Formula 1. «Diventare piloti è ormai un lusso»
Per un Sebastian Vettel che lascia la F1, alle prese con un cambio generazionale che entro 12 mesi vedrà sparire altre due icone del mondiale come Hamilton e Alonso, la domanda è: chi saranno i loro eredi? In F1 i nomi non mancano, da Russell a Verstappen, da Norris a Ocon, ma oltre l’accesso alla massima categoria, è diventato problematico anche cominciare. Non è un caso che Lewis Hamilton ha aperto un fondo per aiutare i giovani piloti di talento ma discriminati per mancanza di soldi. Un po’ quello che era accaduto a lui da ragazzo, quando il padre Antony faceva tre lavori per farlo correre coi kart a livello professionale. Ed erano tempi migliori di quelli attuali, certamente meno costosi se un ferroviere col dopo lavoro (il papà Antony era dipendente delle ferrovie britanniche, ndr) è riuscito a far correre Lewis. Quando Sebastian Vettel ha cominciato a correre, la situazione economica non era certo quella attuale. Correre in auto è sempre stato costoso, ma se avevi il talento, c’erano categorie poco impegnative, dal punto di vista economico, che ti permettevano di emergere. È stato così con Vettel e gli inizi con la F.BMW, una via di mezzo fra un kart e una monoposto dai costi accessibili. È stato così con altri campioni.
Oggi la situazione è cambiata e i primi a lamentarsi sono proprio i protagonisti di quelle che sono state stagioni epiche del mondiale: «Mio figlio ha corso 6 gare col go kart - dice Mika Hakkinen, due volte campione del mondo di F.1 mi hanno fatto pagare 35 mila euro. Una follia da spendere per un bambino di 8 anni. Se vuole continuare, i costi salgono fino a oltre 200 mila euro a stagione, che poi sono poco più di 10-12 gare. Tutti questi soldi per correre col kart? Una follia, impensabile sostenere queste cifre anche per me che conosco l’ambiente e so dove mettere le mani». Gli fa eco Alex Wurz, ex pilota Benetton e 2 volte vincitore della 24 ore di Le Mans: «Mio figlio ha corso in F.4 in Italia e abbiamo speso oltre 200 mila euro per una stagione di 10 gare. I costi erano anche più alti e dopo aver speso tanto, grazie anche a qualche sponsor, per fare il salto di categoria servivano altri soldi ancora, impensabile e impossibile». Chi ha fatto fare il salto al proprio figlio è stato Jarno Trulli, pilota Renault e Toyota, vincitore del GP di Montecarlo nel 2004: «Abbiamo corso coi kart spendendo poco, più o meno mille euro a gara, ma perché io facevo il meccanico e mio figlio Enzo dava una mano. Dormivamo nel camper, mangiavamo una pizza e stavamo attenti a tutto. Poi con la F.4 ha vinto il campionato degli Emirati Arabi, abbiamo speso il giusto, ma sempre arrangiandoci, adesso siamo in F.3 e i costi sono schizzati alle stelle. Per essere competitivi dovremmo spendere almeno un milione di euro per la stagione più altrettanti per fare test in giro. Impossibile, non abbiamo tutti questi soldi da spendere e poi, per cosa? Arriveremo a fine anno facendo la figura dei poveri, perché il milione di euro da spendere non c’è e siamo sempre in fondo alla classifica. Se anche spendessimo quei soldi, non andremmo da nessuna parte, per cui a fine stagione tiriamo le somme e ci dedicheremo ad altro».
Un altro pilota, con due campionati del mondo sul gruppone, Fernando Alonso, ha aperto una sorta di filiera col kart in Spagna dove sul circuito del museo cerca nuovi talenti: «Ho visto cosa costa correre col kart, pazzesco. Ho un ragazzino molto bravo, di talento, ma con quelle cifre che chiedono diventa impossibile dargli una mano». Si parla infatti di oltre 250 mila euro a stagione per un ragazzo di 11 anni. Calcolando che a 16 anni possono debuttare in monoposto, prima di arrivare alla F.1 la filiera attuale prevede dei costi folli: 4 anni col kart a 250 mila euro all’anno, un paio d’anni in F.4 a circa 300 mila euro a stagione, un anno di F.3 a un milione di euro, due anni di F.2 a 2,5 milioni, prima di poter accedere alla F.1, serve un budget di almeno 8 milioni di euro. Sperando di azzeccare tutto al primo colpo o quasi. E poi ce ne vogliono altri 10-12 milioni per garantirsi un posto in una squadra di F.1 di secondo piano. Una follia. «Mi auguro che mio figlio si dedichi al golf - dice Hakkinen - spende meno, si diverte e se diventa professionista guadagna più di un pilota». «Sì, siamo a livelli folli, impensabile spendere certe cifre senza un progetto alle spalle - dice Riccardo Patrese, decano dei piloti italiani di F.1 - mio figlio Lorenzo sta calcando le piste ma quando vedi che la differenza la fanno i budget e non la bravura, meglio lasciar perdere ». E negli Usa? Juan Pablo Montoya, ex pilota Williams e McLaren, fa correre il figlio Juan Pablo jr in Europa... E già questo fa capire una cosa: da noi le corse costano tanto perché sono una vetrina importante. Negli Usa costano meno, ma rimane un fatto regionale. Quindi l’erede di Sebastian Vettel, che lascia a fine stagione, probabilmente starà correndo in qualche pista di go kart da qualche parte in Europa. Anzi, in Italia, la vera patria di questa categoria che ha lanciato i campioni di oggi. Ma a prezzi decisamente diversi.