova se stesso, esce dalla selva e arriva a Dio. Sul palco allora la luce esplode accecante e tutte le voci prorompono in coro armonico: una catarsi contagiosa, da cui si esce rinnovati. O almeno col buon proposito di esserlo.
Il cast del musical "La Divina Commedia" in conferenza stampa al Teatro Arcimboldi di Milano - Avvenire