Marinetti non li avrebbe mai inseriti in alcun suo
Manifesto: non sono veloci, non ruggono «come la mitraglia», non hanno un «carattere aggressivo». Non sono un prodigio di potenza esplosiva né esprimono la fulgida subitaneità della tecnica dirompente. Al contrario, sono silenziosi, paciosi, placidi come pachidermi; come gli elefanti hanno dimensioni inconsuete ed esprimono il lento, tranquillo movimento di chi non conosce fretta bensì, con dedicazione e obbedienza, pratica la paziente capacità di smuovere pesi enormi senza l’ansia di finire in un battibaleno. Sono i dirigibili: dopo le nuvole, i più cospicui abitanti dell’aria, e i più dimenticati per quanto siano stati i primi ad aprire le vie del cielo, agognate con sognante fantasia sin dai tempi mitologici di Icaro, sin dalle prime incursioni leonardesche nella tecnologia moderna. Potrà sembrare strano, ma oggi, quando ci rendiamo conto di esserci spinti troppo oltre nel consumo di energie inquinanti e di aver riempito il nostro habitat di eccessivi rumori, e nelle città tram e biciclette fanno concorrenza all’onnivora automobile, e per gli spostamenti di più lunga distanza il treno torna di moda e compete con l’aereo per tratte sotto i mille chilometri, e il moltiplicarsi delle regate fa apprezzare a tutti i pregi della navigazione a vela, e si torna ad ammirare il paesaggio come bene culturale da godere durante il viaggio, anche il dirigibile torna a essere un’opzione possibile. Nella coscienza collettiva era sepolto tra i ricordi delle eroiche esplorazioni polari condotte da Umberto Nobile nei primi anni Venti (coi dirigibili
Norge il primo a sorvolare il Polo Nord, e
Italia, che si schiantò sulla banchisa), e del clamoroso incidente dell’
Hindenburg, gigante di 245 metri capace di trasportare un carico di 19 tonnellate, un vero transatlantico dell’aria, dotato di cabine, saloni, ristorante, belvedere, un fumoir, che per diversi mesi servì la rotta tra Francoforte e Lakehurst (Stato di New York) fin quando nel maggio del ’37 non prese fuoco all’atterraggio e perirono 34 dei suoi 98 passeggeri. Da allora cessò l’uso del dirigibile per i grandi viaggi, per quanto l’incendio fosse divampato perché il gas usato per sostenere l’
Hindenburg fosse l’idrogeno, altamente infiammabile, mentre l’elio, che assolve la stessa funzione ed era già allora utilizzato per i dirigibili, non lo è. Ma per alcune funzioni il dirigibile è rimasto (applicazioni militari, ricerca scientifica, sorvoli pubblicitari e da qualche anno anche per il turismo), in ristretti circoli ha continuato a sollevare interesse e sempre di più se ne parla di recente. In Italia è sorta l’Associazione dirigibili Archimede, volta a promuovere ancora la diffusione di questo mezzo. È interessante soffermarsi sul nome che si sono dati questi nuovi amanti delle aeronavi: con esso hanno voluto «rendere omaggio al grande scienziato siracusano che con il suo famoso principio pose le basi scientifiche del volo con i più leggeri dell’aria». Infatti col dirigibile, come con la mongolfiera, si galleggia nell’aria, proprio come con un natante si galleggia nell’acqua. Per questo ci si può muovere consumando pochissima energia. Non solo, i primi dirigibili erano a propulsione elettrica. Nella storia del volo col mezzo «più leggero dell’aria» la Francia fu pioniera. I fratelli Montgolfier aprirono l’era del volo umano nel 1782, col loro pallone aerostatico gonfiato da aria calda. Poco dopo il fisico Jacques Charles usò l’idrogeno per galleggiare in aria: essendo questo gas più leggero, il pallone poteva essere più piccolo. E nel 1852 l’ingegner Henri Giffard montò un motore a vapore sotto un pallone a idrogeno affusolato, azionò così un’elica e per primo poté muoversi a piacere. Nel 1883 i fratelli Tissandier usarono un motore elettrico e l’anno successivo il sistema fu perfezionato da Charles Renald e Arthur Constantin Krebs, che con con il
La France raggiunsero per primi una velocità cospicua, 23 km/h.Così nacque il dirigibile. Dirigibili furono usati nella prima guerra mondiale come scorta per le navi, per pattugliamento e avvistamento; nella seconda guerra mondiale furono usati anche in funzione antisommergibile. Ma anche nella recente guerra del Golfo e in Afghanistan le forze armate statunitensi usano aerostati manovrati con cavo per il controllo del terreno. Non solo, negli Stati Uniti da tempo si usano dirigibili per il controllo delle frontiere in funzione antidroga e l’attenzione e la ricerca tecnologica su questo mezzo continuano. In un rapporto del Servizio del Congresso per la ricerca del 2004 si specifica che nel mondo almeno 32 società si occupano di progettare e costruire dirigibili: dal Camerun al Canada, dalla Cina all’Olanda. La concorrenza diretta del dirigibile, più che l’aereo, è l’elicottero: il dirigibile può stare fermo in aria per un tempo indefinito senza consumare energia. Può sollevare carichi anche molto grandi senza consumare energia. Può spostarsi, a velocità ridotte (sui 150 km/h) date le sue dimensioni, consumando molto poca energia. Non ha bisogno di un aeroporto per levarsi in volo o per atterrare; può posarsi anche sull’acqua. Se i motori cessano di funzionare, non cade, ma resta in volo e può facilmente scendere al suolo o essere trainato. Oggi vi sono alcuni centri ove operano dirigibili a carattere turistico, negli Usa e in Germania. Per esempio si possono compiere escursioni sul Lago di Costanza da Friedrichshafen, dove si trova la sede storica della Zeppelin, l’azienda che nel ’900 ha maggiormente contribuito allo sviluppo dei dirigibili (tra il 1900 e il 1938 ne costruì 119). Dopo l’incidente dell’
Hindenburg smise di produrne, ma continuò a operare in altri campi. Nel ’93 ha riaperto il settore e, utilizzando tutti i più moderni materiali e tecnologia, dal Gps alle fibre di carbonio, ha realizzato due nuovi dirigibili sicuri (usano l’elio per galleggiare in aria), capaci di trasportare in voli assolutamente silenziosi quindici passeggeri e due uomini di equipaggio. Poche settimane fa ha firmato un contratto con la Goodyear, altra azienda storica produttrice di dirigibili, per la fornitura a quest’ultima di due nuove aeronavi turistiche che porteranno una ventina di persone. Col dirigibile si può riscoprire il rapporto tra viaggio e panorama che l’aereo e i treni veloci hanno ormai cancellato. Mancano ancora le infrastrutture necessarie, i luoghi di ricovero, il personale specializzato. Ma pian piano si potranno ricostituire, e i dirigibili potranno diventare, con la bicicletta e la barca a vela, i mezzi per un trasporto gentile, non energivoro, amico dell’essere umano e dell’ambiente.